Allarme verde in Lombardia: in 5 anni persi 3 mila ettari di prati per costruire capannoni

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Non c’è futuro senza superficie verde. Sempre meno prati: allarme “green” in Lombardia. In un quinquennio persi 3 mila ettari di verde a favore dei capannoni. Da qui l’esposto del Codacons all’Arpa. L’agenzia regionale per la protezione dell’ambiente. Un fenomeno che mette a repentaglio la stabilità dell’ecosistema.

Non c’è futuro senza prati

Terreni e prati divorati dai poli logistici. In Lombardia il 79% delle aree trasformate per centri di smistamento delle merci sono quelle ad uso agricolo. Le concentrazioni maggiori sono nei piccoli comuni. L’83% dei poli logistici grava su centri con meno di 10mila abitanti. È allarmante il quadro che emerge dal rapporto 2022 del Centro di Ricerca sui Consumi di Suolo. Curato dal DAStU (dipartimento di Architettura e Studi Urbani). Politecnico di Milano. Legambiente. Istituto Nazionale di Urbanistica (INU). A trainare la cementificazione è il fenomeno della logistica. Nonostante i dichiarati buoni propositi degli operatori in termini di sostenibilità. La scelta ricade quasi sempre su aree da urbanizzare ex novo. Piuttosto che sulle aree dismesse.

Allarme ecologico

In particolare nel Bresciano nuovi poli sono in fase di realizzazione o in progetto. Tra Castrezzato, Chiari, Roccafranca. Il Codacons si rivolge all’Arpa perché intervenga al fine di richiedere una nuova regolamentazione. Sull’utilizzo del territorio. E per la valutazione dell’impatto ambientale delle opere. Eseguite oppure in programma. Degli effetti distruttivi sull’ambiente degli interventi umani parla anche l’enciclica “green” Laudato si’, terzo documento magisteriale di Papa Francesco. TGS (Turismo Giovanile e Sociale) fa parte delle associazioni del tempo libero. Promosse dai Salesiani di Don Bosco e dalle Figlie di Maria Ausiliatrice. Che si occupano della formazione e dell’organizzazione di attività educative a favore dei giovani. Un interesse per il turismo che si ispira al modello delle “passeggiate autunnali” di Don Bosco.

Laudato si’

Il documento prende il nome dalla nota invocazione di san Francesco d’Assisi. Che nel Cantico delle creature ricorda che la terra, la nostra casa comune, è come una sorella. Con il creato condividiamo l’esistenza. In tutto 192 pagine, sei capitoli, 246 paragrafi e due preghiere. Per chiedere, sottolineano i Salesiani, che tipo di mondo vogliamo trasmettere a coloro che verranno dopo di noi. Papa Francesco analizza, nella parte iniziale, quello che sta accadendo alla nostra casa. Affrontando temi concreti. Cioè i mutamenti climatici. La questione dell’acqua. La tutela della biodiversità. Il debito ecologico del nord rispetto al sud. Il Papa invita ognuno di noi a cambiamenti radicali negli stili di vita-sottolinea il Tgs-. In questo sono coinvolti tutti gli ambienti educativi. La scuola, la famiglia, i mezzi di comunicazione, la catechesi“. Secondo la lezione di San Francesco: “Cominciate col fare ciò che è necessario, poi ciò che è possibile. E all’improvviso vi sorprenderete a fare l’impossibile”.

Cause profonde

Nel terzo capitolo “La radice umana della crisi ecologica”, il Papa va alle cause profonde del degrado. La denuncia è soprattutto per la logica “usa e getta”. Che genera la cultura dello scarto portando a sfruttare i bambini. Ad abbandonare gli anziani. Viene affrontato anche il tema della dignità del lavoro e della centralità della persona. Spiegando che rinunciare ad investire sulle persone per ottenere un maggior profitto immediato è un pessimo affare per la società. Nei capitoli finali da alcune linee di orientamento e azione. Ciò a cui Papa Francesco fa riferimento quale antidoto. Per affrontare e trovare una via di uscita dalla crisi prodotta dalla cultura dello scarto. E dall’inquinamento dell’ambiente. Servono il dialogo e la trasparenza nei processi decisionali. “Il Papa non esita a formulare un giudizio severo sui vertici mondiali sull’ambiente degli ultimi anni. Che non hanno risposto alle aspettative-osserva il Tgs-. Perché, per mancanza di decisione politica, non hanno raggiunto accordi ambientali globali realmente significativi ed efficaci”. A cominciare proprio dalla difesa dei prati dal cemento.

 

Giacomo Galeazzi: