Un’oasi naturale per le api in una zona della Lombardia, nei pressi di Cremona, dove la vita di questi insetti impollinatori non è affatto semplice. La creazione di uno spazio verde in un’area periurbana che può fungere anche da operazione di ripristino e di riavvicinamento alla natura. Si tratta del progetto sperimentale “Bosco delle Api” promosso da Greenpeace, in collaborazione con la Cooperativa Sociale Agropolis, per la realizzazione di una food forest, cioè un ambiente che possa fungere da habitat per questi animali, piccoli ma fondamentali per la biodiversità e la nostra sicurezza alimentare.
Ecosistema
Orto-bosco o foresta-giardino potrebbero essere due modi per tradurre in italiano “food forest”, spiega a Interris.it Martina Borghi, campaigner Foreste di Greenpeace Italia, descrivendo il progetto. “Si tratta di una coltivazione multifunzionale che simula, su piccola scala, un ecosistema boschivo adeguato alla latitudine a cui si trova, caratterizzata da più strati di piante da frutto, erbe medicinali e officinali, bacche, ortaggi e fiori, anche in sinergia con quelle che crescono spontanee, dove si creano le condizioni per ospitare la biodiversità. In questo caso, insetti impollinatori”, illustra. “Può consentire, inoltre, l’autoproduzione alimentare su piccola scala”, aggiunge.
Spazio verde periurbano
I lavori sui 5.500 ettari di terreno abbandonato sono agli inizi, ma in futuro il “Bosco” ospiterà le casette per le api e una piccola stazione per il biomonitoraggio. “Vogliamo che questo sia un concreto esempio di rinaturalizzazione di un’area periurbana, in una zona segnata da una cattiva qualità dell’aria e da agricoltura e allevamenti intensivi”, afferma Borghi. “Può essere una forma di riavvicinamento alla natura, così abbiamo cercato di capire quali fossero le necessità del luogo per pensare, insieme alla cooperativa Agropolis, a uno spazio funzionale. Così abbiamo consultato il vicinato, le scuole, gli inquilini dei palazzi circostanti”.
L’importanza delle api
Gli animali impollinatori hanno un’importanza cruciale per il nostro nutrimento. E tra loro ci sono anche le circa 20mila specie di api. Secondo i dati dell’Organizzazione delle Nazioni unite per l’alimentazione e l’agricoltura (Fao), l’impollinazione consente la produzione di specie diverse di frutta, verdura e noci, da essa dipende il 75% delle coltivazioni mondiali di frutti e semi per uso umano e infine genera circa il 10% del valore economico totale della produzione agricola per l’alimentazione umana. “In Europa circa 4mila tipi di frutta e verdura dipendono dal lavoro di questi insetti”, precisa Borghi. “Ma le api sono in calo, a causa delle monoculture o comunque delle coltivazioni intensive, dell’utilizzo di prodotti fitosanitari, in generale, e nello specifico, dei pesticidi, della perdita degli habitat, della presenza di parassiti e del proliferare di malattie, degli effetti del cambiamento climatico”, osserva.
Spopolamento e minacce
Nella sola Lombardia, nelle province di Bergamo, Cremona, Lodi, Mantova, Pavia, Milano e Monza Brianza, i tecnici apistici allertati dai soci di Apilombardia, l’associazione di produttori apistici della Lombardia di primo livello, hanno rilevato una serie di spopolamenti in 648 alveari tra la fine di marzo e la terza settimana di aprile 2022, dopo quella registrata già l’anno precedente. Secondo l’associazione ambientalista, una delle minacce principali per la sopravvivenza delle api e causa del loro declino è l’utilizzo di pesticidi chimici nel sistema di agricoltura industriale durante le lavorazioni e i trattamenti di diserbo nelle fasi di pre-semina che, sottolinea Borghi, “coinvolgono anche la vegetazione circostante, dove possono trovare nutrimento gli insetti impollinatori”. Nel 2018 l’Unione europea ha approvato il bando di tre insetticidi neonicotinidi dannosi per le api, mentre Greenpeace chiede “la drastica riduzione dei pesticidi e il bando del glifosato, molto diffuso e molto tossico”, sostiene Borghi. Entro il 15 dicembre quest’anno infatti, dopo una proroga della scadenza per l’approvazione del dicembre 2022, l’Ue dovrà decidere se rinnovare o meno l’utilizzo di questa sostanza chimica utilizzata in diversi erbicidi, sulla base delle valutazioni dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa), che redige la revisione paritetica della valutazione del rischio, e dell’Agenzia europea per le sostanze chimiche (Echa).