Catechisti e influencer. Descritta spesso come la “Woodstock cattolica”, la Giornata Mondiale della Gioventù è un evento di cinque giorni che si tiene una volta ogni tre anni per i giovani cattolici. Centinaia di migliaia quelli che hanno risposto all’appello di Papa Francesco all’ultima Gmg. Le autorità portoghesi parlano di 1,2 milioni di persone arrivate da tutto il mondo. Ospitati in scuole, palazzetti dello sport o case private a Lisbona e dintorni, la loro giornata inizia la mattina presto con la preghiera, la meditazione e, per molti, il catechismo. Ma la giornata è lunga e, dopo le preghiere e le cerimonie guidate dal Papa, ci si diverte, anche fino a tarda notte. Anche papa Francesco è sembrato nutrirsi dell’energia giovanile che lo circonda. In un momento particolarmente coinvolgente ha persino “chiamato” la folla. Chiedendo di urlargli che la Chiesa è un luogo per “le cose da fare”: “Ripetete dopo di me. Todos, todos, todos. Non riesco a sentirvi… Todos, todos, todos.” In Portogallo il Pontefice ha riaffermato la necessità di preservare l’ambiente per le generazioni future. Ma ha parlato anche di aborto ed eutanasia. Infine al santuario di Fatima ha pregato “in silenzio con dolore“, come ha riferito il portavoce vaticano Matteo Bruni. Per la pace in tutto il mondo. Di fronte all’immagine della Vergine nella cappella delle apparizioni.
Dalla Gmg ai catechisti
Tracciare l’identikit del catechisti può aiutare a migliorare l’evangelizzazione. Ad approfondire un ruolo e una figura fondamentali per la trasmissione della fede è un questionario di cinquanta domande. L’Istituto di Catechetica della Facoltà di Scienze dell’educazione della Pontificia Università Salesiana ha realizzato l’indagine “Catechisti oggi in Italia”. Ne emerge l’identikit del catechista. L’educatrice che avvicina alla religione i bambini e i ragazzi delle comunità parrocchiali è donna, colta, tra i 40 e i 60 anni. Con grande dedizione e spirito di solidarietà e generosità viene garantita la preparazione ai sacramenti. La professoressa Teresa Doni è docente di ricerca empirica in Pastorale Giovanile e Catechetica. Insegna alla Facoltà di Scienze della comunicazione sociale. Alla Facoltà di Teologia dell’Università Pontificia Salesiana. E alla facoltà di Scienze sociali della Pontificia Università San Tommaso (Angelicum) di Roma. “i catechisti si riconoscono principalmente come testimoni– spiega la professoressa Doni a Parola di Vita-. Viene infatti affermato a più riprese che senza la testimonianza di vita la catechesi non è ‘autentica’. Il risvolto della medaglia è rappresentato dal fatto che traspare una prospettiva secondo la quale la testimonianza sarebbe sufficiente da sola per l’educazione alla fede. A prescindere dalle competenze ‘professionali’. Ciò pone interrogativi per il dispositivo formativo“.
Formazione
Gli intervistati desiderano una formazione più attenta alla loro crescita spirituale. La catechesi non è vista come trasmissione nozionistica dei fondamenti cristiani. E come percorso finalizzato alla sola ricezione dei sacramenti. Quanto piuttosto come una realtà dinamica. Nella logica della formazione permanente alla vita cristiana. Tuttavia l’impegno formativo si concentra in parte preponderante nell’accompagnamento degli itinerari di preparazione ai sacramenti. Vengono indicati tre ambiti su cui concentrare gli sforzi. Per rendere la catechesi significativa nell’attuale società della comunicazione. E cioè il profondo rinnovamento del linguaggio. La cura della preparazione dei catechisti. L’aggiornamento dei contenuti che trasmette. Fondamentale il coinvolgimento della famiglia. Da un lato lo si considera il luogo privilegiato di catechesi. Superiore anche a quella parrocchiale. Dall’altro è considerata il principale ostacolo alla catechesi con i ragazzi. Preoccupa la scarsa attenzione rivolta alla dimensione sociale della catechesi. E alla conoscenza e utilizzo dei mezzi di comunicazione sociale.
Identikit dei catechisti
È sempre più accentuata la tendenza all’innalzamento dell’età, cosa che rispecchia in qualche modo l’invecchiamento della popolazione che frequenta le nostre parrocchie. Sotto i 40 anni si trova il 33,5% del campione maschile e il 16% di quello femminile.
Quasi la metà del campione (47,3%) dichiara di essere catechista da più di 12 anni. E il 19,3% svolge questo servizio da 7 a 12 anni. Le new entry non sono costituite solo da giovani reclute. Ma riguardano persone più adulte in età. L’attività catechistica principale rimane quella della preparazione ai sacramenti. 41,2% con fanciulli della scuola primaria. 24,1% con preadolescenti della scuola media. 7,4% con adolescenti. 4,7% con nubendi. Il livello culturale è elevato. Il 79,9% del campione è diplomato o laureato. Mentre è veramente basso in proporzione il numero di persone che possiedono un titolo di studio ecclesiale “professionalizzante”. La percentuale di coloro che hanno una preparazione teologica e di cultura religiosa adeguata al compito è veramente minima. 313 soggetti. Di cui 84 presbiteri, diaconi o religiosi/e. i più giovani, in particolare, sono quelli che non hanno frequentato nessun corso ecclesiale specifico. Relativamente alle zone territoriali, il 42,4% del campione risiede nelle regioni del Nord Italia (Piemonte. Liguria. Lombardia, Triveneto). il 21,5 al Centro (Emilia Romagna, Toscana, Marche, Umbria e Lazio). Il 14,3 al Sud (Campania, Abruzzo-Molise, Puglia, Calabria) .E il 13,6% nelle Isole (Sicilia, Sardegna e isole minori).
Oltre la crisi
Oggetto preferenziale dell’inchiesta è stata la questione educativa della catechesi. In rapporto alla vita e alla missione dei catechisti italiani che operano nelle comunità parrocchiali. Tenendo conto del cambiamento del contesto antropologico. Alla domanda che chiedeva ai catechisti se, in base alla loro esperienza, la catechesi attuale stesse attraversando o meno un periodo di crisi, il 36,5% risponde affermativamente. Il 55,4% che “incontra alcune difficoltà”. E lo 0,6% che “non presenta alcun problema”. I motivi per cui si ritiene che la catechesi stia attraversando un momento di crisi o stia incontrando delle difficoltà, per la maggior parte del campione risiedono in fattori in qualche modo esterni alla catechesi stessa. E imputabili alla scarsa comprensione della sua autentica natura. Per il 74,6% infatti, la crisi della catechesi dipende dal considerarla “come semplice preparazione ai sacramenti“. E per il 70,2% “dal fatto che le famiglie e i ragazzi considerino la catechesi come un obbligo e non come una scelta” (70,2%). Sulla stessa linea sono coloro che ritengono che le difficoltà della catechesi dipendano “da un generale disinteresse nei confronti della religione” (56%). “Dalla generale crisi educativa del periodo attuale” (52,8%) . E “dall’incapacità degli adulti, in particolare dei genitori, di assumersi le proprie responsabilità” (49,5%). Molto più bassa è invece la percentuale di chi attribuisce le cause dell’attuale difficoltà della catechesi a fattori organizzativi. E in qualche modo legati alla formazione di chi fa catechesi. Per il 21,8% dipende dalla “carente preparazione pedagogico-didattica dei catechisti”. E per il 18,9% dalla loro “scarsa preparazione teologica“. Il 10% ascrivono la crisi all’”inesistenza di percorsi personalizzati di fede”. Il 9% alla “mancanza di una corretta programmazione catechistica”. Il 6,7% alla “scarsa formazione catechetica dei parroci”. E infine, il 5,1% alla “marginalità della catechesi rispetto alle altre attività della parrocchia”.