La Camera dei Deputati ha recentemente approvato il decreto Fiscale contenente la norma secondo cui le attività svolte da enti non profit finora escluse dall’Iva, nonostante la recente proroga ottenuta, dal 2024 avranno l’obbligo di aprire una partita Iva con i conseguenti adempimenti burocratici connessi.
I numeri del volontariato in Italia
Secondo gli ultimi dati disponibili, sono circa sette milioni le persone che, nel nostro paese, si impegnano in attività volontarie, o tramite organizzazioni, gruppi più o meno formalizzati, per un numero di oltre 4,4 milioni di persone, o individualmente, cioè senza far ricorso ad alcuna intermediazione organizzativa. Questi sette milioni sono italiani ed italiane che fanno volontariato in modo molto diverso e nelle organizzazioni più disparate. Interris.it ha intervistato in merito all’importanza del volontariato ed alle conseguenze che l’introduzione di questa normativa fiscale potrebbe avere Emanuele Alecci, già Presidente del Centro dei Servizi per il Volontariato di Padova e Rovigo nonché Presidente di Padova Capitale Europea del Volontariato.
L’intervista
In che maniera l’introduzione dell’Iva per le associazioni di volontariato potrebbe mutare l’azione del Terzo Settore?
“Innanzitutto, avrebbe l’effetto di obbligare tutte le organizzazioni, aldilà del fatto che facciano o meno attività commerciale di questo strumento, perché c’è un provvedimento europeo da mettere a posto. Per fare ciò però si può fare si che i governi e i parlamenti nazionali legiferino in maniera più corretta in armonia con la normativa europea che sicuramente concede deroghe in materia al mondo del volontariato. Una piccola associazione di volontariato non può operare nelle stesse condizioni e modalità in cui si trova ad agire un soggetto di impresa – anche se sociale -, una pone in essere un’attività di carattere volontario e l’altra di tipo commerciale. Questo provvedimento è molto grave, anche se, sono certo che si troverà una soluzione in merito; a tal proposito, è già il secondo anno di seguito che un provvedimento del genere viene proposto. Questo significa che c’è qualcuno il quale vuol far passare l’idea che, nel mondo del Terzo Settore, c’è del marcio e quindi va controllato sempre di più. Bisogna ricordare che, lo stesso Registro del Terzo Settore, chiede alle Organizzazioni di Volontariato molte informazioni che noi non abbiamo paura di dare e le stesse sono maggiori di quelle che vengono richieste a qualcuno che deve aprire un’impresa. A tal proposito mi sembra che ci sia qualcosa che non funziona”.
Quali mutamenti auspicherebbe nella normativa attuale riguardo al mondo del volontariato?
“Il mondo del volontariato, quello piccolo e di prossimità, che tutti abbiamo visto in ogni emergenza ed in particolare durante la pandemia da Covid-19, è un tipo di volontariato che, mettendosi a disposizione, tesse i legami nelle nostre comunità, per questo deve essere promosso e sostenuto non riempiendolo di meccanismi di carattere burocratico ma favorendo la donazione e la gratuità – peculiari di questo mondo – attraverso una diminuzione della burocrazia, fermo restando il fatto di controllare i cosiddetti furbi che potrebbero insinuarsi all’interno di questo mondo; ma è appunto il nostro mondo che li fa emergere perché un’associazione o un organismo che agisce in maniera disonesta fa del male a tutto il mondo del volontariato”.
Che significato ha la candidatura – recentemente lanciata – del volontariato a bene immateriale dell’Unesco?
“È una candidatura complicata e con un lungo iter ma è doverosa perché il volontariato è così prezioso per quello che fa in quanto è un patrimonio di legami che noi dobbiamo proteggere. Il motivo di questa candidatura è questo, non il voler dare una medaglia perché non ne abbiamo bisogno. Il volontariato permette di accrescere il benessere nei territori, per questo motivo candidarlo a bene immateriale dell’umanità è fondamentale. Nel momento in cui si da atto che l’elemento culturale della costruzione dei beni relazionali che giovano a una comunità sono così rilevanti, tutti i governi e i cittadini devono essere messi in gioco per sostenere questo volontariato. Dobbiamo fare il modo che l’azione volontaria diventi sempre più importante e fondamentale per il futuro da costruire, questa candidatura intende rispondere a questo auspicio. Essa avrà rilevanza transnazionale perché coinvolgerà diversi stati e quindi speriamo che tra qualche anno, dopo il lungo iter necessario, l’Unesco possa dare il benestare a questo riconoscimento”.