Lo scorso 27 settembre sono cominciati gli scontri armati tra l’Armenia e l’Azerbaigian lungo la linea di confine che separa la repubblica autoproclamata del Nagorno Karabakh dall’Azerbaigian.
Questo conflitto ha radici lontane e pone le sue origini nel Caucaso meridionale – nell’ormai lontano 1991 – quando, contestualmente alla dissoluzione dell’URSS, quando la regione del Nagorno Karabakh, a maggioranza armena ma sotto la giurisdizione azera, proclamò unilateralmente la sua indipendenza. Questo causò un aspro conflitto tra l’Armenia a maggioranza cristiana e l’Azerbaigian a maggioranza mussulmana, rispettivamente sostenuti da Russia e Turchia. Nonostante nel corso degli anni vi siano state diverse trattative di pace e conseguenti cessate il fuoco, sovente di verificano nuovi scontri armati.
Compiuta questa premessa di carattere storico è fondamentale approfondire qualche dettaglio in merito al territorio del Nagorno Karabakh, il suo nome deriva da una parola russa Nagorno che significa montagna e da una parola di origine persiana karabakh che indica un giardino nero, quindi il suo nome significa giardino nero di montagna, la capitale è Stepanakert dove risiedono 53 mila persone ed il suo territorio si estende in totale per quasi 11500 chilometri quadrati con 143 mila abitanti ivi dislocati.
In seconda istanza è fondamentale sottolineare che questo conflitto – cominciato lo scorso 27 settembre – sta causando molte vittime tra la popolazione civile ed i militari coinvolti negli scontri armati, a titolo esemplificativo si pensi che, allo stato attuale le vittime risultano essere oltre 300 e, vista la corsa agli armamenti in atto tra entrambi i contendenti mediante l’utilizzo di dispositivi bellici di ultima generazione e ad altissimo potenziale distruttivo, si rischia di avere un costo umanitario molto elevato e, a tal proposito la popolazione civile rischia di pagare un tributo di sangue elevato ed inaccettabile, si rifletta ad esempio sui tristi dati comunicati nei giorni scorsi da Unicef che sottolineava il decesso di quattro bambini, il ferimento di sette e la distruzione di molte scuole.
Successivamente, alla luce dei tristi fatti precedentemente esemplificati, è fondamentale che i contendenti di questo conflitto trovino, attraverso la diplomazia, un accordo che consenta di preservare la pace e l’incolumità della popolazione civile sulla base del lungimirante appello rivolto dalla C.E.C. – Conferenza delle Chiese Europee la quale chiede alle istituzioni sovranazionali preposte di aumentare gli sforzi nella ricerca di una pace duratura in questo conflitto in linea con i principi del diritto internazionale e suggerendo anche l’inclusione dei leader religiosi per aiutare la riconciliazione e favorire nel contempo gli aiuti umanitari.