“Cento milioni di profughi di guerra nel mondo: non è solo un numero, ma un dato dal quale partire e sul quale riflettere perché si tratta un indicatore forte che non può lasciare indifferenti” con parole forti che vanno dritte al punto dell’incontro Nello Scavo, giornalista d’inchiesta, apre il convegno intitolato “Conflitti: guerre nel XXI secolo”. Un incontro che si è svolto ad Assisi durante la tre giorni dedicata al “Cortile di Francesco” e che tra i relatori ha visto oltre Nello Scavo, il presidente della Conferenza episcopale italiana Matteo Maria Zuppi, il professore Giovanni Orsina, direttore School of Government LUISS, e la professoressa Donatella Di Cesare, docente di filosofia presso l’Università “La Sapienza”.
“Secondo le Nazioni unite è il numero più alto di profughi di guerra più alto nella storia, maggiore anche a quello registrato nella Seconda guerra mondiale. Ma cosa hanno comportato le guerre nel 21esimo secolo, soprattutto nel pensiero comune?” chiede Scavo.
La differenza tra conflitto e guerra
“Punto fondamentale è saper distinguere tra conflitto e guerra – dichiara la professoressa Di Cesare. Il conflitto riguarda anche la nostra esistenza, anche la democrazia è conflitto, è dissenso, è disobbedienza civile. Altra cosa è la guerra. Oggi viviamo una tanatopolitica/necropolitica, una politica che richiede la morte di russi, ucraini, una politica che richiede il sacrificio, con l’inflazione, il razionamento, il sacrificio dei più poveri ed esposti. Bisogna promuovere una cultura di pace”. “La costruzione di un ordine politico democratico pone un problema anche di ordine economico – aggiunge il professore Orsina -. C’è bisogno di utopismo, gli esseri umani hanno bisogno di immaginarsi migliori”.
“Bisogna ripudiare la guerra e perdere la sovranità per garantire la pace. È necessario creare un terreno di pace. Di solidarietà verso i più deboli ne serve di più quando c’è più bisogno, dobbiamo farla crescere. Temiamo che la già enorme povertà e sofferenza che vivono milioni di persone nel nostro Paese possa crescere a causa della crisi economica e quindi se cresce la povertà a maggior ragione deve crescere la solidarietà a tutti i livelli, da quelli delle scelte istituzionali a quelli che ci coinvolgono tutti”: lo ha detto il presidente della Cei, Matteo Maria Zuppi, a margine del suo intervento ad Assisi per l’ottava edizione del Cortile di Francesco, rispondendo ad una domanda sulla crisi energetica e i riflessi che questa può avere sulla società.
Solidarietà e gratuità di giustizia
“La vera solidarietà – ha detto il cardinale incontrando i giornalisti – non è quella episodica, ma quella che aiuta a risolvere le cause e che coinvolge tutti. È quella che oltre alla gratuità deve avere anche un po’ di giustizia, di equiparazione, perché se io ho già tanto tengo un po’ di meno per chi non ha niente”. Su pandemia e guerra ha poi ricordato che “ci sono storie straordinarie di solidarietà, che hanno suscitato tanta consapevolezza e tanta energia di mutuo aiuto e vicinanza“.