#ioricordoilgenerale: social challenge del Capitano Ultimo per ricordare Dalla Chiesa

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La responsabilità civile di non dimenticare Carlo Alberto Dalla Chiesa. Sono passati 39 anni dalla strage di Via Carini a Palermo. Dove, per mano mafiosa, furono trucidati il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa. Sua moglie Emanuela Setti Carraro. E l’agente di scorta Domenico Russo.

Omaggio

L’Associazione Volontari Capitano Ultimo Onlus ha sede a Roma. E diversi distaccamenti regionali in fase di organizzazione. E’ la Onlus a farsi promotrice di un’iniziativa social, nata grazie proprio a Sergio De Caprio. Il Capitano Ultimo testimonia quotidianamente il suo impegno solidale nella casa famiglia che si occupa di bambini strappati all’abbandono della vita di strada. Per rendere omaggio ai “caduti di quel vile attentato”. E, in particolare,  per “mantenere vivi i valori e gli insegnamenti del generale Dalla Chiesa”. A cui “tanto si è ispirato il Capitano Ultimo mettendoli in pratica nella sua lunga carriera militare”.

Segni di Vangelo

Il Capitano Ultimo nel ’93 mise fine alla ultraventennale latitanza di Riina e oggi da assessore regionale in Calabria combatte le ecomafie. “La fede è sempre stata un punto fermo nella mia vita- spiega a Interris.it-. Fin dall’infanzia il mio è stato un mondo di case popolari, comunità, parrocchie. E’ l’Italia del fattore identitario che supera il Paese delle fazioni. Lo spirito di umanità è il pronto soccorso per combattere l’avidità e l’egoismo“. Aggiunge: “Praticare la cultura del dono ci consente di trovare segni di Vangelo e testimonianze di fede nel servizio al disagio del prossimo. Nel povero si guarda in faccia Gesù. Donarsi a chi ha bisogno è una preghiera recitata senza accorgersene”. 

Ricordo

#ioricordoilgenerale”. Questo è il nome della challenge attivata in questi giorni. “Il 3 settembre 2021 ricorderemo il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa. E lo faremo sulle strade a lui intitolate. Nei paesi più piccoli e sperduti d’Italia- spiega il Capitano Ultimo–. Chiunque può partecipare inviando entro le ore 10 del 3 settembre un saluto con foto (o un breve video)”. Attraverso messenger alle varie pagine dei distaccamenti regionali dei Volontari del Capitano Ultimo. Indicando il nome della città oppure direttamente alla e-mail: ioricordoilgenerale@gmail.com. Le immagini e i video pervenuti da tutta Italia in omaggio al Generale Dalla Chiesa saranno poi montati. E verrà realizzato un filmato che sarà mostrato in anteprima nella ricorrenza del 3 settembre. Organizzata, come ogni anno, alla Casa Famiglia del Capitano Ultimo in via tenuta della Mistica a Roma. E poi la diffusione avverrà sui canali dell’associazione “Onlus Volontari Capitano Ultimo”.

Il giudice Rocco Chinnici

Gli anni più duri

Il Capitano Ultimo ha combattuto Cosa nostra talmente in prima linea e in profondità da aver catturato il capo dei capi, Totò Riina e aver ricevuto dalla mafia una condanna a morte. Negli anni più duri, la storia di Palermo è stata una staffetta continua sul filo della morte. Un testimone passato di mano in mano. Un funerale  dietro l’altro. A chiedersi continuamente chi sarà la prossima vittima. Il ricordo della missione del generale Dalla Chiesa si intreccia agli anni più duri di Palermo e incontra gli uomini dello Stato che sono caduti per combattere la mafia, uno dopo l’altro. Da Emanuele Basile a Pio La Torre. Da Gaetano Costa a Boris Giuliano e a Cesare Terranova. Succede anche il 29 luglio 1983, quando un’autobomba esplosa sotto la sua casa di Palermo uccide il giudice Rocco Chinnici. L’ideatore del pool antimafia, nella prima strage mafiosa di stampo terroristico. Con il magistrato, rimangono uccisi il maresciallo dei carabinieri Mario Trapassi. L’appuntato Salvatore Bartolotta. E il portiere dello stabile, Stefano Li Sacchi.

Metodo investigativo

Un calvario individuale e collettivo raccontato dal documentario di Rai Storia ”Palermo come Beirut“. Uomo schivo e gentile, magistrato determinato e rigoroso, Chinnici attraversa la storia della Sicilia. Occupandosi della strage di viale Lazio. Uno dei più cruenti regolamenti di conti dentro Cosa nostra. E diventando consigliere istruttore nel 1979. Dopo la morte di Cesare Terranova. È lui a scegliere Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, come uomini di punta del suo pool di magistrati. E a indirizzarli nel metodo investigativo che avrebbe portato all’istruttoria del maxiprocesso nel 1985. E poi allo storico dibattimento, lungo due anni. Finito con 19 ergastoli e 2665 anni di carcere. Per oltre 300 mafiosi. 

Giacomo Galeazzi: