Accoglienza, conoscenza, coesione e sbocco sono i punti alla base della solidarietà. Don Luigi Milano della parrocchia Maria SS. del Carmine di Castellammare di Stabia ha raccontato ad Interris.it il progetto della sua parrocchia realizzato vincendo il secondo premio di 12.000 del progetto “TuttixTutti” 2020 indetto dalla Conferenza Episcopale Italiana.
“Il progetto prevede la realizzazione di un laboratorio di cucina solidale nel quale poter svolgere corsi di formazione di cucina professionale rivolti a giovani disoccupati o in cerca di lavoro, i quali saranno guidati in percorsi di apprendimento mirato da chef professionisti e docenti di istituti turistici – alberghieri. Al contempo sarà possibile utilizzare il laboratorio di cucina solidale per offrire il prodotto dell’attività formativa (i piatti preparati) a persone senza fissa dimora e famiglie in stato di bisogno che potrebbero accedere così ad un servizio mensa gratuito”.
Quali sono i principi cardine di questo progetto?
“La peculiarità dei corsi ed il punto di forza sarà il loro essere incentrati sulla riscoperta della valorizzazione di prodotti tipici e dei piatti della tradizione. Il progetto presenta, dunque, il duplice obiettivo di creare, da un alto, figure professionali adatte a trovare collazione nell’attuale mercato del lavoro e dall’altro quello di attuare opere di solidarietà quotidiana concrete. La realizzazione di entrambi gli obiettivi si traduce in vantaggi economici e sociali per la comunità di riferimento. Il progetto prenderà vita in un’area della casa parrocchiale composta di due locali, che ospiteranno l’uno la cucina e l’altro la sala. I locali sono immediatamente fruibili e necessitano unicamente dell’allestimento. Il laboratorio si stima potrà essere pronto nell’arco di sei mesi e cominciare sin da subito ad ospitare i primi corsi”.
Quanto è forte l’appartanzenza ad un determinato territorio quando si avviano questi progetti?
“La collocazione geografica dice molto anche del contesto sociale in cui opera. Si tratta del centro cittadino e per questo fanno capo alla parrocchia una grande varietà di persone, della più disparata condizione sociale, inclusi anche diversi cittadini extracomunitari. Ai soggetti in difficoltà o senza fissa dimora la Parrocchia offre aiuto e sostegno, mettendo a disposizione un posto dove trascorrere anche una parte della giornata o trovare riparo, o utilizzare i servizi igienici. La Parrocchia, inoltre, assiste oltre 50 famiglie stabilmente
offrendo ad esse generi alimentari attraverso una distribuzione da parte di volontari”.
Quali sono le principali difficoltà delle persone nella zona in cui porta è situata la sua parrocchia?
“L’esigenza maggiore del territorio è quella di avere occasioni di lavoro. Castellammare di Stabia è stata, per molti anni, una città industriale con la presenza di diversi cantieri navali, di cui oggi uno solo ancora operante ed in conseguenza c’è la possibilità di occupare un personale molto ridotto. Per questo la città negli ultimi anni sta tentando una riconversione turistica con la nascita di numerosi B&B e di appartamenti che offrono una ricettività per turisti interessati a visitare Napoli, Pompei e Sorrento. La formazione di operatori che possano lavorare nel settore della ricettività, del turismo e della ristorazione, costituisce un sicuro investimento umano e formativo in vista dell’inserimento di giovani in un settore che in città è in forte espansione. In tale contesto il progetto “Tutti solidali in cucina” rappresenta una concreta occasione per assecondare tale trend”.
Qual è la più grande emergenza che si è presentata con l’arrivo del Covid-19?
“La prima povertà più sperimentata è la solitudine, che il covid ha accentuato in maniera drammatica, ma che rimane l’indicatore più significativo della società secolarizzata, così come viene definita”.
Qual è il ruolo della Chiesa?
“Quello che oggi tutti patiscono a livello globale è per quanto mi riguarda, una grande opportunità per la Chiesa, non perché dobbiamo fare porselitismo, ma perché dobbiamo testimoniare il Vangelo permettendo alle persone di incontrarsi, di socializzare e coeducarsi nella reciprocità. Quando a marzo ci siamo trovati costretti a fare una scelta, abbiamo dovuto chiudere come tutti, ma abbiamo deciso di dare comunque un segnale di vicinanza così come parrocchia abbiamo aiutato la comunità pagando le bollette a chi non riusciva, portando cibo, insomma dando una mano concreta alle persone in difficoltà. L’idea è stata condivisa dal nuovo gruppo Caritas della parrocchia e successivamente abbiamo deciso di utilizzare dei locali non utilizzati della canonica per dedicarli proprio ai progetti per persone svantaggiate. La dinamica di ogni gruppo è costituita sempre da accoglienza, conoscenza, la coesione e lo sbocco. Queste quattro tappe permettono di lavorare insieme sempre per il bene reciproco”.