Cattin (Uneba Lombardia): “Gli anziani sono le radici della nostra società”

In Italia, l’invecchiamento della popolazione è sempre più evidente rispetto ai decenni passati. Nel paese ci sono più di tredici milioni di persone che appartengono alla fascia di età over 65 e, per ogni bambino nato, si contano in media 5,4 anziani rispetto alla media di un anziano per ogni bambino del 1951.

L’opera di Uneba

I nuovi bisogni di cura emersi con l’invecchiamento generale della popolazione necessitano di forme innovative di presa in carico. Uneba, acronimo di Unione Nazionale Istituzioni e Iniziative di Assistenza Sociale, su questo versante, da oltre mezzo secolo, rappresenta la più longeva organizzazione di categoria del settore sociosanitario, assistenziale e educativo, con oltre mille enti associati in tutta Italia, quasi tutti non profit di radice cristiana. Interris.it, in merito a questa esperienza di inclusione e cura, ha intervistato la dott.ssa Paola Cattin, responsabile della formazione degli operatori e dei professionisti che lavorano all’interno delle realtà di Uneba Lombardia, prendendosi cura di chi si prende cura, attraverso la trasmissione di competenze e sostegno. È autrice del libro intitolato “Mi ricorderò per sempre“, edito da Editrice Dapero, che ha raccontato la pandemia da Covid – 19 con lo sguardo calato dentro le strutture di cura.

La dott.ssa Paola Cattin di Uneba Lombardia (© Christian Cabello)

L’intervista

Come nasce e che obiettivi ha “Uneba”?

“‘Uneba’ è una associazione di categoria che nasce per intuizione dell’allora arcivescovo di Milano Giovanni Battista Montini, poi diventato Papa Paolo VI nel 1963, con l’intento di radunare sotto un unico nome gli enti di assistenza benefica di quegli anni, nati o per lo slancio dei privati verso l’assistenza alle persone più fragili o per volontà di realtà religiose che si facevano carico dei bisogni delle persone più deboli, in particolare di minori, anziani e disabili. ‘Uneba’, ad oggi, è diffusa su tutto il territorio nazionale. In Lombardia sono associate oltre 400 strutture, per un totale di ventimila operatori e circa duemila posti letto”.

In questo frangente storico le persone anziane e con fragilità sono in aumento, come cambia la loro presa in carico?

“La presa in carico delle persone anziane, ad oggi, è totalmente diversa rispetto a quella che era negli anni ’60 e ’70 dove c’era una risposta di tipo sociale, invece ora è di tipo sociosanitario perché, accanto ai bisogni sociali ci sono quelli di tipo sanitario e il nuovo ruolo della famiglia che si affianca alla persona anziana o con disabilità. Le nostre realtà, quindi, non si prendono più a carico solo della persona con fragilità, ma dell’intera famiglia, accompagnandola in tutti gli ambiti di vita e di cura, partendo ad esempio dall’assistenza domiciliare, dai centri diurni, fino ad arrivare a proposte di residenzialità definitiva.”

Papa Francesco, nell’enciclica Laudato Sì, sottolinea l’importanza di prenderci cura della nostra “casa comune”. In che modo possiamo farlo attraverso l’assistenza agli anziani?

“La ‘casa comune’ di cui ci parla Papa Francesco è costituita dalle persone che abitano i diversi luoghi. Le radici di ogni casa sono gli anziani che, con i loro sforzi, hanno fatto evolvere la società a ciò che è oggi. Prendersi cura di loro significa onorare le nostre radici che oggi ci fanno sì che possiamo essere una società aperta e accogliente nei confronti della fragilità delle persone, scoprendo in essa una grande forza.”

Christian Cabello: