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Il “Cortile di Francesco” tra cosmopolitismo e prossimità

Ad Assisi un susseguirsi di eventi sul tema dell’Eterno. Con l’economista Barca un lungo incontro per riflettere sulle diseguaglianze che creano spaccature all’interno della società odierna

Francesco è un nome che ha origine dalla parola greca “narké” che significa narcotizzato, addormentato, quasi soffocato dalla logica del suo stesso piacere. Francesco infatti già nel 1200 capisce che la prospettiva non solo sociale dello stare antropologico dell’uomo non va e immette un nuovo modo di essere, in qualche modo inventa la parola fratello alla luce di una prospettiva teologica di un Dio che è Padre per tutti.

È proprio in nome di San Francesco e del senso di fratellanza che ad Assisi è stato organizzato “Il cortile di Francesco”, una tre giorni conclusasi da poco che ha visto al centro del dibattito “L’eterno e il tempo presente”. Porre un tema così alto, avulso dalla drammaticità storica vissuta negli anni 2020-22 segnati dalla pandemia, dal clamoroso abbandono dell’Afghanistan da parete dei paesi occidentali e dalla guerra in Ucraina, potrebbe sembrare cinico, se non provocatorio. Ancor più se nell’anno corrente si pensa che quest’ultimo scontro bellico ha portato con sé conflittualità internazionale, crisi energetica ed economica andando a comporre, con il cambiamento climatico, una epocale tempesta perfetta. In questo senso quindi Eterno rappresenta la dimensione più laica di un pensiero che cerca di interrogarsi sull’esistenza a partire da una sua dimensione “teorica”, cioè dalla posizione di chi tenta di rintracciare cause e relazioni, rapporti e dipendenze nelle cose del mondo.

Dal cosmopolitismo alla prossimità

Tra i vari relatori dell’evento anche Fabrizio Barca, economista e politico italiano, già Ministro per la coesione territoriale del governo Monti ed oggi coordinatore del Forum Disuguaglianze Diversità, che ha affrontato un tema impegnativo: “Cosmopolitismo e prossimità”.

Oggi la prospettiva economica su cui si vuole riflettere, è una prospettiva di redistribuzione. Francesco con la sua intuizione, vuole che tutti guadagnino, che il guadagno non sia frutto di interesse e soprattutto che non rappresenti un guadagno sporco, ma che doni equità. Eppure l’evoluzione dell’economia così sviluppata ha portato Papa Francesco a ripetere più volte che così com’è “questa economia uccide e che la finanza uccide l’economia sociale dei paesi”.

“Il Papa è come se avesse dichiarato apertamente che non si fida più delle istituzioni, da qui l’idea di creare anche un evento come “Economy of Francesco”, ma i giovani saranno capaci di cambiare? Oppure moriremo sotto questa economia?” questa la sollecitazione del moderatore del convegno Padre Enzo Fortunato.

“È necessario un cambiamento di sistema”

“Io sono convinto che il cambiamento vero e profondo abbia bisogno di un cambiamento di sistema ed è possibile così come è stato possibile nel dopo guerra. Si può cambiare perché gli errori sono frutto di scelte e quindi il tutto si può cambiare, ma non se ne esce se non ricostruiamo – ha risposto Barca -. Oggi vediamo un impegno circoscritto nella prossimità. Un pezzettino di tutti noi crede che non si può cambiare il sistema, ma il cambiamento vero ha bisogno di un cambiamento di sistema e ciò è possibile, possiamo tornare a costruirlo”.

Come coniugare cosmopolitismo e prossimità? – continua l’economista -. Le quattro crisi che stiamo vivendo, climatica, energetica, bellica e pandemica, stanno aumentando le diseguaglianze. Solo unendo la società si può sconfiggere il cosmopolitismo. Il capitalismo, purtroppo, ha centralizzato tutto sull’accumulazione della ricchezza, quello che non voleva San Francesco, il famoso denaro sporco”.

Con il forum diseguaglianze e diversità ci siamo domandati ‘cosa non abbiamo fatto’. Abbiamo commesso errori probabilmente di statalismo. Se siamo d’accordo che non ci sono eventi esterni inevitabili, che spiegano le diseguaglianze che abbiamo oggi, possiamo trovare il convincimento di poter cambiare. Questo spetta soprattutto ai giovani. Bisogna liberarsi dei ‘modi di dire’ e di alcune parole come ‘globalizzazione’. Attraverso l’incontro e la collaborazione tra il mondo della ricerca e quello della cittadinanza attiva si possono disegnare proposte generali per l’azione collettiva che potranno ridurre le disuguaglianze”.

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