Domina si appella al governo per colf e badanti. Lorenzo Gasparrini è il segretario generale Associazione Nazionale Famiglie Datori di Lavoro Domestico. E afferma: “Le nuove deduzioni proposte dal governo sono positive. Però non bastano per compensare i costi dell’assistenza a carico delle famiglie datori di lavoro. Serve poter dedurre non solo i contributi ma anche le retribuzioni dei lavoratori domestici. Per aiutare le famiglie e promuovere il lavoro domestico regolare. L’emersione di questi contratti informali è un vantaggio. Non solo per le famiglie. Ma anche per l’aumento del gettito fiscale che entrerebbe nelle casse dello Stato”.
Rivalutazione e badanti
Il tasso di irregolarità nel lavoro domestico è molto elevato (57% ). E il motivo per cui le famiglie preferiscono il lavoro “informale” è anche il costo degli oneri. Per disincentivare l’utilizzo del lavoro “nero” è necessario, quindi, rendere più conveniente il lavoro formale, aiutando le famiglie datori di lavoro domestico. Gli aumenti energetici e di tutte le materie prime del 2022 hanno portato alla conseguente rivalutazione delle paghe dei lavoratori domestici. Per questo, nella bozza del Decreto Lavoro è prevista una maggiore deduzione del lavoro domestico, dagli attuali 1.549,37 fino a 3.000 euro annui. Ma l’Associazione Nazionale Famiglie Datori di Lavoro Domestico si interroga se le nuove deduzioni bastano per coprire gli aumenti del lavoro domestico. Il contratto collettivo che regola i rapporti del lavoro domestico prevede un adeguamento annuale dei livelli minimi delle retribuzioni in base all’inflazione.
Allarme badanti
L’Osservatorio Domina analizza la nuova deduzione. Per capire se sia sufficiente a coprire i nuovi costi del lavoro domestico. L’approfondimento riguarda le principali categorie di lavoratori domestici. A partire dagli aumenti che hanno subito nel 2023 rispetto al 2022. In base alla tipologia di lavoratore si parte, infatti, da aumenti annui intorno ai 200 euro (assistenza solo per 5 ore a settimana). Per arrivare a quasi 2.000 euro per un’assistenza continuativa ad una persona non autosufficiente. Gli stessi aumenti non sono stati registrati nelle pensioni e negli stipendi. Perciò il governo per aiutare le famiglie datori di lavoro domestico sta ipotizzando di aumentare le deduzioni. La proiezione dei costi è comprensiva della retribuzione lorda. Dei ratei di tredicesima. Di Tfr (trattamento fine rapporto). Della quota contributi mensili INPS. E Cas.sa.Colf a carico del datore di lavoro e indennità sostitutiva di vitto e alloggio. Alla quota sono stati tolti gli importi massimi deducibili. Su dati Istat e Mef-Dipartimento delle Finanze.
Contenere gli aumenti
L’interrogativo è appunto: queste misure serviranno per contenere gli aumenti delle nuove retribuzioni del lavoro domestico? E in che misura? Il risparmio fiscale attuale, infatti, compare nell’indagine Domina con le deduzioni delle famiglie datori di lavoro domestico secondo la normativa proposta (limite deducibile 3.000 euro). Viene considerata una famiglia datore di lavoro domestico in cui il principale percettore di reddito è un lavoratore dipendente con imponibile Irpef di 25 mila euro. Senza familiari a carico con addizionale comune 0,656% e addizionale regionale 1,575%. Attualmente le famiglie datori di lavoro domestico possono contare su due tipi di aiuti. La detrazione e la deduzione. La detrazione riguarda solo soggetti non autosufficienti. Mentre la deduzione è applicabile per qualsiasi tipologia di lavoratore domestico. Quest’ultima, consente al datore di lavoro di dedurre l’importo dei contributi pagati per colf o badanti entro il limite di 1.549,37 euro.
Tetto alla deduzione Irpef
Il decreto Lavoro prevede di alzare il tetto alla deduzione Irpef per i contributi previdenziali versati per i lavoratori domestici a 3.000 euro. Non è facile riuscire a quantificare l’impatto della nuova proposta nella spesa che le famiglie devono fronteggiare per assumere un lavoratore domestico. L’Osservatorio Domina considera una famiglia datoriale composta da un lavoratore dipendente con un reddito imponibile di 25 mila euro. Con un’aliquota marginale del 25% a cui bisogna aggiungere le addizionali regionali e comunali. L’aumento del limite della deducibilità a 3 mila euro non porta variazioni nel caso di un collaboratore familiare per poche ore settimane. In questi casi i contributi deducibili non superano la precedente soglia (1.549,37 euro). Gli effetti si evidenziano per i collaboratori assunti 40/54 ore a settimana. Qui la deduzione aumenta dai 26 ai 182 euro. Decisamente valori molto lontani dal compensare gli aumenti subiti nel lavoro domestico. Infatti, confrontando questi nuovi sgravi con gli aumenti che ha subito il lavoro domestico si arriva al massimo a coprire il 13/15% dei nuovi costi. E solo in caso di assunzione di lavoratori con almeno 54 ore a settimana.
Risparmio
La proposta del governo, secondo Domina, è “apprezzabile”. E “va nella strada giusta“. Però non riesce a coprire tutti i nuovi costi degli aumenti delle retribuzioni. Inoltre un così basso risparmio non disincentiva l’utilizzo del lavoro irregolare. Per questo l’ultimo Rapporto annuale sul lavoro domestico appoggia e promuove una proposta di tutte le parti sociali. Cioè quella di portare in deduzione non solo i contributi. Ma anche le retribuzioni corrisposte ai lavoratori domestici. Ciò da una parte consentirebbe la riduzione del lavoro nero. E dall’altra darebbe la possibilità alle famiglie di riuscire a sostenere le proprie esigenze di lavoro domestico.
Vantaggio
Con questa nuova proposta il costo per lo Stato crescerebbe da un minimo di un miliardo. Sottostimando l’utilizzo della deduzione delle classi più basse, per mancanza di imponibile alcune potrebbero non utilizzarlo. Ad un massimo di 1,6 miliardi. Sovrastimando la deduzione e ipotizzando che tutti la utilizzerebbero. Le famiglie datori di lavoro domestico avrebbero così un notevole vantaggio dalla proposta. Il costo del lavoro domestico, infatti, risulterebbe in questo modo più sostenibile. Inoltre, incentivare il lavoro regolare porterebbe un vantaggio indiretto anche allo Stato. Grazie all’aumento del gettito fiscale da parte di tutti i lavoratori domestici. E queste nuove entrate andrebbero a compensare gli sgravi dati ai datori di lavoro domestico, a giudizio di Domina. Creando un circolo virtuoso“.