“L’idea di una struttura che offrisse un letto e un pasto caldo ai più bisognosi, risale al 2002. È don Pio Costanzo, parroco della Parrocchia di Cristo Re a Porto d’Ascoli a decidere di costruire una casa da dedicare completamente alla carità. La parrocchia di Cristo Re era proprietaria di un terreno che doveva servire per la creazione di una nuova parrocchia nella zona vicina al mare. Si prevedeva, infatti, un forte sviluppo demografico, ma, a causa dell’alluvione del 1992, la crescita demografica si fermò e venne accantonata l’idea di costruire una nuova chiesa e un nuovo complesso parrocchiale”. Inizia così il racconto per Interris.it di don Gian Luca Rosati, parroco della Parrocchia Cristo Re a Porto d’Ascoli, frazione di San Benedetto del Tronto, e responsabile della Casa di Accoglienza Giovanni XXIII.
“Il terreno fu venduto da don Pio e con il ricavato della vendita, la parrocchia iniziò la costruzione della Casa di Accoglienza. Don Pio seppe coinvolgere tutta la comunità parrocchiale – continua don Rosati – che si è sempre dimostrata molto generosa e solidale nelle iniziative di carità. Così ci fu il contributo generoso di tutti per la realizzazione di questa nuova opera. Contribuirono anche benefattori di tutta la zona (anche abitanti di altri comuni) e non solo della parrocchia. Le numerose donazioni ricevute, hanno permesso nell’arco di undici mesi di portare a termine la costruzione della struttura e di iniziare l’opera di accoglienza nell’aprile 2004″.
Com’è strutturato oggi il centro?
“La nostra casa di Accoglienza dispone oggi di 9 posti letto e di una mensa. In sedici anni di attività la casa ha dato alloggio a centinaia di persone, offrendo migliaia di pasti caldi agli ospiti che vivono nella casa e alle persone di passaggio che quotidianamente fanno richiesta di un pasto caldo. In tutti questi anni la struttura si è mantenuta economicamente grazie alle continue donazioni dei fedeli e grazie alla collaborazione di molte persone”.
A chi si rivolge il progetto? Chi sono i destinatari?
“Il progetto si rivolge a ogni persona che chiede un aiuto alla comunità parrocchiale. I destinatari sono in modo particolare i senzatetto, o le persone che hanno perso il lavoro e quindi la possibilità di sostenere le spese di un affitto, o le persone che, non trovando lavoro, non possono ancora prendere un appartamento in affitto. I destinatari sono anche tutte le persone di passaggio che hanno fame e desiderano un pasto caldo ogni giorno. Destinatari del progetto sono, infine, tutti i parrocchiani, chiamati a scoprire le occasioni per fare il bene, esprimendo l’amore per Dio e per il prossimo”.
Quali obiettivi si vogliono raggiungere e che vantaggi offre questa idea alla comunità?
“L’obiettivo per tutti è riconoscersi amati da Dio e riconoscere nell’altro, in qualsiasi altro, una persona amata da Dio. Il figlio che ritorna dal padre nella parabola del Padre misericordioso, per il padre resta sempre il figlio, il figlio amato; così l’uomo derubato e lasciato mezzo morto dai briganti nella parabola del Buon Samaritano, resta un uomo a cui farsi prossimo per il Samaritano che si ferma e ha compassione di lui…Così oggi c’è tanto bisogno che ogni persona non sia guardata come una periferia distante, ma sempre come un centro a cui avvicinarsi, un centro per cui offrire la vita sempre. Ognuno di noi nella vita si trova sempre nella condizione del padre, del figlio, del Samaritano, dell’uomo malmenato e mezzo morto, della periferia… e ogni volta ognuno di noi desidera essere considerato semplicemente come una persona, degna di ricevere attenzione, solidarietà, ascolto, comprensione, perdono,… amore. Molti bussano alla nostra porta cercando uno sguardo di fiducia dopo l’ennesimo fallimento… La comunità cristiana così si allena a vigilare per saper riconoscere in ogni uomo il Cristo Risorto. Avere una casa di Accoglienza nel territorio parrocchiale è, dunque, un bene per ogni parrocchiano: le occasioni per vivere il Vangelo si moltiplicano all’infinito”.
Quali sono state le principali emozioni nel vedere gli occhi delle persone quando hanno capito di poter avere un tetto? Qualche aneddoto che ha particolarmente scaldato il cuore?
“Quando si può ospitare qualcuno, sicuramente in tutti noi c’è una forte emozione perché la persona si sente accolta e sollevata da un problema serio: il problema dell’abitazione. Penso che tutta la società dovrebbe impegnarsi perché ciascuno abbia una casa, un luogo in cui vivere e sentirsi accolto, rispettato, amato. La mancanza di una casa e di un lavoro porta le persone a perdere fiducia e a trascurarsi. Nei primi giorni dopo l’accoglienza, vediamo gli ospiti recuperare il sorriso e nei loro occhi sicuramente si nota il ritorno di un po’ di fiducia in se stessi e nella società, o almeno nella piccola comunità che è la nostra parrocchia. Questo sicuramente è solo un piccolo inizio, ma ci fa pensare che se ci fosse una rete di collaborazione, si potrebbe davvero aiutare le persone a ritrovare una strada promettente da percorrere”.
Il più bel ricordo di questi mesi?
“Il più bel ricordo di questi mesi è stato l’incontro con una giovane famiglia arrivata in Italia qualche giorno prima del lockdown. Si sono ritrovati in Italia con pochi contatti e poche possibilità di trovare una sistemazione. Erano un po’ preoccupati per il loro presente e per il futuro: erano in attesa di un figlio e a tutti noi la loro situazione ha ricordato quella di Giuseppe e Maria in viaggio verso Betlemme. Il bambino è nato qualche mese fa e ora sono contenti e tranquilli. La Provvidenza di Dio è sempre all’opera”.
Qual è il sogno nel cassetto?
“Gli ospiti della casa vanno ascoltati, seguiti e accompagnati in un percorso specifico. Il nostro desiderio è quello di aiutarli a riprendere in mano la loro vita e a recuperare un po’ di autonomia anche attraverso l’inserimento nel mondo del lavoro. Vorremmo, inoltre, proporre la Casa di Accoglienza come centro di aggregazione, incrementando la relazione tra la comunità parrocchiale e gli ospiti della casa e progettando anche servizi e attività per ragazzi, giovani, anziani, disabili e senza tetto. L’obiettivo è quello di essere per tutta la città un punto di riferimento e un continuo richiamo alla solidarietà e alla carità. Siamo contentissimi di aver potuto presentare il nostro progetto al concorso Tuttixtutti e siamo stati contentissimi del riconoscimento che abbiamo ricevuto. Pensiamo sia importante far conoscere le realtà caritative che sono all’opera: sicuramente è un modo per coinvolgere altre persone, per incoraggiare chi spende la sua vita per fare il bene e anche per ispirare altri a dare vita ai loro progetti di carità!”