L’incontro tra culture diverse e la valorizzazione delle differenze sono temi basilari in un mondo sempre più globalizzato e in questo particolare momento storico connotato da grandi sofferenze, quali ad esempio la pandemia da Covid – 19 e la guerra alle porte dell’Europa. In aggiunta alle politiche governative per l’integrazione e la lotta alle disuguaglianze, anche lo sport rappresenta un fattore di sviluppo sociale in contesti o territori svantaggiati, di inclusione sociale per rifugiati politici, minori stranieri non accompagnati o in famiglie ad alta conflittualità e diversamente abili.
Pingpong senza Frontiere
PI.PO, Ping-pong Without Frontiers, è un progetto europeo che vede come capofila Sport Senza Frontiere Onlus, avente partner in quattro Paesi europei, con l’obiettivo di attivare un programma internazionale di supporto sociale per minori in situazioni di disagio, attraverso la pratica del Tennis da Tavolo. Il progetto, forte di sperimentazioni sul campo in Italia, Slovacchia, Slovenia e Bulgaria, si pone come uno strumento innovativo di promozione, inclusione e di socialità positiva, rafforzando il senso di benessere nella comunità di appartenenza. Interris.it, in merito a questa esperienza di sport e inclusione, ha intervistato Marco Cardinaletti, project manager del progetto PI.PO.
L’intervista
Come nasce e che obiettivi ha il progetto “Pingpong without frontiers”?
“Il progetto nasce dalla volontà della onlus “Sport senza Frontiere” di attivare dei percorsi di collaborazione, anche transnazionali, sui temi della marginalità e dell’esclusione sociale da combattere attraverso lo sport. Questa è la finalità di tutto l’operato della onlus da oltre dieci anni. Il progetto, di base, non fa altro che trovare delle modalità di cooperazione con altre realtà operanti in diversi territori europei e agganciare le diverse iniziative sul tema dello sport e dell’inclusione sociale, sfruttando il pingpong come sport di base, al fine di poter includere ragazzi e famiglie con difficoltà economiche, avvicinarle allo sport, praticare socialità e, di conseguenza, creare comunità. Tale è il senso ed il cuore vero del progetto. In seguito, grazie ai fondi Erasmus che siamo riusciti ad intercettare nel 2020, il progetto è stato finanziato ed abbiamo dato vita ad un percorso strutturato che ha portato ad una prima fase di studio e analisi dei territori in cui il progetto ha operato. Abbiamo iniziato con cinque aree pilota, in Italia Trento e Senigallia, poi in Slovenia, Bulgaria e Slovacchia nei quali, con altri stati e associazioni, si è attivato un percorso di programmazione e di studio dell’ambiente su questo tema, attraverso la raccolta di dati e informazioni. Abbiamo poi costruito un protocollo comune, sulla base del quale, si è dato inizio a una formazione rivolta agli educatori, attraverso un momento di confronto internazionale organizzato per lo scorso dicembre a Roma. Invece, nella prima fase del 2022, ogni partner ha attivato dei laboratori locali di pingpong, attivando e testando questo protocollo. Ciò ha portato ad un coinvolgimento di circa 300 ragazzi, prettamente minori che, attraverso questa disciplina, sono stati introdotti alla pratica dello sport e ai valori ad esso legati, ossia l’integrità, l’amicizia e la fratellanza. Li hanno seguiti trainer e formatori dedicati, giungendo così alla fase finale del progetto che si è tenuta a Senigallia, patria del pingpong, dal due al quattro settembre. Nel partenariato del progetto abbiamo inserito l’associazione “Tennistavolo Senigallia”, che ha un enorme prestigio, anche a livello internazionale e ci ha dato la possibilità di approfondire il know-how tecnico su questa disciplina. Di conseguenza, grazie alla commistione delle competenze di Sport senza Frontiere sul tema dello sport e del sociale e le competenze tecniche che arrivavano dalle scuole di Trento e Senigallia, abbiamo costruito un laboratorio che è stato organizzato in questo momento a Senigallia, dal due al quattro settembre scorso, dove sono arrivati dai paesi partner del progetto, alcune delegazioni composte da coach, educatori e ragazzi che hanno dato vita ad un laboratorio internazionale dove si è parlato di sport, socialità e educazione. Inoltre, si è data la possibilità a molti ragazzi che, in questo momento, per vari motivi, non riescono a fare attività sportiva, la possibilità di praticarla e avvicinarsi a una disciplina che, nonostante il covid, ha dato l’occasione di mantenere un contatto con lo sport perché, grazie al tavolo, c’è una naturale distanza tra i giocatori, sia in indoor che outdoor.”
Quali sono i vostri desideri per il futuro? In che modo, chi lo desidera, può aiutare il progetto “PiPo”?
“Sport senza frontiere” ha volontà di continuare su questa linea, nonostante il progetto termini con la fine del finanziamento ad ottobre. Andremo a costituire un osservatorio “PiPo” che, sostanzialmente, si basa su un accordo di collaborazione tra i vari partner e le istituzionali che hanno partecipato al progetto al fine di dare una continuità nel tempo. In altre parole, l’idea è quella di continuare le interazioni e gli scambi in atto per attuare progetti ancora più complessi e finanziabili per il prossimo futuro. Vorrei sottolineare che, alla conferenza stampa di presentazione dell’evento di Senigallia, ha partecipato in remoto, il direttore dell’unità sport di Agea, ossia l’agenzia che gestisce il programma Erasmus Sport per la commissione europea. Questo è segnale di forte interesse, da parte della commissione stessa, su ciò che ha attivato il progetto. Stiamo costruendo ora il futuro e sono certo che torneremo a parlare di nuovi risultati. Aver coinvolto così tanti ragazzi in un momento difficile, è un grido importante per dirci di fare comunità e vedere lo sport come strumento che unisce e travalica le differenze.”