La crisi sanitaria, economica e sociale scatenata dalla pandemia di Coronavirus ci ha fatto capire che la società di domani, quella che uscirà da questo periodo segnato da dolore per la perdita di vite umane e dall’incertezza per il futuro, dovrà reggersi su un nuovo paradigma di economia civile. “La generatività deve essere la frontiere del benessere per i prossimi anni”, spiega a Interris.it il professor Leonardo Becchetti, economista, docente ordinario all’Università di Roma Tor Vergata e membro del Comitato per le Settimane sociali. “Dobbiamo puntare a società che creino le condizioni per una ricchezza di senso di vita per i cittadini” e “creare valore economico responsabile sotto il profilo sociale e quello ambientale”, illustra Becchetti nell’intervista rilasciata a Interris.it. Intanto, la società di oggi è esposta all’andamento della pandemia. Una settimana fa, la notizia della nuova variante che l’Organizzazione mondiale della Sanità ha denominato Omicron e l’incertezza su quali saranno i suoi effetti ha spaventato il mondo della finanza, lo Stoxx 600 – che racchiude i principali titoli quotati europei – ha registrato un ribasso del 3,7%, l’equivalente di circa 390 miliardi “bruciati”.
L’intervista
Alla notizia dell’isolamento della nuova variante di Coronavirus, denominata Omicron dall’Oms, lo scorso 26 novembre è stato un “venerdì nero” per i mercati finanziari mondiali e si è registrato un crollo del prezzo del petrolio. Professore, ci spiega perché è successo?
“I mercati finanziari anticipano ciò che accadrà o potrebbe accadere – e l’effetto è immediato –, il timore di nuovi lockdown e di un rallentamento dell’economia. Da un eventuale rallentamento ci si aspetta una diminuzione della domanda delle materie prime. In realtà dovrebbe accadere che il virus, mutando, diventi sì più contagioso ma anche meno nocivo e la combinazione di vaccinazione e misure come il distanziamento dovrebbe portarci fuori dal tunnel della pandemia, nonostante le varianti. Certo, questo conferma quello che sostenevamo con la campagna per la globalizzazione dei vaccini, cioè che la pandemia è un problema globale e siamo tutti interconnessi. Dobbiamo cercare di aumentare la copertura dei vaccini nei Paesi poveri, da lì altrimenti arriveranno nuove varianti che la metteranno a rischio”.
Quello che è successo in borsa e nel mercato dell’energia come poi si traduce sulla vita delle persone?
“Dobbiamo ringraziare l’Unione Europea e il nostro governo perché hanno messo in campo una serie di misure eccezionali che ci hanno protetto dalla maggior parte degli effetti economici negativi. Quando gli storici quando guarderanno alle politiche poste in atto non potranno che considerarle straordinarie. Coprirsi da ogni rischio ed evenienza è impossibile, viviamo nella società del rischio – da quello climatico a quello pandemico – e dobbiamo diventare resilienti. Dobbiamo cioè sviluppare quella virtù che ci rende meno esposti alle conseguenze negative degli shock”.
Dopo la fase più dura della crisi sanitaria, sociale ed economica scatenata dalla pandemia l’economia dell’Unione europea ha ripreso a crescere, secondo le previsioni infatti il nostro Paese quest’anno dovrebbe veder aumentare il suo Pil del 6%. Come mai allora nel Vecchio Continente si registra un’alta inflazione, al 6% in Germania questo novembre?
“L’inflazione elevata è il portato della difficoltà della logistica nel settore della produzione dove le regole di precauzione sanitaria, così come noi dobbiamo rispettare tante regole che prima non esistevano nella nostra vita di tutti giorni, impediscono un funzionamento perfetto. Un’altra componente è il prezzo dell’energia, molto aumentato per il divario tra domanda ed offerta. La correlazione tra crescita economica e inflazione non è però una sorpresa, l’aumento dei prezzi proviene da un ‘surriscaldamento’ dell’economia, quando questa è in crescita”.
Che impatto un’inflazione sopra le stime può avere sulla ripresa, e di conseguenza sulla vita dei cittadini europei?
“L’inflazione ha un pregio che è quello di ridurre il nostro rapporto debito/Pil, però quando i prezzi salgono più dei salari, cosa che solitamente accade, si riducono il mio potere di acquisto e, se i rendimenti non sono superiori al tasso d’inflazione, il valore della ricchezza”.
La crisi su più livelli scatenata dalla pandemia, ci ha dimostrato quanto siano collegate tra loro economia e salute, quindi la sanità. Quali possono essere le scelte, in campo economico, atte a rafforzare la salute e la sanità delle persone?
“La pandemia ci ha fatto capire quanto è fragile un sistema che si fonda solo sugli ospedali e le grandi strutture che diventano veicolo della diffusione del virus nelle pandemie. Le cure vanno iniziate a casa e sul territorio, è lì che bisogna investire rafforzando il sistema dei medici di base, anche con l’ausilio delle nuove tecnologie come la telemedicina. Dobbiamo inoltre abbattere le polveri sottili, la seconda causa di morte nel pianeta. In Italia i livelli d’inquinamento dell’aria sopra la soglia consigliata dall’Oms hanno prodotto – secondo quanto dichiarato dalla stessa organizzazione – oltre 32.000 morti nel 2019. E la correlazione tra livello di morti nella prima ondata e inquinamento dell’aria è stata particolarmente forte, coerentemente con i risultati delle ricerche mediche che indicano come l’esposizione di lungo periodo alle polveri causi un indebolimento di polmoni e alveoli dunque una minore capacità di resistenza alle malattie polmonari come quelle provocate dal COVID-19”.
Si sente spesso dire dopo l’eccezionalità del periodo che stiamo viviamo da oltre un anno e mezzo, non si dovrà tornare alla normalità “di prima”, ma a una nuova. Cosa va cambiato allora?
“Con la rivoluzione digitale e transizione ecologica dobbiamo puntare decisamente a società che creino le condizioni per una ricchezza di senso di vita per i cittadini: la generatività deve essere la frontiera del benessere per i prossimi anni. Dobbiamo creare valore economico responsabile sotto il profilo sociale e quello ambientale e puntare a società generative, facilitando la creazione di imprese e organizzazioni sociali e promuovendo la longevità attiva, ma anche combattere la piaga dei giovani che non lavorano né studiano. Tutto questo è possibile attraverso l’affermazione di un paradigma di economia civile, dove il cambiamento non demandato solo alle autorità. Cittadinanza attiva e imprese responsabili sono e dovranno essere motori di un cambiamento che ha bisogno di spinte dal basso oltre che di quelle dall’alto”.