E’ più equa una società che garantisce la cittadinanza digitale. Alla plenaria della Pontificia Accademia della Vita, il Papa ha tracciato il sentiero. Le nuove tecnologie “possono portare a frutti di bene”. Ma serve “un’azione educativa più ampia”. Per valorizzare “le grandi potenzialità di questi strumenti”.
Epoca digitale
“L’epoca digitale cambia la percezione dello spazio. Del tempo. E del corpo- evidenzia il Pontefice-. Infonde un senso di espansione di sé. Che sembra non incontrare più limiti. Così l’omologazione si afferma come criterio prevalente di aggregazione. Riconoscere e apprezzare la differenza diventa sempre più difficile”. Infatti “gli utenti sono spesso ridotti a consumatori Asserviti a interessi privati concentrati nelle mani di pochi. Gli algoritmi estraggono dati che consentono di controllare abitudini mentali e relazionali. Per fini commerciali o politici. Spesso a nostra insaputa“.
Risorsa
Un’asimmetria. Per cui, secondo Francesco, “alcuni pochi sanno tutto di noi. Mentre noi non sappiamo nulla di loro. Ciò intorpidisce il pensiero critico. E l’esercizio consapevole della libertà. Le disuguaglianze si amplificano a dismisura. La conoscenza e la ricchezza si accumulano in poche mani. Con gravi rischi per le società democratiche”. Si tratta di rischi che però “non devono nasconderci le grandi potenzialità che le nuove tecnologie ci offrono. Siamo davanti a un dono di Dio“. Ossia a “una risorsa che può portare frutti di bene”.
Carta dei diritti
La Carta della cittadinanza digitale sancisce un fondamentale diritto di cittadini e imprese. E cioè, attraverso l’utilizzo delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, accedere a tutti i dati. I documenti. E i servizi di loro interesse in modalità digitale. Ciò per garantire la semplificazione nell’accesso ai servizi alla persona. Riducendo la necessità dell’accesso fisico agli uffici pubblici.
Foreste connesse
Il professor Massimo Di Felice è sociologo dell’Università La Sapienza di Roma. Direttore del Centro di ricerca sulle reti digitali Atopos. Studioso di paesaggi urbani e post urbani. Tra Lisbona. Parigi. Roma. E l’Amazzonia. Dove molte foreste sono già connesse online. Spiega il professor Di Felice: “Esiste una cittadinanza digitale che riguarda noi umani. E che che punta ad amplificare su internet i diritti ereditati dalle democrazie occidentali. E poi c’è una cittadinanza che estende la partecipazione anche ad altre specie viventi. Di virus alle piante. O a figure come una città, un robot, un oggetto. Perché tutte le cose oggi possono prendere parte alle decisioni comuni. Attraverso sensori. Algoritmi. Blockchain. Trasformando la propria presenza in dati rilevanti per le scelte. Come già accade nelle riunioni Onu sul clima”.
Il cambiamento digitale
Questa è l’affascinante tesi del protagonista dell’episodio #22 del podcast “Codice Beta” sui visionari. Il direttore del Centro di ricerca sulle reti digitali Atopos guida gli ascoltatori dentro una comprensione del web. Che anticipa il grande cambiamento in atto. In cui si rivelano metafore e indicatori sorprendenti del nostro futuro. Come lo sciamanesimo. O gli indios che usano le tecnologie per salvare gli alberi. “Un parlamento delle piante sembra un’utopia, ma lo è davvero?”, si chiede il sociologo. La “cittadinanza digitale” è un insieme di diritti/doveri. Mira a semplificare il rapporto tra cittadini, imprese e pubblica amministrazione. Tramite le tecnologie digitali. Grazie al supporto di una serie di servizi e strumenti. Ossia l’identità, il domicilio, le firme digitali.