Per “climate change” l’Onu intende i cambiamenti a lungo termine delle temperature e dei modelli meteorologici. Questi cambiamenti possono avvenire in maniera naturale, ad esempio tramite variazioni del ciclo solare. Tuttavia, a partire dal 19° secolo, le attività umane sono state il fattore principale all’origine dei cambiamenti climatici, imputabili essenzialmente alla combustione di combustibili fossili come il carbone, il petrolio e il gas. “La combustione di combustibili fossili genera emissioni di gas a effetto serra che agiscono come una coltre avvolta intorno alla Terra, trattenendo il calore del sole e innalzando le temperature – riferiscono le Nazioni Unite-. Tra gli esempi di emissioni di gas a effetto serra che provocano i cambiamenti climatici figurano il biossido di carbonio e il metano. Tali emissioni derivano, per esempio, dall’uso della benzina per guidare un’auto o del carbone per riscaldare un edificio. Anche il disboscamento di terreni e foreste può causare il rilascio di biossido di carbonio. Le discariche di rifiuti sono una fonte importante di emissioni di metano. L’energia, l’industria, i trasporti, l’edilizia, l’agricoltura e l’uso del suolo sono tra i principali responsabili delle emissioni”. L’adattamento alle conseguenze dei cambiamenti climatici protegge le persone, le abitazioni, le imprese, i mezzi di sostentamento, le infrastrutture e gli ecosistemi naturali. Riguarda gli effetti attuali e i probabili effetti futuri. L’adattamento sarà necessario ovunque, ma ora deve diventare prioritario per le persone più vulnerabili che dispongono di minori risorse per far fronte ai rischi climatici. Può rivelarsi redditizio. I sistemi di allarme rapido per le catastrofi, per esempio, salvano vite e beni materiali e possono apportare benefici fino a 10 volte superiori al costo iniziale.
Cambiamenti climatici
Il “climate change” è stato il tema della terza edizione del Piccolo Festival Mitologico di Ostuni. La kermesse ha proposto incontri, laboratori per bambini, una mostra fotografica e rappresentazioni teatrali. Per riflettere sul tema dei cambiamenti climatici attraverso una serie di eventi che coniugano serietà e ironia. Il festival si è aperto a Palazzo Tanzarella di Ostuni con l’inaugurazione di una mostra fotografica sui “Cieli notturni” a firma del fotografo Matteo Leonetti. A seguire gli incontri sul “climate change”. Nella tavola rotonda “Le sfide del cambiamento climatico e le soluzioni di Amazon”, Luana Giacovelli, organizzatrice del Festival ha dialogato con Mariangela Marseglia, country manager di Amazon Italia e Spagna. Nel dibattito su “Cambiamenti climatici: paesaggio e agricoltura”, la giornalista Pamela Pancosta ha messo a confronto Marianna Cardone (vicepresidente nazionale delle Ddv), Flora Saponari (produttrice), Francesca Varvaglione (enolog), Gianfranco Ciola (agronomo e direttore del Gal Alto Salento) e Antonio Capriglia (agricoltore). Tra gli appuntamenti del festival la proiezione del film “Palazzina Laf” nel chiostro San Francesco. Laf (acronimo di laminatoio a freddo) è il reparto più complicato dell’Ilva. I cambiamenti climatici possono incidere sulla salute, sulla capacità di coltivare cibo, sull’alloggio, sulla sicurezza e sul lavoro di tutti noi. Alcune persone sono già più vulnerabili agli effetti climatici, ad esempio coloro che vivono in piccole nazioni insulari e in altri paesi in via di sviluppo. Fenomeni quali l’innalzamento del livello del mare e l’intrusione salina si sono intensificati. Tanto da indurre intere comunità a trasferirsi e siccità prolungate stanno esponendo le persone al rischio di carestia. In futuro si prevede un aumento dei “rifugiati climatici”.
Sos climate change
Intanto le emissioni continuano ad aumentare. Di conseguenza, oggi la Terra è 1,1°C più calda rispetto alla fine del 19° secolo. L’ultimo decennio (2011-2020) è stato il più caldo mai registrato. Molte persone pensano che i cambiamenti climatici significhino essenzialmente temperature più elevate. Tuttavia, l’innalzamento della temperatura è solo l’inizio della storia. La Terra è un sistema in cui tutto è collegato. E quindi i cambiamenti in una zona possono influenzare i cambiamenti in tutte le altre. Osserva l’Onu: “Attualmente fra le conseguenze dei cambiamenti climatici figurano siccità intense, scarsità d’acqua, incendi gravi, innalzamento dei livelli del mare, inondazioni, scioglimento dei ghiacci polari, tempeste catastrofiche e riduzione della biodiversità. Il presidente della Croce rossa italiana, Rosario Valastro, è intervenuto al Mediterranean Day, la giornata in cui si è celebrata la bellezza, la cultura e la diversità del Mediterraneo. Afferma Valastro: “Mentre cerchiamo di proteggere l’umanità che lo attraversa in cerca di futuro, dobbiamo tutelare il Mar Mediterraneo e il suo ecosistema, minacciato da inquinamento e climate change”.
Allarme-mare
Secondo Carlo Buontempo, direttore del Copernicus Climate Change Service (C3S), “giugno ha segnato il 13esimo mese consecutivo di temperatura globale record e il 12esimo consecutivo al di sopra di 1.5°C rispetto all’epoca preindustriale. Si tratta di qualcosa di più di una stranezza statistica, che evidenzia un cambiamento importante e continuo del nostro clima. Anche se questa specifica serie di eventi estremi finirà ad un certo punto, siamo destinati a vedere nuovi record infranti man mano che il clima continuerà a riscaldarsi. Questo è inevitabile, a meno che non smettiamo di aggiungere gas serra nell’atmosfera e negli oceani”. La temperatura superficiale marina (Sst) media per giugno 2024 su 60°S-60°N è stata di 20.85°C, il valore più alto mai registrato per il mese. Questo è il quindicesimo mese consecutivo in cui la Sst è stata la più calda nel record dei dati Era5 per il rispettivo mese dell’anno. “Le serie di dati diversi dall’Era5 – evidenzia C3S – potrebbero non confermare la striscia di 12 mesi qui evidenziata, a causa dei margini relativamente ridotti rispetto a 1.5°C delle temperature globali dell’Era5 per i mesi di luglio e agosto 2023, maggio e giugno 2024 e delle differenze tra le varie serie di dati. Inoltre, va sottolineato che i limiti di 1.5⁰C e 2⁰C stabiliti nell’Accordo di Parigi sono obiettivi per la temperatura media del pianeta su un periodo di venti o trent’anni”.
Emergenza temperatura
In una serie di rapporti dell’Onu, migliaia di scienziati e di revisori statali hanno convenuto che limitare l’innalzamento della temperatura globale a non più di 1,5°C ci aiuterebbe a evitare gli effetti climatici peggiori e a mantenere un clima vivibile. Eppure l’attuale traiettoria delle emissioni di biossido di carbonio potrebbe aumentare le temperature globali fino a 3.2°C entro la fine del secolo. Le emissioni all’origine dei cambiamenti climatici sono generate in ogni parte del mondo e interessano tutti, ma in alcuni paesi la produzione è decisamente maggiore che in altri. I 100 paesi che producono meno emissioni generano il 3% delle emissioni totali. Il contributo dei 10 paesi maggiormente responsabili delle emissioni è pari al 68%. Tutti devono adottare misure per il clima. Ma la responsabilità di agire per primi ricade soprattutto sulle persone e sui paesi che contribuiscono maggiormente al problema. “Molte soluzioni ai cambiamenti climatici possono apportare vantaggi economici migliorando al contempo le nostre vite e proteggendo l’ambiente – avvertono le Nazioni Unite-. Disponiamo anche di accordi globali per orientare i progressi, come la Convenzione quadro dell’Onu sui cambiamenti climatici e l’accordo di Parigi. Le categorie d’azione sono tre. E cioè ridurre le emissioni. Adattarsi agli effetti dei cambiamenti climatici. Finanziare gli adeguamenti necessari”. A livello di sistemi energetici, passare dai combustibili fossili a energie rinnovabili come quella solare o eolica ridurrà le emissioni all’origine dei cambiamenti climatici. Prosegue l’Onu: “Dobbiamo però iniziare immediatamente. Benché una coalizione sempre più numerosa di paesi si stia impegnando a raggiungere le zero emissioni nette entro il 2050”. Circa la metà delle riduzioni delle emissioni dovrà essere attuata entro il 2030 per mantenere il riscaldamento al di sotto di 1,5°C. La produzione di combustibili fossili deve diminuire di circa il 6% l’anno tra il 2020 e il 2030.