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Le cause sociali e individuali che hanno portato al calo della natalità

Si è appena celebrata la giornata internazionale delle famiglie, giunta alla sua 30esima edizione e contemporaneamente è tornato prepotentemente nei giorni scorsi il dibattito sul grave problema della denatalità che, negli ultimi 15 anni, in maniera drammatica affligge il nostro Paese. Si è passati infatti dai 576.659 nuovi nati nel 2008 ai 392.600 nel 2022, ponendoci di fatto tra gli ultimi paesi europei in termini di natalità.

Questa situazione determina un forte impatto sulla sostenibilità dello Stato sociale. Una popolazione sempre più anziana, infatti, fa lievitare i costi del sistema previdenziale e del Sistema Sanitario Nazionale. Se però la popolazione attiva diminuisce e il numero di contribuenti cala, la fiscalità generale si addossa un peso che non può sopportare.

Del resto la difesa della famiglia e la natalità rappresentano una puntuale prescrizione nella nostra Costituzione che all’art. 31 recita “La Repubblica agevola con misure economiche e altre provvidenze la formazione della famiglia e l’adempimento dei compiti relativi, con particolare riguardo alle famiglie numerose. Protegge la maternità, l’infanzia e la gioventù, favorendo gli istituti necessari a tale scopo”.

Al raggiungimento di tale denatalità hanno contribuito, nell’ultimo ventennio, varie cause: sociali, come il fattore culturale, la precarietà lavorativa, l’incertezza politico-economica, le politiche familiari insufficienti e individuali riconducibili alla sterilità di coppia (15%), la contraccezione e l’interruzione volontaria della gravidanza (IVG) incentivata da pillole abortive sempre più sofisticate.

Si è discusso su questa tematica all’Auditorium Conciliazione nei giorni 11-12 maggio dove si sono riuniti, intervenendo alla terza edizione degli Stati Generali della Natalità, rappresentanti della politica, istituzioni, aziende, banche, media, mondo della cultura e dello spettacolo, società civile, ponendo come obiettivo quello di raggiungere almeno 500mila nascite all’anno.

Gianluigi De Palo, presidente della Fondazione per la Natalità, aprendo i lavori, ha affermato “siamo al record negativo di 393mila nascite contro 713mila morti. Se non cambia qualcosa, tra qualche anno, crollerà tutto”. Le previsioni per i prossimi anni sono che i 59 milioni di italiani di oggi, scenderanno a 48 milioni scarsi, spariranno quindi 11 milioni di persone. La scuola d’altronde ne sta già risentendo, il prossimo anno scolastico infatti ci saranno 110 mila studenti in meno e tra dieci la popolazione studentesca potrebbe passare dagli attuali 7,4 milioni a 6 milioni.

Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella nel suo messaggio augurale ha affermato che “alle Istituzioni compete la responsabilità di attuare politiche attive”, per “permettere alle giovani coppie di realizzare il loro progetto di vita, superando le difficoltà di carattere materiale e di accesso ai servizi che rendono ardua la strada della genitorialità”. Al Presidente della Repubblica ha fatto eco il Presidente del Consiglio Giorgia Meloni che, nell’occasione, ha affermato relativamente alla natalità “è la nostra prima e più grande sfida” e ha proseguito che occorre “creare le condizioni favorevoli” per sostenerla. Sulla stessa linea il Ministro della Famiglia Eugenia Roccella che ha aggiunto “c’è l’esigenza primaria di conciliare il lavoro femminile con la maternità”.

In questo clima di promozione della natalità da parte delle Istituzioni, lascia perplessi il provvedimento dell’Aifa (Agenzia Italiana del Farmaco) che, dopo aver aperto l’8 ottobre dello scorso anno alla libera vendita senza prescrizione medica alle minorenni delle così dette “Pillole del giorno e dei 5 giorni dopo” che è scientificamente dimostrato nel 15% dei casi risultano essere abortive (aborti nascosti), anziché investire  risorse nell’affrontare la sterilità di coppia, ha ritenuto lo scorso 21 aprile di approvare la gratuità della pillola anticoncezionale, per tutte le donne di tutte le fasce d’età con un costo totale per le casse dello Stato stimato in circa 140 milioni di euro l’anno  sottratti al SSN (Sistema Sanitario Nazionale).

A sostegno di politiche ideologiche anti-natalità, nei giorni scorsi ad Ancona si è tenuta la manifestazione nazionale di un movimento pro aborto, che ha visto scendere in piazza alcune centinaia di persone che hanno costretto i partecipanti pro-life, intervenuti pacificamente per ricordare a tutti che il bambino non ancora nato è il più povero dei poveri e come tale va difeso e sempre accolto, ad abbandonare la loro testimonianza scortati dalla polizia. Il Movimento ha manifestato chiedendo misure ancor più permissive riguardo all’aborto. Esse si possono sintetizzare nell’abolizione dei 7 giorni di riflessione dopo certificato IVG e dell’art. 9 sull’obiezione di coscienza, nella somministrazione della RU486 in tutti gli ospedali e consultori e nella richiesta di estensione del numero di settimane per accedere all’IVG, di sperimentazione dell’aborto tele-medico e formazione di tutto il personale perché sia garantita accoglienza adeguata a tutte le persone che decidono di abortire.

Del resto a riprova di tale dottrina abortista, già il 21 aprile scorso presso la biblioteca statale di Macerata il previsto Convegno “Maternità In Attesa” organizzato da Pro Vita & Famiglia, incentrato sulla salute delle donne e il loro diritto a non abortire, era stato violentemente contestato dai collettivi femministi, tanto che ha richiesto l’intervento della Digos prima di poter iniziare. Al contrario di quanto sostenuto da questo movimento, che non sembra volersi rendere conto della drammaticità dell’inverno demografico cui versa il nostro Paese (66.000 aborti nel 2022), è indubbio che nell’affrontare la problematica dell’IVG non si può non tener conto del progresso tecnologico in ambito scientifico che, rispetto all’epoca della legiferazione della 194/78, ha aperto orizzonti nuovi riguardo all’embrione, relativamente a quello che allora veniva definito “grumo di sangue”. Risulta del tutto evidente infatti che, allo stato attuale, la L. 194 così come concepita allora, oggi risulta obsoleta e quindi migliorabile. Il tema giuridico del diritto infatti è molto complesso e delicato perché se è vero che all’applicazione della L. 194 esisteva soltanto un soggetto di diritto che era rappresentato dalla donna la quale, in base al principio di autodeterminazione “il corpo è mio e lo gestisco io” era la sola a decidere, oggi è scientificamente dimostrato che con l’aborto si interrompe una vita. Ecco allora che, nell’epoca attuale, si presenta un altro soggetto di diritto, “l’embrione”, che ancor più diviene soggetto di diritto nel momento in cui si trova nella condizione di essere privato della vita e non potersi difendere, negando inoltre un diritto anche al padre che, attualmente, nulla può giuridicamente rivendicare riguardo la vita del proprio figlio.

E’ auspicabile che questo incontro degli Stati Generali della Natalità dia seguito a programmi che, promuovendo la cultura della vita, possano combattere l’inverno demografico sempre “più freddo e buio”, incentivando la natalità attraverso politiche di sostegno alle famiglie, promuovendo la procreazione responsabile e migliorando la legge 194.

Desideriamo qui ricordare infine le parole di Papa Francesco pronunciate nel recente confronto sulla Natalità: “Ridare impulso alla natalità vuol dire riparare le forme di esclusione sociale che stanno colpendo i giovani e il loro futuro. Ed è un servizio per tutti: i figli non sono beni individuali, ma persone che contribuiscono alla crescita di tutti apportando ricchezza umana e generazionale “; proseguendo con parole di speranza “La speranza si nutre dell’impegno per il bene da parte di ciascuno. Cresce quando ci sentiamo partecipi e coinvolti nel dare senso alla vita nostra e degli altri. Alimentare la speranza è dunque un’azione sociale, intellettuale, artistica; politica nel senso più alto della parola; è mettere le proprie capacità e risorse al servizio del bene comune: è seminare futuro. Non rassegniamoci al grigiore e al pessimismo sterile“.

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