Confinamento da coronavirus e mente umana: come reagire?

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Depressione, tristezza, insonnia e sbalzi di umore sono all’ordine del giorno in questo periodo di confinamento. Non è facile per nessuno rimanere in casa tante settimane, ma in questo momento è l’unica soluzione possibile per uscire quanto prima dall’emergenza coronavirus e non si può evitare. Il metro di distanza pesa, mancano gli abbracci, le strette di mano, manca la vita di tutti i giorni con la sua frenesia e il suo tam tam quotidiano, ma “tutto ritornerà come prima e ci riabbracceremo più forte”. Un motto che diventa uno slogan ma soprattutto una frase per farsi forza tra amici e parenti. In tutto ciò la mente umana si presenta labile e debole, così, per capire come affrontare questo periodo di quarantena, Interris.it ha incontrato Francesca Baralla, psicologa e psicoterapeuta, ricercatore presso il Dipartimento di Medicina e Scienze della salute, Università degli studi del Molise.

Coronavirus e insonnia: come si può regolare il ritmo sonno veglia?
“La condizione di insonnia e di incapacità di addormentarsi sono connesse ad un’attivazione di tipo fisiologica che non ci consente di passare dalla normale condizione di veglia al sonno perché la condizione di sonno viene attivata dall’inattività. Se emotivamente noi abbiamo un’attivazione elevata, quando ad esempio siamo preoccupati per qualcosa, passiamo fisiologicamente dalla veglia al sonno e viceversa. Ovviamente ci sono tutte una serie di raccomandazioni rispetto a quelli che noi definiamo i disturbi del sonno, che ci portano ad affermare la necessità di fare tutta una serie di cose routinarie che servono ad indurre e favorire una condizione di sonno e quindi di addormentamento” racconta la dottoressa. “Innanzitutto, prima di andare a letto non bisogna fare o vedere cose particolarmente attivanti, come un film dell’orrore per intenderci, bisogna evitare azioni che attivino la mente e mettere i pensieri dentro una scatola. Si possono utilizzare anche delle tecniche, individuate nel dalla psicologia – continua la ricercatrice -, che hanno a che fare con le immagini mentali in base alle quali individuo le preoccupazioni per poi metterle dentro la scatola ‘domani provo a far questo’. Se non si riesce bisogna spegnere il sistema di attivazione, utili sono quelle del respiro per indurre il rilassamento. Il contare le pecorelle è una tecnica di allontanamento dal pensiero preoccupante e rallenta il respiro”.

Come affrontare le emozioni negative?
“Si sconfiggono prendendo coscienza dei nostri limiti, senza fare i super eroi – sottolinea Baralla -. Noi ci troviamo in una situazione di pericolo e dobbiamo avere paura. Non avere paura ci metterebbe in pericolo. La paura, se non affrontata bene poi può diventare angoscia quando la persona è incapace di arginare questo sentimento. Per questo bisogna saper ammettere i propri limiti e parlare cercando aiuto”.

Quale fascia di età soffre di più la situazione di confinamento?
“Tutti ne risentono di questa situazione di quarantena, ovviamente a qualsiasi età ci sia coscienza, questo non vale ad esempio per i neonati. Di fatto la consapevolezza di non poter uscire può essere sofferta da adulti e bambini. Questi ultimi, in particolare hanno bisogno di tante spiegazioni e tante rassicurazioni da parte degli adulti – aggiunge la psicologa -. Hanno bisogno che qualcuno li ascolti e soddisfi tutte le loro curiosità. Per gli adolescenti svolgono un ruolo fondamentale i social, che li tengono in contatto con il mondo esterno mentre gli anziani devono essere attenzionati particolarmente perché sono costretti a un maggiore isolamento, destinati ad un periodo di grande sofferenza e solitudine”.

Cosa ci lascerà il coronavirus?
“Ci lascerà la fame di vita, il desiderio di voler godere di ogni singolo gesto, di ogni momento della nostra vita. Ci lascerà la consapevolezza dell’amore verso il prossimo perché se tutti rimaniamo in casa non lo facciamo solo per noi stessi ma soprattutto per chi ci sta accanto. Noi non dobbiamo allontanarci dagli altri perché abbiamo paura dell’uomo, noi – conclude la professoressa – abbiamo paura del virus che ci procura terrore e disgusto portandoci per difesa a mantenere le distanze. Dobbiamo amarci e preservarci un po’ di più perché solo così possiamo difendere le nostre famiglie per poter tornare a gioire dopo, perché in fondo è vero che andrà tutto bene!”.

Rossella Avella: