Come la Terra è la casa comune dell’intera umanità, il Mediterraneo è il mare comune di quei Paesi che si vi affacciano, che vi si bagnano. Comune perché da secoli transitato e attraversato da scambi commerciali e culturali come da migranti in cerca di una vita umana, dignitosa, così come è stato teatro di battaglie. Da oltre un decennio, alcune delle sue sponde sono scosse da disordini, instabilità politica e guerre, basti pensare agli esiti delle cosiddette “primavere arabe” e a quanto succede in Libia e in Siria, travolte dalle guerre civili a partire dal 2011.
Chi già decenni fa aveva colto il valore e l’importanza geopolitica del mare nostrum è stato il politico italiano Giorgio La Pira, che tra il 1958 e il 1964 organizzò quattro edizioni dei Colloqui mediterranei, che avevano come finalità il dialogo tra cristiani, ebrei e musulmani, a cui poi si aggiunsero i Paesi dell’Africa sub-sahariana che uscivano dal colonialismo.
E di questa visione si è fatto erede, ampliandola, papa Francesco con il “magistero Mediterraneo”, come lo chiama il giornalista e vaticanista di lungo corso Riccardo Cristiano nel suo libro“Figli dello stesso mare. Francesco e la nuova alleanza per il Mediterraneo”, edito da Castelvecchi. Un magistero che si fonda sul dialogo tra i popoli e le religioni che si affacciano sul nostro “mare comune”, mentre nel mondo si combatte la “terza guerra mondiale a pezzi”, uno dei quali si trova sul fianco orientale dell’Europa, nella cerniera tra il Vecchio continente e quello asiatico.
Fratelli per la pace e la convivenza
Un impegno, quello del Santo Padre, per il dialogo interreligioso con il mondo islamico messo “nero su bianco” nella Dichiarazione sulla Fratellanza umana del 2019. Nel corso del suo viaggio apostolico negli Emirati Arabi, il 4 febbraio 2019, al termine dell’Incontro interreligioso al Founder’s Memorial di Abu Dhabi, il pontefice e il Grande Imam di Al-Azhar, uno dei principali centri d’insegnamento religioso dell’Islam sunnita, Ahmad Al-Tayyeb hanno firmato il Documento sulla fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune “per diffondere la cultura della tolleranza, della convivenza e della pace”. Un importante documento in cui si ribadisce che “le religioni non incitano mai alla guerra e non sollecitano sentimenti di odio, ostilità, estremismo, né invitano alla violenza o allo spargimento di sangue. Queste sciagure sono frutto della deviazione dagli insegnamenti religiosi, dell’uso politico delle religioni e anche delle interpretazioni di gruppi di uomini di religione”. Inoltre, nella dichiarazione si afferma che “la libertà è un diritto di ogni persona: ciascuno gode della libertà di credo, di pensiero, di espressione e di azione. Il pluralismo e le diversità di religione, di colore, di sesso, di razza e di lingua sono una sapiente volontà divina”. Con l’invito a “impegnarsi per stabilire nelle nostre società il concetto della piena cittadinanza e rinunciare all’uso discriminatorio del termine minoranze, che porta con sé i semi del sentirsi isolati e dell’inferiorità”.
L’intervista
Per comprendere meglio il concetto di “magistero Mediterraneo” e quale sia la sua portata, Interris.it ha intervistato l’autore di “Figli dello stesso mare”.
Cosa le ha ispirato l’idea di questo libro?
“L’idea è stata del professore ordinario di filosofia all’università di Perugia Massimiliano Borghesi (autore dell’introduzione al libro di Cristiano, ndr). Conversando, mi ha fatto notare che il lavoro del Papa per il Mediterraneo richiedeva una ricostruzione, un racconto, soprattutto per il grande sforzo prodotto con l’Islam, sunnita e sciita. Questo suo suggerimento mi ha fatto capire che in effetti questo è proprio un magistero: il ‘magistero mediterraneo’ di Francesco. Il mare che unisce le tre religioni è il loro destino comune, oppure il luogo della vicendevole aggressione. Questa magistero mediterraneo ci dimostra che il Papa ha cura di tutte le cerniere che tengono insieme il mondo, e il Mediterraneo è la cerniera che unisce tre continenti, così come è una cerniera anche l’Ucraina”.
Qual è la novità del contenuto del “Documento sulla fratellanza umana per la pace universale e la convivenza comune” firmato dal Papa e dal Grande Imam di Al-Azhar Ahmad Al-Tayyeb?
“Questo documento pone termine a secoli e secoli di equivoci, calunnie, liti, contrapposizioni, c’è voluto almeno un millennio. Ritengo che, se il merito sostanziale sembra di Al-Tayyeb, quello formale sia quello decisivo e questo è un merito in gran parte di papa Bergoglio. E il merito sostanziale è il no alla sopraffazione, quindi al dominio sugli altri e sulle donne, perché dietro alla sopraffazione c’era la paura di essere sopraffatti. Dopo più di mille anni una così autorevole personalità sunnita afferma che siamo tutti uguali davanti alla legge e davanti a Dio perché Francesco ha scelto il metodo della fiducia, della mano tesa, e non si è comportato come se fosse il papa delle grandi potenze occidentali che rivendicano ancora di avere ragione. Se lo avesse fatto Francesco, anche al Tayyeb avrebbe dovuto comportarsi come il teologo di riferimento dei Vecchi Califfi. In questo modo è venuto giù il muro, basta imperi in conflitto. Se vogliamo indicare il risultato concreto, impensabile, è che nel documento si dice che la ‘libertà è un diritto di ogni persona: ciascuno gode della libertà di credo, di pensiero, di espressione e di azione. Il pluralismo e le diversità di religione, di colore, di sesso, di razza e di lingua sono una sapiente volontà divina, con la quale Dio ha creato gli esseri umani. Questa Sapienza divina è l’origine da cui deriva il diritto alla libertà di credo e alla libertà di essere diversi. Per questo si condanna il fatto di costringere la gente ad aderire a una certa religione o a una certa cultura, come pure di imporre uno stile di civiltà che gli altri non accettano’. Dio ci ha creati diversi, ci vuole diversi, altrimenti non ci sarebbe libertà di coscienza. Mi addolora che questa dichiarazione rimanga nei cassetti, assunta come testo scolastico solo a Timor Est. Si preferisce appellarsi all’identitarismo religioso perché ‘o noi o loro’ è la scorciatoia più facile. Se invece si seguisse, come suggerisce la logica, l’idea della fratellanza, allora sarebbe chiaro per tutti che la richiesta è una nuova Santa Alleanza”.
Chi sono tutti i soggetti coinvolti in questa “nuova santa alleanza” e con quale scopo?
“I protagonisti non possono essere solo i tre monoteismi. Il secolo del lumi è nato nel Mediterraneo ed è sufficiente osservare l’importanza di Parigi per tanti arabi per rendersi conto di cosa significhi per tutti noi mediterranei il motto ‘libertà, eguaglianza, fraternità’. Ma questo mondo laico deve assumersi le sue responsabilità, perché ci sono gli atei devoti pronti ad accettare una religione secolarizzata e ci sono gli atei o non credenti schizzinosi, che non dicono mai cosa gli piaccia ma solo ciò che non va. Non chiedo una struttura apicale che si assuma la responsabilità per tutti i ‘laici’, ma di avvertire la necessità di definirsi. Siamo illuministi più o meno, secolarizzati, ma che vuol dire? Tutte le culture si confrontano arduamente con questo scontro tra identitarismo e intersoggettività. Cartesio è stato importantissimo per il mondo, ma noi a nostra volta abbiamo un padre e un madre e una vita di incontri che ci plasma, ci cambia e queste scoperte ci avvicinano nell’umanità. Il grande equivoco è il relativismo: dire che tutto è relativo fissa in assoluto. Noi invece abbiamo diritto di credere che esistano dei principi indiscutibili, come la relazionalità umana, dai quali si articola il nostro pluralismo. Purtroppo siamo al bivio, tutte le grandi culture sono alle prese con la smania identitaria e i laici consapevoli potrebbero definirsi equivicini a ogni fede, in questo svolgendo un ruolo”.
Che tipo di dialettica c’è all’interno del mondo islamico, alla luce anche del fallimento delle Primavere arabe di oltre dieci anni fa?
“Nel mondo arabo c’è pochissima dialettica politica, ma il Medio Oriente è stato consegnato al pantano. I regimi usano i terroristi per legittimarsi, quindi la violenza legittima la repressione che causa ulteriore violenza. Tutto questo si colloca in uno scontro più grande, tra il regime iraniano e le sue milizie e il regime saudita e il suo sistema di alleanze. Ma sono popoli molto giovani e per questo hanno prodotto la ‘primavera’, che non è morta”.
Il mar Mediterraneo ha due volti: quello di uno spazio su cui si affacciano Occidente e Oriente, storicamente attraversato da scambi e commerci; quello di cimitero senza lapidi, del luogo del “naufragio della civiltà”, per riprendere le parole del Pontefice. Cos’è il Mediterraneo oggi?
“Io non so se il Mediterraneo esista ancora. Se ne può fare il periplo? Quanti paesi saranno oggi a noi inaccessibili? solo la Libia? Attenzione, perché il naufragio di civiltà di cui ci ha parlato Francesco è dietro l’angolo. Parlare di blocco navale ne è la riprova. Ma il Mediterraneo è un mare, ha una storia fatta di scambi, cioè di vita, e pensare che il proprio contesto non esista è grave. Senza il Mediterraneo non abbiamo un passato, un presente e un futuro”.
Uno dei Paesi che si affaccia sul Mediterraneo è la Siria. Qual è la situazione, lì dove padre Paolo Dall’Oglio ha operato per il dialogo interreligioso, dopo dieci anni di guerra civile?
“La Siria oggi è un buco nero, come padre Paolo aveva scritto dieci anni fa in ‘Collera e luce’. Ora punteranno a riportare Assad nella comunità internazionale. Sembrerà un successo di Putin, che è evidente, ma il vero vincitore sarà il sistema mafioso”.