Covid in Brasile: la tragica realtà sanitaria e sociale

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Nell’ultimo sabato, 19 di giugno, il Brasile ha superato il triste numero dei 500.000 morti di Covid. È come se l’intera popolazione di una città come Genova (che oltrepassa di poco questo numero), scomparisse in poco più di un anno. Il Brasile è il secondo paese a superare il mezzo milione di morti: gli Stati Uniti hanno raggiunto quel numero a febbraio. Il numero è impressionante.

Gli effetti collaterali della pandemia

In mezzo al lutto – oggi si registrano in media circa 2.000 morti al giorno –, il nostro Paese sta affrontando anche gli effetti collaterali della pandemia di Coronavirus, come l’aggravarsi delle disuguaglianze sociali. Mai prima d’ora così tanti brasiliani sono stati in condizioni di estrema povertà: secondo il Ministero della Cittadinanza, 14 milioni e mezzo di famiglie sono in una situazione di miseria (con un reddito pro capite fino a R$ 89,00 al mese). Ci sono ancora 2,8 milioni di famiglie che vivono in povertà (con un reddito pro capite compreso tra R$ 90,00 e R$ 178,00 mensili). E si parla sempre di famiglie numerose!! Con quasi 15 milioni di persone senza lavoro, il tasso di disoccupazione ha raggiunto un record e i più colpiti sono stati i più poveri.

Le vittime del Covid

Per il Centro per le politiche sociali della Fondazione Getúlio Vargas, l’inizio di quest’anno può essere considerato “il punto peggiore della crisi sociale“. Le vittime del covid in Brasile, secondo la Centrale di informazioni del Registro Civile, sono:

  • 56% uomini e 44% donne
  • 70,4% di età compresa tra 60 e 90 anni;
  • 27,9%, tra i 30 ei 59 anni;
  • 1,7% sotto i 29 anni

A causa della vaccinazione, alcuni cambiamenti hanno iniziato a verificarsi in questi registri: all’inizio di questo mese, per la prima volta, i decessi di persone sotto i 60 anni per covid hanno superato quelli degli anziani.

La pandemia ha pesato soprattutto sui più poveri

Ma la pandemia non ha mai raggiunto i diversi gruppi sociali allo stesso modo. I primi casi in Brasile sono stati di pazienti che avevano viaggiato all’estero. Rapidamente, la malattia si è diffusa anche tra i più poveri. A giugno dello scorso anno la mortalità tra i pazienti covid nelle Unità di Terapia Intensiva (UTI) degli ospedali pubblici era doppia rispetto a quella registrata nelle unità private (38,5% contro 19,5%). Oggi il tasso è del 53,7% nelle UTI pubbliche e del 30,2% in quelle private. Anche questi numeri, mostrano “l’abisso” tra le classi sociali in Brasile, in termini di accesso ai servizi sanitari. E questa realtà è sempre più dura per chi vive, o meglio, tenta di sopravvivere in questa realtà tragica, sia dal punto di vista sanitaria, ma anche dal punto di vista sociale.

Le storie

Un esempio di due storie, di persone che conosciamo perchè alcuni figli sono seguiti (o già stati seguiti i più grandicelli), nel nostro Centro Sociale Santa Terezinha del quartiere Coqueiral. La famiglia di Angela Maria di 33 anni, vive di lavoretti e donazioni. “Non guarda il disordine”, dice la domestica disoccupata, mentre entro nella sua casa: con quattro vani (chiamiamole “stanze”) e un bagno dove vivono otto persone, alcuni animali, nella zona periferica tra i quartieri periferici di Coqueiral e Japaozinho. Prima della pandemia di Covid, dice, “vivevano con difficoltà, ma ce la facevamo. Ora, stiamo vivendo come possiamo. I bambini reclamano, e ci arrangiamo con i servizi/lavoretti che appaiono: un assistente muratore, un carretto di materiale riciclabile, ecc…… Anche mio marito lo fa, ma ha poche entrate, non è molto più di R$ 250,00. Io ho ricevuto l’aiuto del Governo di R$ 375,00 (vigente nel 2021 dal mese di aprile), ma lo scorso anno era di R$ 600,00. Questa differenza ha avuto un grande impatto”.

Il Brasile ha più di 14,8 milioni di disoccupati, secondo l’IBGE (Istituto Brasiliano di Geografia e Statistica), il più grande contingente di persone in cerca di lavoro in quest´ultimo decennio. Nella periferia di Aracaju, come nelle altre grandi città brasiliane, non è difficile trovare storie come quella di Angela Maria: famiglie numerose vivono nella stessa casa e non hanno reddito, perché lavoravano tutti informalmente o se avevano contratto di lavoro registrato, spesso questi stabilimenti hanno chiuso.

Una delle vicine di Angela Maria, è invece Maria das Graças, che è riuscita a abbandonare l’uso della droga da due anni, dopo aver sperimentato la durezza del carcere. Mi dice “mia madre, è venuta da Salgueiro (zona di sertão, arida, nello stato del Pernambuco) per tirarmi fuori da questa situazione”, ricorda commossa. Vive in una residenza con tre vani, con i suoi quattro figli ed appunto la mamma. Ed ora fa piani per quando finirà la pandemia: “Se un giorno potrò permettermelo, voglio andare in un posto più grande, avere un posto dove dormire per i miei figli e potermi prendere cura di loro per tutto il tempo che vogliono”. Dolore, tristezza, ma anche resistenza, voglia di vivere, speranza: questo è il Brasile da mezzo milione di morti di Covid.

Luca Bianucci: