“La globalizzazione dell’indifferenza è il prodotto della cosiddetta ‘cultura dello scarto‘ stigmatizzata in più circostanze da papa Francesco. Dio si manifesta nel tempo ed è presente nei processi della storia umana”, spiega a Interris.it padre Giulio Albanese. Fa parte della congregazione dei missionari comboniani.
Padre Albanese:”Serve un supplemento di amore”
Padre Giulio Albanese ha diretto in Kenya il “New People Media Centre” di Nairobi, ha fondato l’agenzia missionaria internazionale Misna ed è stato il responsabile delle riviste delle Pontificie Opere Missionarie (Missio, Popoli e missioni, Il Ponte d’Oro). Dal 2018 è il direttore della rivista “Amici di Follereau” ed è membro del Comitato per gli interventi caritativi a favore dei Paesi del Terzo Mondo della Conferenza episcopale italiana.
“Come ha detto ripetutamente papa Bergoglio, le risposte possono essere molteplici. Come Chiesa abbiamo la sacrosanta responsabilità di “avviare processi”, evitando di occupare spazi di potere che contaminano il cuore degli uomini. Dio, infatti, si manifesta nel tempo ed è presente nei processi della storia umana”.
Può farci un esempio?
“Questo indirizzo, se giustamente interpretato, porta necessariamente a privilegiare le azioni che generano dinamiche nuove per affermare il primato della persona umana creata ad immagine e somiglianza di Dio. E richiede pazienza, attesa. Detto questo è evidente che la ‘conditio si ne qua non’ contro la crisi di civiltà che interessa in modo pervasivo questo primo segmento spazio-temporale del Terzo Millennio, con la conseguente affermazione del pernicioso “pensiero debole” che condiziona la società contemporanea, è il discernimento”.
“Il discernimento consiste nel saper leggere i ‘segni dei tempi’ di cui parla il Concilio, alla luce del messaggio evangelico per poi agire cristianamente, passando dalle parole ai fatti. Se così fosse oggi non saremmo di fronte a una così diffusa ed endemica ‘crassa ignorantia’ da parte di molti fedeli rispetto ai dettami del Vangelo. Il fatto che vi siano molti “devoti” o presunti tali che vanno a Messa alla domenica e poi ostentano insofferenza nei confronti dei migranti la dice lunga”.
“Sono vuoti da riempire che esigono il dono della conversione. Una conversione che può scaturire risvegliando non solo i neuroni celebrali, ma anche e soprattutto quelli dell’anima. Vittorio Bachelet, vittima delle spietate Brigate Rosse, diceva: ‘non si vince l’egoismo mostruoso che stronca la vita se non con un supplemento di amore’. Qui non si tratta solo di concepire l’ethos, come modus vivendi, prassi e costume, ma anche come fondamento del vivere e dell’agire umano. Su di un piano più squisitamente laico, occorre sostenere il primato della riflessione su ogni genere di banalizzazione e chiacchiericcio, evitando di scadere nei pregiudizi o nei luoghi comuni”.
“L’idiota giulivo è il semplificatore che aborrisce la complessità e nel giudizio divide sempre e comunque lo scenario tra buoni e cattivi, riducendo la realtà ai soliti stereotipi stile film western dove fin dalle prime battute si sa chi sono i buoni (i cowboy) e i cattivi (gli indiani). Alla prova dei fatti, l’idiota giulivo è l’incompetente che non solo è inconsapevole di esserlo, ma non avendo alcuna competenza causa danni enormi a sé stesso e agli altri”.
“Gli effetti di questa patologia, oggi dilagante, sono sotto gli occhi di tutti. Poco importa che si tratti della questione migratoria o delle divergenze di opinione sulle vaccinazioni, quando scendono in piazza con fare altezzoso questi signori, il confronto è spesso segnato da riottosità e polemiche a non finire per la supponenza che ostentano in modo disinvolto, convinti come sono di avere la verità in tasca”.
“Il rischio, sempre in agguato, è quello d’essere contaminati dal ‘virus’ della stupidità di cui, per così dire, l’idiota giulivo è l’archetipo. Alla comunità cristiana, come d’altronde a tutte le agenzie educative in campo, il compito di contrastare questo indirizzo promuovendo il discernimento, l’esercizio del pensiero, influenzato e illuminato, per chi crede, nella fede, dallo Spirito Santo”.
“A dire il vero si tratta di una sottocultura, espressione della progressiva mercificazione della condizione umana. Questo scadimento valoriale narcotizza le coscienze e deve essere contrastato in modo perspicace. Lungi da ogni retorica, non possiamo stare alla finestra a guardare. Sarebbe ora, ad esempio, che la Dottrina Sociale della Chiesa entrasse a pieno titolo nella pastorale ordinaria delle nostre comunità”.
“Qui si tratta di comprendere, con il cuore e con la mente, che abbiamo un destino comune e che occorre consolidare la ‘Res publica’ dei popoli. I ripetuti richiami al multilateralismo e all’abbandono definitivo della deterrenza da parte di papa Bergoglio costituiscono un invito a riscoprirci davvero tutti fratelli. Un orientamento che riguarda anche la necessità di radicali cambiamenti nell’areopago della economia finanziaria che, dal mio modesto punto di vista, è davvero ‘terra di missione’.
“I meccanismi speculativi – è bene rammentarlo – in questi anni hanno acuito a dismisura le diseguaglianze. È vero che queste problematiche erano pre-esistenti alla pandemia del coronavirus, ma oggi fanno davvero paura. Per questo non possiamo stare alla finestra a guardare. Usciremo da questa crisi solo se sceglieremo di capire, come dice papa Francesco, che ‘nessuno si salva da solo'”.