La disabilità nella bufera della pandemia. “La maggiore propagazione dei contagi Covid non ci vede protagonisti, ma ci può vedere vittime. Le persone con disabilità rare e complesse, che noi rappresentiamo, in genere, non si ammassano. Non affollano luoghi senza rispettare le più elementari disposizioni di sicurezza. Raramente vanno in vacanza in giro per il mondo. Quali difficoltà troveremo sulla nostra strada è ora difficile da dire. Ciò dipenderà dal continuo susseguirsi di disposizioni e dalla loro applicabilità”, spiega a Interris.it Antonio Massacci, impegnato in prima linea nella onlus Anffas, l’associazione nazionale delle famiglie dei disabili intellettivi.
Allarme disabilità
Evidenzia Massacci: “Per assistere i disabili in pandemia hanno lavorato fino allo sfinimento professionisti e volontari. Un patrimonio di valori e capacità impossibile da descrivere tanto è variegato e prezioso. Soprattutto ai volontari va il mio encomio per essersi esposti, per aver spinto alla massima grandezza, il nobile gesto del dono di sé che li distingue”.L’aggravarsi della pandemia, vista dalla prima linea dell’assistenza, quali difficoltà e sfide pone al mondo della disabilità?
“La seconda ondata della pandemia non pone problemi diversi da quelli posti dalla prima. Ora li pone però, a persone pronte, a persone consapevoli. Consapevoli dell’entità del rischio. Consapevoli di essere oggetti trascurati e non soggetti a cui dare la massima cura e attenzione. Consapevoli di non avere guide valide e troppo spesso conflittuali e contraddittorie tra di loro. Consapevoli di dover fare ricorso alle proprie energie, a tutte le energie (morali, affettive e sapienziali) di cui dispongono. L’auspicio è che si sia fatto tesoro dei tanti errori dell’inizio del Covid, alcuni spiragli di luce nei meandri dei testi si vedono. Confidare in una maggiore attenzione nei nostri riguardi è adesso un obbligo per noi. Anche se, le esperienze precedenti non ci fanno stare tranquilli”.C’è il pericolo di chiudersi nella sofferenza e nell’egoismo come avverte il Papa?
“Il Pontefice indica la strada, lo fa con garbo, con dolcezza e fermamente. Troppo spesso siamo però, sordi e ciechi e non ‘approfittiamo’ dei suoi doni. Francesco ci parla anche con i suoi occhi, con i suoi esempi e con le sue gesta e noi troppo spesso siamo ciechi e sordi. Nell’emergenza abbiamo avuto di tutto, abbiamo visto di tutto. Abbiamo visto gesti di altruismo e generosità, spinti fino all’estremo limite. Hanno dato la propria vita medici ed infermieri. Ma abbiamo avuto anche altro”.Cosa?
“Abbiamo avuto tanto altro di meno nobile, di meno encomiabile, di meno commendevole. Tanto da indurre il presidente della Repubblica a dire ufficialmente, in pubblico discorso, di mettere da parte ‘partigianerie, protagonismi ed egoismi’. Abbiamo visto un continuo susseguirsi di decreti e di ordinanze. Abbiamo visto un’ intollerabile rincorsa all’apparire che ha messo in risalto, in particolare, la pochezza di tanti, troppi personaggi. Che invece, proprio perché ‘deputati’ al ruolo di decisori, avrebbero dovuto agire per il bene comune. Scevri da personalismi”.Quali disagi stanno affrontando le famiglie dei disabili?
“I disagi maggiori, che intravediamo ora, consistono nello sforzo da fare per essere rispettosi delle disposizioni che cambiano con grande velocità. E senza avere il supporto di chi dovrebbe fare informazione. Perché anche qui c’è un eccesso di protagonismo che porta a diffondere notizie non vere o non ancora certe. Nel tentativo, assolutamente inutile, di arrivare primi. Anche se, non si sa bene dove”.Può farci un esempio?
“Abbiamo preso atto delle variazioni nella strategia anti-Covid. Abbiamo accolto con piacere il tentativo di diversificare l’Italia in base alla presenza del virus. E di cercare di contenerne la diffusione con interventi mirati e in luoghi ed ambienti precisi. Il disagio più grande ora rimane lo stato di incertezza, la difficoltà a capire, a tener dietro al veloce mutamento delle situazioni. A fare il resto è il dovere di tutelare la salute di persone fragili ed indifese, con la consapevolezza di essere considerati un fenomeno marginale, spesso dimenticati. Tutto ciò scava nell’animo nostro e corrode quel poco di benessere che in taluni momenti di pausa si potrebbe avere”.Come è cambiata l’attività dei centri diurni nella pandemia?
“L’attività dei centri diurni nella pandemia è cambiata riducendosi della metà e più. La maggior parte dei centri operano al 50% di presenze degli utenti. E questo dimezza la presenza degli operatori precludendone l’operatività. I due turni, strategia adottata perlopiù, inevitabilmente aumenta i costi. Così come aumentano le spese del trasporto che qui, nel mondo delle disabiltà, si è adottato fin dalle riaperture dei centri. Contrariamente a quanto si è fatto nel trasporto pubblico. La penuria di risorse cambia l’attività dei centri riducendone la funzionalità e la trasmissione di conoscenze. Ad essere penalizzata è l’efficacia delle abilitazioni e delle riabilitanzioni. Questo contesto di preoccupazione e di paura, deprime e rattrista, ma noi dovremo far posto alla speranza”.