L’impronta della carità sul cattolicesimo sociale. San Giuseppe Benedetto Cottolengo è il fondatore della Piccola Casa della Divina Provvidenza. Nasce il 3 maggio 1786 a Bra, una cittadina della provincia di Cuneo. In una famiglia medio borghese con salde radici cristiane. È primogenito di 12 figli, di cui 6 muoiono in tenera età. Domenica si è celebrata la Solennità di san Giuseppe Benedetto Cottolengo (1786-1842). La cerimonia si è svolta nella Piccola Casa della Divina Provvidenza di Torino. L’arcivescovo Roberto Repole ha inaugurato il nuovo percorso storico. Nelle stanze abitate dal santo fondatore e dai suoi primi collaboratori. Tenendo fede agli insegnamenti del Santo Cottolengo, la Piccola Casa oggi risponde alle necessità dei bisogni più scoperti. In linea con gli orientamenti delle politiche sociali odierne. Privilegiando sempre le persone in situazione di maggior difficoltà. Nel servizio agli ospiti viene prestata una particolare attenzione alla realizzazione globale della persona e ai processi di integrazione sociale. Attualmente la Piccola Casa è presente in Europa, in Africa, in Asia e nelle Americhe.
Nel segno della carità
Si tratta del primo nucleo della Piccola Casa della Divina Provvidenza. Giuseppe Benedetto Cottolengo Cottolengo lo aprì in Borgo Dora, dove sorge oggi, nell’aprile 1832. In precedenza era stato costretto a chiudere il “Deposito de’ poveri infermi del Corpus Domini“. La struttura caritativa era conosciuta anche come “Ospedaletto della Volta Rossa”. Ed era in attività a via Palazzo di Città il 17 gennaio 1828. La chiusura fu disposta dalla pubblica autorità a causa del colera che dilagava a Torino. “Sono stati riorganizzati e recuperati alcuni ambienti che hanno segnato l’inizio dell’esperienza cottolenghina a Borgo Dora”, spiega il padre generale della Piccola Casa. Aggiunge padre Carmine Arice: “Il percorso si trova nell’edificio in cui si insediò Cottolengo nel 1832. E che allora comprendeva sei stanze al pian terreno, sei stanze al primo piano e una soffitta“.
Sei camere
È stato, quindi, realizzato un percorso storico nelle sei camere al primo piano. Arricchite con numerosi ricordi del fondatore e dei suoi primi collaboratori. Inoltre, in una stanza si commemora, attraverso un micro film girato all’epoca, la canonizzazione del santo Cottolengo. Avvenuta nella Basilica di San Pietro il 19 marzo 1934. E soprattutto, i festeggiamenti che si tennero a Torino e coinvolsero l’intera città. Nel medesimo piano si trova la stanza dove è vissuto e morto il Beato Francesco Paleari (1863-1939), sacerdote cottolenghino, con i suoi ricordi. Il progetto prevede in futuro anche il recupero della farmacia storica della Piccola Casa al pian terreno, in parte ancora attiva oggi, che fu aperta da san Giuseppe Benedetto Cottolengo. La Piccola Casa, fin dai tempi della fondazione, si è costituita in diverse comunità di ospiti e di religiosi. E ha realizzato una varietà di servizi prestati alle persone in stato di abbandono. Quello sanitario, di pronta accoglienza, il servizio a domicilio, l’istruzione e l’educazione. Tale impronta è avvenuta nell’arco di soli dieci anni da quando San Giuseppe Benedetto Cottolengo ha iniziato la sua opera.
Vocazione alla carità
Torino al tempo del Cottolengo aveva molti istituti di beneficenza. Ma erano in pochi ad usufruirne. Alcune categorie quali disabili psichici, epilettici o sordomuti non venivano considerati dalla società. Perché le istituzioni avevano regole rigide di accoglienza. In questo contesto si consuma il dramma di una mamma di tre bambini che, prossima alle doglie del parto, rifiutata da due ospedali, muore senza soccorso. Davanti al marito e ai figli. Assistita dal canonico Giuseppe Cottolengo. Questo evento turba il suo animo che, al culmine di una crisi personale, nell’accogliere la sofferenza dell’altro, trova in sé una speciale vocazione. Quella al servizio della carità. A quattro mesi dall’accaduto, Giuseppe Cottolengo fonda il “Deposito de’ poveri infermi del Corpus Domini”. Più tardi chiamato appunto “Ospedaletto della Volta Rossa”. Per l’accoglienza dei malati che non trovavano posto negli altri ospedali. Tale esperienza dura all’incirca quattro anni. Fino a quando il governo della città lo costringe alla chiusura.
Famiglie
Dopo la chiusura forzata dell’ “Ospedaletto”, Giuseppe Cottolengo non si scoraggia. E sempre a Torino, in zona Valdocco (l’attuale sede centrale), dà inizio alla “Piccola Casa della Divina Provvidenza”. Acquista alcuni locali per ospitare nuovi malati. E, ogni volta che se ne presenta la necessità, accoglie le persone bisognose. Creando locali appositi. Senza pensare assolutamente alla disponibilità di risorse per sostenerle. Confidando solo nella Divina Provvidenza. È così che nascono numerosi gruppi che denomina “famiglie”. Cioè L’ospedale per i malati. La casa per uomini e donne anziani. Le famiglie dei sordomuti, degli epilettici, dei disabili psichici detti “Buoni Figli” e “Buone Figlie”. Per il servizio dell’Opera, Cottolengo fonda diverse congregazioni religiose. Dopo la sua morte la Piccola Casa, pur versando in precarie condizioni economiche, ha sempre continuato ad espandersi. Sotto la guida dei successori. Rispondendo alle necessità del momento. A Torino, quindi, nascono nuove “famiglie”. E il numero degli ospiti sale fino a quattromila. La Piccola Casa, per venire incontro alle proprie necessità, si attrezza al suo interno. Con panificio, pastificio, lavanderia, calzoleria, laboratori professionali. In tutta Italia sorgono nuove sedi. Per accogliere anziani, malati, disabili di ogni genere, bambini, emarginati.