Campanologia: da curiosità a disciplina di studio

Chiesa

Foto di Chris Barbalis su Unsplash

La “campanologia” è lo studio delle campane, dal punto di vista storico, culturale, artistico, musicale e religioso (che riguarda Oriente e Occidente), necessario per risaltarne la valenza di aggregazione sociale. Proprio per i vari aspetti che concerne, costituisce un argomento trasversale, molto vasto, a cui occorre dedicare spiccata professionalità. È importante sottolineare la funzione che le campane hanno rivestito: oltre a quella attuale di tipo religioso, nel passato erano fondamentali anche per scandire il tempo e le ore della giornata nonché per segnalare pericoli alla comunità lì intorno raccolta.

L’argomento risulta poco affrontato dai media, rimanendo in una condizione marginale, nonostante il carico storico e culturale imponente, a vantaggio solo della nicchia degli appassionati. Tuttavia, qualcosa si muove. Il 6 aprile scorso, infatti, il ministero della Cultura ha presentato, in via ufficiale, la candidatura dell’“Arte Campanaria Tradizionale” come patrimonio immateriale dell’Unesco.

Nel comunicato si legge “La partecipazione italiana è promossa dalla Federazione Nazionale dei Suonatori di Campane, che raggruppa 23 associazioni presenti sul territorio italiano, con il sostegno della Conferenza Episcopale Italiana e delle tre fonderie storiche, ancora in attività, specializzate nella realizzazione di campane: la molisana Pontificia Fonderia Marinelli, l’emiliana Fonderia Capanni e la Fonderia Allanconi di Crema”. La Fonderia Marinelli, situata ad Agnone (IS), con mille anni di storia, è la più antica d’Italia. Se i media tradizionali non concedono spazio a quest’affascinante tradizione, il web e i social possono costituire, al contrario, un veicolo molto utile, da sfruttare per sostenere la “causa” e diffonderla.

Pur con l’innegabile e imponente presenza di campane, chiese e campanili, in Italia, dunque, l’argomento suscita diffuso interesse quasi solo per gli esperti del settore, i campanologi, veri depositari e custodi della materia, delle tecniche di costruzione e restauro, delle iscrizioni, delle tradizioni (religiose e non) collegate e dell’articolato aspetto musicale. Molto significative sono le iscrizioni che si trovano sulle campane. A esempio “Funera plango, fulgura frango, sabbata pango; excito lentos, dissipo ventos, placo cruentos”, ossia “Piango i defunti, frantumo le tempeste, annuncio le feste; stimolo i lenti, dissipo i venti, placo i violenti”. Diversi sono anche i proverbi sul tema, a testimonianza del forte legame con la comunità. Fra questi, l’essenziale “La campana fa un popolo”.

Il 26 marzo 1995, durante la visita alla Parrocchia di Santa Maria del Rosario a Roma, San Giovanni Paolo II, affermò “È una bella cosa ascoltare il suono delle campane che ci cantano la gloria del Signore da parte di tutte le creature. E poi ciascuno di noi porta in sé una campana, molto sensibile. Questa campana si chiama cuore. Questo cuore suona, suona e mi auguro che il vostro cuore suoni sempre delle belle melodie. Melodie di riconoscenza, di ringraziamento a Dio, di lode al Signore e che superi sempre le melodie cattive di odio e violenza e di tutto ciò che produce il male nel mondo”.

Graziella Merlatti, professoressa universitaria, è l’autrice del volume “Di bronzo e di cielo” (sottotitolo “Campane: storia, simboli, curiosità”), pubblicato da “Ancora” nel 2009. Parte dell’estratto, recita “Le campane: un misterioso impasto di bronzo e di cielo, di festa e di lutto, di tempo e di eternità. Il paesaggio dell’Europa cristiana è costellato da migliaia di campanili […] I rintocchi dei ‘sacri bronzi’ per secoli hanno fatto da colonna sonora alla vita delle persone e delle comunità. Questo libro, unico nel suo genere, racconta storia, leggende, poesie, curiosità su campane e dintorni”.

Il sito https://campanologia.org/, portale dell’Associazione Italiana di Campanologia, costituisce un riferimento fondamentale in cui ritrovare un’infinità di informazioni sul tema. Sono presenti monitoraggi, dati storici, statistici, curiosità riguardanti i materiali utilizzati e i numerosi sistemi di suono nonché i documenti, le pubblicazioni e la bibliografia al riguardo. Nel “Paese dei 1000 campanili”, i curatori del sito evidenziano, al link https://campanologia.org/statistiche/campanili-pi%C3%B9-alti-ditalia, alcuni dati interessanti. Nel documento emergono, con dati certi, ben 30 campanili oltre gli 80 metri di altezza. Il più alto risulta, con la croce, quello di Mortegliano (UD), costruito alla fine degli anni ‘50 e alto 113,2 metri. I campanili più famosi, come quello di San Marco a Venezia (ricostruito nel 1912) è il quarto in altezza (100,06 metri con la statua). Il Campanile di Giotto, a Firenze, costruito nel Trecento, arriva a quasi 85 metri. Per avere un po’ chiare le dimensioni: con un diametro di 3,21 metri e un peso di 226,39 quintali, la “Maria Dolens”, a Rovereto, sul Colle di Miravalle, è la più grande campana italiana.

Le campane hanno fatto parte di un “paesaggio sonoro” arricchito dal loro suono e da quello dei canti nei campi, dei campanacci del bestiame, del vociare delle botteghe. Un paesaggio, quindi, più da ascoltare che da vedere, con quei suoni variabili che, in periodi e tempi diversi, contraddistinguono uno spazio. Si tratta di quadri musicali, purtroppo persi del tutto, tranne qualche ultima e piccola realtà di paese. Nel brulichio e nel vociare contadino e dei piccoli borghi, si ergeva una sola voce maestosa.

Nel periodo del lockdown del 2020, le campane risuonavano nel silenzio e nel deserto, come voci ininterrotte e vicine, a segnalare presenza spirituale e invito al raccoglimento, alla preghiera. Il frastuono contemporaneo, del progresso che avanza, fra automobili, industrie e commercio, ha imposto una nuova realtà di “città risuonante”.

Nell’era del rumore e dell’inquinamento acustico, proveniente da diverse fonti, domestiche e all’aperto, in quasi tutti gli orari del giorno ma tollerata e considerata un prezzo del progresso, si assiste, a volte, a una minore tolleranza della popolazione nei confronti del suono dei campanili e delle chiese, considerato anacronistico, tanto da giungere a petizioni, denunce, contenziosi, sequestri e multe.

Per quanto riguarda il delicato equilibrio tra il diritto di espressione religiosa e il diritto alla salute, la CEI ha diramato, il 13 maggio 2002, una circolare, visibile al link https://giuridico.chiesacattolica.it/circolare-n-33-suono-delle-campane/, per la “regolamentazione del suono delle campane. Distinguendo nettamente l’uso delle campane connesso con gli atti di culto da quello legato a esigenze sociali, il testo invita a provvedere alla redazione di un decreto diocesano che disciplini la materia”. In materia normativa, va ricordata la L. 447/1995-Legge quadro sull’inquinamento acustico (e le modifiche introdotte dal D.Lgs. n. 42 del 17/02/2017). Alla norma si ricollegano una serie di decreti attuativi e le leggi regionali.

La competenza in materia spetta all’Azienda Sanitaria Locale (ASL) oppure all’Agenzia Regionale per la Prevenzione Ambientale (ARPA). La socialità della campana è in un suono che si è rivolto e si rivolge a tutti, è importante cogliere il segnale di raccoglimento e riflessione, che rallenta la frenesia quotidiana e invita al dialogo, con una nota che accomuna anziché dividere.

Il termine “campanologia” non deve essere confuso con quello di “campanilismo” (che si origina dal lemma “campanile”). Il primo unisce, il secondo tende a dividere poiché impostato sulla difesa fanatica, a oltranza, del proprio territorio.

La campanologia è un collante che va oltre l’individualismo e, nell’afflato musicale ed emotivo, stimola al confronto e alla condivisione nonché allo scambio, proficuo per la materia, di informazioni e studi interdisciplinari.

Le campane sono, da sempre, simbolo di unione, tra religione e socialità, tra campanili e torri civiche, fra tradizione e protezione. Più arduo, per loro, in tempi recenti, far dialogare i “Don Camillo” e i “Peppone” del Belpaese. In questi ultimi tempi estremamente “divisivi”, tuttavia, occorre riferirsi il più possibile a elementi unificanti.

Marco Managò: