“Nella seconda ondata della pandemia per la Chiesa la sfida non cambia– afferma a Interris.it il vescovo di Lodi, monsignor Maurizio Malvestiti, un pastore in mezzo al gregge nella pestilenza e nella carestia-. La sfida è quella lanciata dal Vangelo di Gesù che ci chiede di saper inventare tempi e spazi di prossimità”.
Gli interrogativi del vescovo
Si chiede il vescovo di Lodi: “Come essere presenti accanto alle sofferenze? Come inventare una prossimità con i vissuti delle persone? Come esercitare l’arte di consolare nelle ferite? Come sostenere la speranza per un futuro che si fa incerto? Sono solo alcune delle domande a cui siamo chiamati a rispondere per esercitare l’arte della prossimità evangelica. Che non può mai accontentarsi di vivere una carità del distanziamento. Ma deve saper inventare una presenza che cammina con il popolo accanto e per i poveri”. Così nella prima diocesi in Occidente colpita dal Covid, la pastorale della condivisione diventa impegno costante al servizio delle sofferenze vecchie e nuove. La testimonianza di un vescovo in mezzo al gregge nel momento più difficile.
Al servizio del dialogo
Vescovo di Lodi dal 2014, monsignor Maurizio Malvestiti è anche incaricato per l’ecumenismo e il dialogo nella Conferenza episcopale lombarda e membro della commissione Cei per l’ecumenismo e il dialogo. Dal 2009 sottosegretario della Congregazione per le Chiese Orientali. Responsabile dell’Ufficio studi e formazione. Membro delle commissioni bilaterali tra la Santa Sede e gli Stati di Israele e Palestina. Docente nel Pontificio Istituto Orientale. Rettore della Chiesa di San Biagio degli Armeni a Roma.
Nell’enciclica “Fratelli tutti”Papa Francesco ha ribadito che nessuno si salva da solo. Come incide la pandemia sul senso di comunità?
“E’ legittimo chiedersi se nell’emergenza sanitaria si diventi più egoisti o più solidali. Sicuramente la situazione che stiamo vivendo può diventare un’opportunità per molti, ma non c’è nessun meccanismo automatico. Alla solidarietà si accede preparandosi, non è una scintilla che scatta all’improvviso, bisogna avere un cuore educato, umanizzato, che sappia accorgersi delle fragilità e delle povertà che affliggono molte persone”.
A cosa si riferisce?
“Proprio rispetto alle povertà più estreme spesso si avverte una sorta di colpevolizzazione rivolta verso chi si ritrova in certe situazioni di marginalità e questo impedisce una presa di coscienza del dovere etico e civile di occuparsi di queste persone. La pandemia sicuramente ha distolto lo sguardo su queste povertà, portando a forme di solidarietà nei circuiti sanitari; la sfida resta quella di allargare il cuore verso altre povertà, comprese quelle morali e religiose che invece sembrano talvolta non meritare attenzione e sforzi”.Può farci un esempio?
“Sono vasti e profondi i disagi che stanno affrontando soprattutto le fasce più indigenti della società. Chi vive ai margini non è detto che venga intercettato dalle misure di sostegno al reddito messo in campo pensando soprattutto al mondo produttivo gravemente colpito. Ad esempio, qualche settimana fa, i Vescovi Lombardi avevano richiamato l’attenzione sulla categoria dei giostrai che, da mesi impossibilitati a lavorare, si trovano in grave difficoltà economica visto che non sono rientrati in nessuno degli aiuti governativi”.Chi soffre maggiormente la crisi sociale provocata dal Covid?
“I senza dimora sono stati invitati a stare a casa, senza avere una casa, e l’isolamento l’hanno dovuto affrontare nelle strade o chiusi in strutture talvolta senza servizi adeguati. La situazione ha colpito duramente anche i giovani, italiani e stranieri, che guardavano con fiducia al mercato del lavoro ed hanno visto il loro contratto interrompersi bruscamente. Per non parlare di tutte le persone segnate da malattie psichiche e depressive che, costrette nell’isolamento, hanno visto compromettersi ulteriormente il proprio quadro clinico”.Quali sono le conseguenze?
“I disagi sono stati tanti e chi è nell’indigenza è stato duramente colpito da questa pandemia i cui effetti emarginativi stanno ancora emergendo. E’ difficile dire come sia cambiata la solidarietà. Dico come dovrebbe cambiare. La vita di tante persone è stata colpita negli affetti più cari. Papa Francesco ha indicato spesso nella parola tenerezza la forma con la quale vivere i nostri gesti di prossimità”.Che tipo di lezione si può trarre dall’emergenza sanitaria?
Credo si debba imparare a colorare la solidarietà con la tenerezza. Certamente c’è il rischio che la pandemia accentui le disuguaglianze sociali. Del resto affrontare un mare in tempesta su una barca da crociera o su una zattera di fortuna non è la stessa cosa. È ciò che accade nelle società del benessere che sono pensate, nelle strutture economico-finanziarie-commerciali, per garantire a pochi di arricchirsi. Il recupero del concetto di giustizia dovrebbe aiutarci in questo senso”.In che modo?
“Gesù ci educa a riconoscere nel bisogno dell’altro un diritto che diventa per noi un dovere. Del resto nell’orizzonte biblico il termine carità dice, in modo diverso, ciò che dice la stessa giustizia. Infatti mentre la parola amore indica la dimensione della gratuità che c’è nel prendersi cura dell’altro, la giustizia ne sottolinea la necessità e l’equità. Recuperare l’idea di giustizia biblica è essenziale per stare sulla stessa barca in condizioni di uguaglianza sociale”.