Le innovazioni tecnologiche stanno mutando in maniera molto accentuata il mercato globale del lavoro, spostando la tradizionale linea di demarcazione tra le mansioni svolte dalle macchine e quelle svolte dai lavoratori. Interris.it, in merito a questo processo di cambiamento in atto nel mondo del lavoro in Italia e alla tutela dei lavoratori, ha intervistato Angelo Colombini, già segretario confederale della Cisl e attualmente membro del C.I.V. (Consiglio di indirizzo e vigilanza) dell’Inail.
L’intervista
Che ripercussioni stanno avendo le diverse innovazioni tecnologiche nello sviluppo economico dell’Italia?
“Nel nostro paese, anche grazie ai finanziamenti di Industria 4.0, le innovazioni tecnologiche sono state molto pervasive e non c’è settore economico o semplice attività che non abbia subito l’impatto di una nuova tecnologia attraverso nuovi macchinari o innovazioni del processo produttivo favorendo una spinta all’evoluzione sociale ed organizzativa e la nascita di nuovi lavori. Nell’economia digitale, nel lavoro tramite piattaforme e nell’intelligenza artificiale, se molto è il potenziale a sostegno della prevenzione (pensiamo all’adozione di strumenti di lavoro che si avvalgono di sensoristica avanzata e robotica collaborativa), i rischi reali sono quelli dati dai ritmi di lavoro e della spersonalizzazione. Questo soprattutto per la mancanza di adeguati percorsi formativi e informativi, per l’estrema modernità delle tecnologie digitali e per un’organizzazione del lavoro diffusa ancora basata su un modello taylorista-fordista, con mansioni parcellizzate e ripetitive, a bassa competenza. Siamo di fronte ad un processo che vede intersecarsi e crescere, insieme al lavoro tradizionale, l’avvento delle nuove tecnologie, il lavoro agile (dove tempo e luogo sono per legge indifferenti), gli strumenti innovativi a tutela della salute (esoscheletri), e della sicurezza (dispositivi indossabili come smartwatch, occhiali intelligenti, orologi che monitorano l’attività fisica, cardiaca e del sonno)”.
In che modo, considerato lo sviluppo tecnologico in atto, devono cambiare i meccanismi di tutela dei lavoratori e la salvaguardia della sicurezza sui luoghi di lavoro?
“La persona va messa “al centro” e protetta applicando un diverso modello di tutela molto più articolato ed innovativo. Ecco allora che il compito delle politiche e delle normative sulla salute e sicurezza nei luoghi di lavoro diviene importante perché deve essere in grado di prevenire pericoli ancora indefiniti senza, tuttavia, creare allarmismi nel sistema economico ed in particolare tra gli stessi lavoratori. I luoghi di lavoro risentono di molteplici variabili e da esse ne sono inficiati: le dimensioni delle imprese, i modelli organizzativi, le innovazioni tecnologiche, gli effetti della digitalizzazione, la situazione del mercato del lavoro, la globalizzazione, i cambiamenti demografici e non da ultimo quelli climatici. Per tale motivo, solo dalla puntuale analisi di tutti questi fattori si può cercare di invertire la tendenza della crescita degli infortuni e delle malattie professionali registratasi negli ultimi tempi. Come risaputo da tempo, le cause alla base degli infortuni e delle malattie professionali sono spesso riconducibili alla cattiva, inadeguata e, in alcuni casi, illegale organizzazione del lavoro, che non tiene conto di tutti gli elementi sopra esposti. Anticipare i cambiamenti determinati dalla transizione verde, digitale e demografica per migliorare la prevenzione degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali non può essere una opzione, ma deve diventare una priorità”.
In che modo, secondo lei, con l’avvento sempre maggiore delle tecnologie digitali, si dovranno riqualificare i lavoratori? Che ruolo può svolgere il Pnrr su questo versante?
“Lo sviluppo di tecnologie digitali, quali l’intelligenza artificiale (IA), la robotica avanzata (cobot), l’Internet delle cose (IOT), i big data, i dispositivi indossabili e le piattaforme on line, stanno cambiando la natura, l’ubicazione, le prestazioni lavorative, così, come i tempi e le modalità di organizzazione e la gestione delle attività lavorative. Inoltre, a partire dal 2023, con l’avvio degli interventi previsti dal PNRR si assisterà ad una significativa iniezione di nuovi lavoratori nel mondo del lavoro che, se costituiranno una spinta allo sviluppo, alla crescita economica e sociale, nessuno dovrà permettersi di riproporre l’inaccettabile binomio dell’aumento occupazionale con l’aumento degli infortuni sul lavoro. Una delle sfide più impegnative da affrontare è la riqualificazione dei lavoratori che a causa dei cambiamenti devono sviluppare nuove competenze. Per questo è importante la formazione che non può essere però l’autoapprendimento.
In qualità di consigliere del C.I.V. di Inal, quale pensa debba essere il ruolo dell’istituto in questa fase?
Inail deve affrontare queste sfide quotidiane facendo un salto di qualità e di quantità incrementando i finanziamenti ai progetti sulla prevenzione nei luoghi di lavoro, investendo sulla ricerca e aumentando gli organici. Inoltre auspico che le parti sociali giungano a definire politiche formative, di prevenzione e di reinserimento dei lavoratori infortunati nei luoghi di lavoro quale frutto di un modello partecipato e condiviso di tutela, che veda impegnati e convergenti su univoche soluzioni, i responsabili aziendali e le rappresentanze sindacali. Nel dibattito attuale, specialmente giornalistico, si ha la sensazione che la tutela della salute e sicurezza riguardi solo i lavoratori. Ma non è così. È un valore ritenuto imprescindibile anche per la stragrande maggioranza delle imprese. Per tale motivo è importante fare uno sforzo congiunto nel perseguire l’obiettivo comune di rispettare e garantire questo valore. Ne va non solo della vita di molte lavoratrici e lavoratori, ma anche del sistema economico in quanto tale; sono i settori produttivi che danno un’immagine negativa di sé, favorendo una cultura antindustriale o comunque diffidente rispetto al lavoro. Ne sono più colpiti i giovani ai quali, al loro primo ingresso nel mondo del lavoro, spesso viene riservata una formazione veloce e generica sul tema della salute e sicurezza, accentuando così la convinzione di avere meno tutele rispetto alle generazioni precedenti anche su questo fronte”.
Quale dovrà essere, in questo processo di cambiamento e sviluppo, il ruolo delle istituzioni per quanto riguarda la programmazione e i controlli da attuare?
“Il ruolo che le istituzioni devono avere è fondamentale, facendosi carico dei costi del sistema sanitario e fronteggiando gli effetti di una sfiducia sociale generalizzata a cominciare dalle famiglie colpite da lutti o da gravi avversità causati dagli incidenti sui luoghi di lavoro. C’è quindi bisogno di sviluppare percorsi di approfondimento che non siano influenzati né da una spinta acritica verso le innovazioni, né da un atteggiamento di contrapposizione al cambiamento, giungendo a definire piani di intervento e proposte contrattuali, programmando percorsi di formazione per i diversi ruoli sindacali ed aziendali sulla salute e sicurezza. Questo approccio richiede un salto culturale, estendendo la partecipazione organizzativa “dal basso”, prevedendo progetti formativi congiunti tra il management aziendale e i rappresentanti dei lavoratori, rendendo operativi i Comitati congiunti previsti dai contratti collettivi nazionali e dalla normativa di prevenzione, introducendo un sistema di qualificazione delle imprese (ad es. patente a punti) e costruendo sistemi premianti per le aziende che danno prova di impegni straordinari in tema di occupazione, ricerca, prevenzione, sicurezza e formazione. Fondamentale è il rafforzamento dei controlli, accrescendo le forze in campo, sul fronte della vigilanza (ASL, INL, INAIL, Carabinieri) per rendere effettiva la funzione di deterrenza delle sanzioni con la messa a regime dei flussi informativi (banche dati) e l’incrocio dei diversi sistemi (regionali, istituzionali e parti sociali)”.
Quale dovrà essere il compito dei sindacati nel favorire la tutela dei lavoratori?
“Il ruolo del sindacato è centrale e determinante nel favorire il processo di innalzamento delle tutele in tutti i luoghi di lavoro che saranno aperti al cambiamento, raggiungendo tutti i contesti lavorativi e tutti i lavoratori, che sono complementari e non subordinati alle macchine e ai processi produttivi, al di là della tipologia del rapporto contrattuale, ponendo al centro la persona con le sue tipicità e abilità residue”.