Il Tigrè e una delle nove regioni in cui è suddivisa la Repubblica Federale Democratica d’Etiopia di cui fanno parte oltre 4 milioni di abitanti la cui capitale è Macallè.
Tanto premesso è utile ricordare che lo scontro armato attualmente in atto tra il governo federale e la regione del Tigrè ha avuto origine dalle elezioni amministrative ivi tenutesi lo scorso 9 settembre – nonostante il divieto imposto dalle autorità per l’emergenza sanitaria dovuta al Covid-19 – le quali hanno visto l’affermazione elettorale del Fronte di Liberazione del Tigrè – in forte contrasto con il Primo Ministro Abiy Ahmed – in quanto lo stesso, con la fondazione del Partito della Prosperità, avente una forte spinta centralista, si colloca in aperta antitesi al federalismo che aveva permesso di garantire una equa rappresentanza di tutte le etnie nelle istituzioni centrali e contestualmente tenere a freno gli episodi di intolleranza reciproca tra le diverse etnie.
A seguito di quanto precedentemente descritto il governo federale dell’Etiopia ha lanciato un’offensiva militare contro le forze armate del Tigrè che sta causando moltissime vittime innocenti tra la popolazione civile e una forte crisi umanitaria correlata che – allo stato attuale secondo l’Agenzia dell’ONU per i Rifugiati – ha provocato l’espatrio di oltre 14500 rifugiati verso i paesi confinanti ed in particolare nel già provato Sudan.
In ultima istanza, alla luce di quanto precedentemente esemplificato, è fondamentale che le istituzioni internazionali deputate provvedano ad instaurare una trattativa diplomatica unità all’invio di aiuti umanitari con l’obiettivo di far cessare le ostilità ed iniziare un processo di pacificazione duraturo e sinergico in ossequio al bellissimo pensiero di Papa Giovanni Paolo II che sovente ricordava: “La pace non può regnare tra gli uomini se prima non regna nel cuore di ciascuno di loro“.