Nell’enciclica sociale “Fratelli tutti” ribadisce la necessità di unire le forze per uscire dalla pandemia. La Chiesa “ospedale da campo” nella testimonianza della religiosa salesiana, suor Maria Trigila, impegnata in prima linea a Catania nell’assistenza dei poveri e nella formazione dei giovani.Oggi come ai tempi di don Bosco la società è alle prose con una pandemia. Quali è l’insegnamento dell’impegno eroico di don Bosco contro il colera?
“Il primo dato per rispondere al ‘come ai tempi di don Bosco’ è citare la fonte delle ‘Memorie Biografiche’ di don Bosco scritte da don Giovanni Battista Lemoyne. In cui si descrivono i fatti del ‘colera morbus’ con zona rossa vicino all’Oratorio, che raccoglieva centinaia di giovani poveri, a Torino e al Borgo Dora di Genova. Pandemia dal 1° agosto al 21 novembre 1854, scrive l’autore, con un inizio di 2.500 persone positive a Torino di cui ne muoiono 1.400, e 3000 vittime a Genova. Man mano aumentano i positivi e i decessi sino a raggiungere 50-60 casi di infetti al giorno”.E’ ciò che accade oggi?
“In questa tragica situazione in cui avviene quanto succede oggi esplicitato dai vari decreti e protocolli di sicurezza emanati dal governo italiano e dai vari governatori delle regioni, si blocca il commercio, si chiudono le botteghe, molti scappano dalla propria città. Don Bosco s’interroga”.Può farci un esempio?
“Don Bosco mette in gioco se stesso, propone la preghiera di supplica sincera come forza. Invita esplicitamente i suoi ragazzi per portare i positivi nei lazzaretti e per assisterli assicurando che nessuno di loro sarebbe stato contagiato. Convoca i suoi giovani e tutti gli uomini e le donne di buona volontà a pregare con lui e a rivolgersi alla Madre di Dio. Annota don Lemoyne che ‘la Vergine non sdegnò queste suppliche poiché la terribile malattia, contro ogni aspettazione, infierì assai meno in Torino che in tante altre città e paesi d’Europa, d’Italia e del Piemonte'”.Preghiera e carità unite nella missione della Chiesa?
“Sì. Don Bosco proprio il 5 agosto, festa della Madonna della neve, propone ai giovani una linea di vita sobria, coraggiosa, alimentata dalla virtù della temperanza e dai sacramenti della confessione e Comunione: ‘Se farete quanto vi dico, sarete salvi. Se vi metterete in grazia di Dio e non commetterete alcun peccato mortale, vi assicuro che niuno di voi sarà toccato. Ma se qualcuno rimanesse ostinato nemico di Dio e osasse offenderlo gravemente, io non potrei più essere garante né di lui, né per qualunque altro’. Ed, infine, li invita ad indossare una medaglia della Madonna e a recitare ogni giorno la preghiera del Padre Nostro, dell’Ave Maria e del Gloria al Padre”.Cosa accadde?
“Don Bosco, recitano le Memorie Biografiche, ‘ammirando l’eroico slancio, pianse di consolazione e li slanciò all’opera pietosa. Quando si seppe che i giovani dell’Oratorio si erano consacrati a questa nobile impresa, le domande per averli si moltiplicarono talmente che loro non fu più possibile attenersi a nessun orario. Giorno e notte, come don Bosco, furono in moto’. Si aggiunsero anche altri ordini religiosi come i Camilliani, i Cappuccini, i Domenicani, gli Oblati di Maria. Gli stessi parroci che ripetevano incessantemente le indicazioni dei protocolli”.Può farci un esempio?
L’insegnamento di don Bosco ruota, a mio avviso, attorno a due poli. La vita spirituale ed i gesti di squisita solidarietà. Si trattò di un lavoro di squadra. Ne faceva parte anche la mamma di don Bosco, donna Margherita che forniva ai ragazzi gli strumenti necessari. Gli stessi giovani si organizzarono in tre squadre: i grandi a servire nel lazzaretto e nelle case; i mediani a raccogliere i moribondi nelle strade e i malati abbandonati nelle case; i piccoli pronti alle chiamate d’urgenza. Ognuno aveva una bottiglietta di aceto per igienizzarsi le mani”.Quale lezione si può trarre dalla testimonianza di don Bosco durante il colera?
“A caldo, rispondo, di una lezione di spiritualità ecologica ed anche di processo dall’individualismo alla solidarietà. È una lezione che ci propone di assumere un nuovo stile di vita. Non fermiamoci a considerare la pandemia dal punto di vista scientifico, ma collochiamo nell’ambito del linguaggio simbolico. Consideriamola una sorta di ‘peccato ambientale’, come scrive il Papa quando parla di ‘Conversione ecologica’”. Cioè?
“Il Covid-19 inteso come peccato ambientale ci costringe, secondo me, a riflettere che non possiamo scollegare la spiritualità dal nostro corpo, non può esistere il dualismo, credo sia questo l’insegnamento di don Bosco. Ecco perché invita i suoi giovani ad avere un atteggiamento sobrio ed uno sguardo semplice. Dovremmo riscoprire l’intimo legame spirituale che ci lega gli uni agli altri. Ossia la ‘comunione’. Una comunione libera e consapevole. La base della fraternità”.Fede e solidarietà. Nessuno si salva da solo da un male collettivo?
“No, nessuno si salva da solo. È necessario un umanesimo fraterno. Cosi come è stato vissuto dalla prima comunità cristiana. Le cui parole d’ordine erano condivisione e comunione. Dovremmo analizzare la parola “fraternità” a partire dalla sua funzione comunicativa. Ci accorgeremmo allora che la sua funzione comunicativa è rivolta ad una comunità perché la fraternità non è del singolo ma si sviluppa all’interno di una relazione”.A cosa si riferisce?
“Al singolo appartiene l’atteggiamento di apertura, di solidarietà, di fede che condivisi creano un patto di alleanza. Dove ciascuno si sente parte integrante ed importante di un tutto e viceversa. In questo modo possiamo salvarci insieme da un male collettivo. Ciò non significa avere assicurata la salvezza del nostro corpo. Questa salvezza tocca la dimensione del nostro spirito”.In che modo?
“Quello che oggi è richiesto, credo sia la custodia dell’altro, in termini fisici. Concretamente, l’osservanza dei protocolli va intesa come custodia del bene della persona che mi vive accanto. Ma questa è un’altra storia”.Cosa farebbe oggi don Bosco in pandemia?
“A quello che già ho detto prima, credo che aggiungerebbe la necessità di trasformare la fraternità in una sfida. Il suo oratorio era chiesa perché nell’ambiente si coglieva un clima di familiarità dove la capacità d’amare, la capacità di ascolto di Dio e dell’altro alimentavano l’humus del quotidiano”.Poi?
“Quindi alla sobrietà, alla fiducia nella grazia di Dio, alla temperanza, al coraggio, aggiungerebbe la spiritualità ecologica e certamente nella sua dinamica preventiva proporrebbe la sfida della fraternità universale. Siamo così tutti invitati a rimboccarci le maniche”.