Il Duomo di Milano (Norbert Oriskó da Pixabay)
L’epoca che stiamo attraversando è fortemente segnata dall’emergere di difficoltà sociali inedite che, nei centri abitati più grandi, tendono ad acuirsi progressivamente. Le istituzioni e le associazioni, quindi, sono chiamate a “stare nel mezzo” per ascoltare ed accogliere coloro che hanno bisogno, creando possibili soluzioni che mettano al centro le persone. Interris.it, in merito alle fragilità emergenti nell’area metropolitana di Milano, una delle aree a più alta densità abitativa d’Italia, ha intervistato il dott. Andrea Villa, presidente provinciale delle Acli di Milano e Monza – Brianza.
Dott. Villa, quali sono, in base a ciò che vedete quotidianamente, le nuove fragilità emergenti a Milano?
“Milano è una città dinamica che attrae molti giovani e ragazzi. Ci sono diversi poli universitari, i quali fanno sì che, molti, nel periodo degli studi, si rechino qui. Ad oggi, uno dei problemi più sentiti, è quello di poter consentire a coloro che hanno intrapreso e terminato un percorso di studi e master nella città, di poterci restare. Il mercato della casa, sia in affitto che per l’acquisto, è difficilmente accessibile. I redditi poi, per fasce di popolazione molto diversa, durante la pandemia, con la chiusura degli esercizi commerciali, sono rimasti scoperti e, ad oggi, stentano a ritornare ad un livello reddituale pre-pandemico. Una recente indagine Istat ha sottolineato che, alcuni settori, come quello per i servizi della casa, per la ristorazione e dell’istruzione, vedono salari molto bassi. Ciò significa che, a volte, non è consentita una vita dignitosa alle persone. Inoltre, nella parte del welfare gestito anche dalle cooperative sociali, c’è un’emergenza nel settore dell’educazione. Il contratto è appena stato rinnovato e non c’è un riconoscimento degli aumenti da parte dei committenti, i quali sono enti pubblici con bilanci affaticati e, tutto questo, mette in crisi la resa dei servizi. A Milano l’offerta è più ampia, ma è maggiormente complicato accedere ad una vita completa e dignitosa. Una grande città propone molto ma, di contro, ha un costo elevato e i legami sociali vengono sempre meno rispetto alla vita in un piccolo paese”.
L’azione sociale rappresenta il fulcro del pensiero Aclista. In che modo si esplica e si può incrementare in un contesto come quello di Milano?
“C’è il bisogno di ricostruire le comunità, come ci ha raccontato la pandemia che abbiamo passato. In quegli anni abbiamo scoperto che, la fragilità delle persone, è data dalla carenza di una rete relazionale. A Milano, oltre 50% degli abitanti, vive da solo perché single o vedovi. In questo contesto, la fine della cosiddetta ‘famiglia larga’ è stata amplificata e si frantumano anche le relazioni sociali di buon vicinato della comunità fa sì che, le persone, rimangano più sole ad affrontare le difficoltà e le sfide della vita, sia straordinarie, come la pandemia, o ordinarie come un figlio che giunge, il lavoro o un infortunio. C’è bisogno di protezione ove non siamo autosufficienti. Servono quindi un sistema di welfare e la comunità. Il compito delle Acli sul territorio è proprio quello di offrire e proporre spazi di socialità, costruzione di legami sociali, dello stare bene insieme e del formarsi per diventare laici cristiani adulti, stando attenti a chi abbiamo di fronte e disponibili a donarci per metterci al servizio dell’altro e della propria comunità”.
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