Le carceri italiane sono le più sovraffollate dell’Unione europea. Un record negativo certificato già nel 2021 dal report del Consiglio d’Europa. Il rapporto “Space” fotografa la situazione dei sistemi penitenziari nei paesi membri dell’organizzazione paneuropea. In Italia ci sono 120 detenuti per ogni 100 posti. Anche se il nostro Paese non è l’unico dell’Unione europea ad avere il problema delle carceri sovraffollate. Il record negativo spetta alla Turchia, con 127 carcerati per ogni 100 posti. Qui ci sono in media 11 detenuti per ogni cella, mentre in Italia questa media è del 1,9. A livello Ue nello stesso periodo in Belgio c’erano 117 detenuti per ogni 100 posti, in Francia e Cipro 116, in Ungheria e Romania 113, in Grecia e Slovenia 109. Il professor Marcelo Aebi è il responsabile del rapporto Space. “Occorre osservare i trend della popolazione carceraria in Italia dal 2000- afferma Aebi-. Il Paese sembra avere due strade per risolvere la questione del sovraffollamento. La prima è ridurre la durata delle pene. E la seconda è di costruire più prigioni. Anche perché le amnistie, come quella del 2006, non risolvono il problema”.
Carceri e terzo settore
Ileana Montagnini, presidente della Conferenza volontariato giustizia della Lombardia, indica una strada. “Bisogna favorire e incentivare le relazioni con le famiglie dei detenuti. Sfruttando ancora di più le tecnologie. Ed evitando trasferimenti in istituti lontani dai nuclei familiari – sostiene Montagnini-. Le relazioni, anche per i detenuti con problemi psichiatrici, sono parte della cura. E possono fare molto. Come pure la presenza dei volontari e le attività promosse dal Terzo settore”. E aggiunge: “Una risposta chiara e lungimirante alla grave situazione delle carceri italiane la troviamo nella Riforma Cartabia sulla giustizia pena (che attualmente il governo ha messo in stand by). Puntando sulle sanzioni sostitutive delle pene detentive brevi da uno a 4 anni“.
Fuori controllo
Il Segno racconta la vita della Chiesa ambrosiana nella sua evoluzione pastorale. Ma è anche osservatore attento dell’attualità sociale, politica e culturale. “Un manicomio chiamato carcere“. Così alla diocesi di Milano “Il Segno” titola lo speciale dedicato ai disturbi mentali e ai suicidi ormai dilaganti negli istituti di pena. Un allarme basato su numero impressionanti: “Il 2022 è stato l’annus horribilis per le carceri italiane con 79 suicidi (fino a novembre). E un disagio mentale diffuso. Il 40% dei detenuti fa uso sistematico di psicofarmaci“. Sos, quindi, per la situazione, ormai fuori controllo, degli istituti di pena con l’annoso problema del sovraffollamento (132%). E sempre più persone che si tolgono la vita (età media 37 anni) seppure condannate per piccoli reati e con pene molto brevi.
Disagio oltre le sbarre
Le Rems sono le residenze per l’esecuzione delle misure di sicurezza. Hanno preso il posto degli Opg, gli ospedali psichiatrici giudiziari. “Dopo la pandemia il carcere sembra ormai un manicomio– avverte Il Segno-. Si registra, infatti, un tasso altissimo di detenuti con disturbi psichiatrici. Spesso privi di diagnosi. i detenuti destinati alle Rems (le Residenze per l’esecuzione delle misure di sicurezza aperte dopo gli Opg) aspettano fino a 8-12 mesi prima di essere trasferiti. E in alcuni casi neppure ci arrivano”. La psichiatra Silvia Landra lavora negli istituti di San Vittore e Bollate. E testimonia le patologie reattive. I disturbi della personalità. Il disagio dei “nuovi giunti”. La responsabile del Servizio di psichiatria penitenziaria dell’Asst Santi Paolo e Carlo richiama l’attenzione su un’emergenza dimenticata. E sottolinea che i pazienti del carcere sono molto più complessi di quelli “fuori”.
Sos carceri
I pazienti dietro le sbarre, infatti, richiedono un’assistenza che attualmente il sistema carcerario non è in grado di garantire. Una situazione preoccupante, confermata anche dal cappellano di San Vittore. Don Roberto Mozzi segnala la necessità di perizie psichiatriche. Per evitare il carcere a persone affette da disturbi mentali gravi. Valerio Pedroni è un esperto della questione. Ha presieduto a lungo la sottocommissione “Carceri, pene e giustizia” del comune di Milano. E ha visitato tutti gli istituti di sua competenza territoriale. Al Segno si dice “molto preoccupato”. Anche per i ragazzi dell’istituto minorile Beccaria. Perché “vivono situazioni di stress molto forte. Aggressività. Problemi con la famiglia. Disagio psico-fisico“.