Jorge Mario Bergoglio ha ricevuto venerdì in udienza i ragazzi dell’Azione cattolica provenienti da 14 diocesi. I ragazzi, anticipando il genetliaco del Papa, che oggi compie 87 anni , hanno portato diversi doni. Sacchi a pelo e prodotti per l’igiene personale destinati all’elemosineria apostolica per l’assistenza ai più bisognosi. Al Pontefice i giovani di Ac hanno donato poi la tessera Acr numero 1, per il nuovo anno associativo. Una copia dell’Agenda dei Ragazzi. Frutto del lavoro di centinaia di bambini e ragazzi riuniti a Silvi Marina all’inizio di ottobre per “Super-Piccoli capaci di grandi cose, con Te”. In dono al Papa anche una copia del sussidio ”La pace in testa”, che presenta il progetto e le attività dei ragazzi per il mese della pace 2024, con il cappellino dell’iniziativa dedicato al Santo padre.
Bergoglio-story
Nella capitale argentina, Jorge Mario Bergoglio nasce il 17 dicembre 1936, figlio di migranti piemontesi. Suo padre Mario fa il ragioniere, impiegato nelle ferrovie, mentre sua madre, Regina Sivori, si occupa della casa e dell’educazione dei cinque figli. Diplomatosi come tecnico chimico, sceglie poi la strada del sacerdozio entrando nel seminario diocesano. L’11 marzo 1958 passa al noviziato della Compagnia di Gesù. Completa gli studi umanistici in Cile e nel 1963, tornato in Argentina, si laurea in filosofia al collegio San Giuseppe a San Miguel. Tra il 1964 e il 1965 è professore di letteratura e psicologia nel collegio dell’ Immacolata di Santa Fé e nel 1966 insegna le stesse materie nel collegio del Salvatore a Buenos Aires. Dal 1967 al 1970 studia teologia laureandosi sempre al collegio San Giuseppe. Il 13 dicembre 1969 è ordinato sacerdote dall’arcivescovo Ramón José Castellano. Prosegue, quindi, la preparazione tra il 1970 e il 1971 in Spagna, e il 22 aprile 1973 emette la professione perpetua nei gesuiti. Di nuovo in Argentina, è maestro di novizi a Villa Barilari a San Miguel, professore presso la facoltà di teologia. Consultore della provincia della Compagnia di Gesù. E rettore del Collegio. Il 31 luglio 1973 viene eletto provinciale dei gesuiti dell’Argentina.
Sulle orme di Ignazio
Sei anni dopo riprende il lavoro nel campo universitario e, tra il 1980 e il 1986, è di nuovo rettore del collegio di San Giuseppe. Oltreché parroco ancora a San Miguel. Nel marzo 1986 va in Germania per ultimare la tesi dottorale. Quindi i superiori lo inviano nel collegio del Salvatore a Buenos Aires. E poi nella chiesa della Compagnia nella città di Cordoba, come direttore spirituale e confessore. È il cardinale Antonio Quarracino a volerlo come suo stretto collaboratore a Buenos Aires. Così il 20 maggio 1992 Giovanni Paolo II lo nomina vescovo titolare di Auca e ausiliare di Buenos Aires. Il 27 giugno riceve nella cattedrale l’ordinazione episcopale proprio dal cardinale. Come motto sceglie “Miserando atque eligendo” (Guardò con misericordia e scelse). E nello stemma inserisce il cristogramma IHS, simbolo della Compagnia di Gesù. È subito nominato vicario episcopale della zona Flores. E il 21 dicembre 1993 diviene vicario generale. Nessuna sorpresa dunque quando, il 3 giugno 1997, è promosso arcivescovo coadiutore di Buenos Aires. Passati neppure nove mesi, alla morte del cardinale Quarracino gli succede, il 28 febbraio 1998, come arcivescovo, primate di Argentina, ordinario per i fedeli di rito orientale residenti nel Paese, gran cancelliere dell’Università Cattolica.
A Roma
Nel Concistoro del 21 febbraio 2001, Giovanni Paolo II lo crea cardinale. Jorge Mario Bergoglio non era al Concilio eppure il suo maestro è proprio il papa che ha voluto la novità epocale del Vaticano II. Si possono legare le figure di san Giovanni XXIII e di Francesco in quanto è Giovanni che ha indetto il Concilio. Accostare il “Papa buono” con il “Papa misericordioso” consente di comprendere l’attuazione del programma conciliare nella sua prospettiva autenticamente conciliare. Il Concilio, infatti, è stato messo in pratica più nel Sud America e nelle chiese povere che non qui in Europa. Basti pensare ad esempio alla liturgia viva, al senso di comunità, al ruolo dei catechisti e dei laici. Cose che chi è stato in missione può raccontare e che chi arriva da lì percepisce immediatamente. L’Europa, ai loro occhi appare come un mondo in cui la fede è morta, il Concilio inattuato. Da qui l’impronta sudamericana del pontificato. Non a caso Francesco, primo vicario di Cristo proveniente dal Nuovo Mondo, ha iniziato il primo saluto ai fedeli dopo l’elezione al Soglio di Pietro dicendo “Buonasera!”, come si fa all’inizio di ogni celebrazione in Sud America iniziando la messa. E poi ha detto “il dovere del conclave era di eleggere un vescovo per Roma. Sembra che i miei confratelli cardinali abbiano dovuto andare a prenderlo quasi alla fine del mondo“.
Background culturale
È questo background culturale che Jorge Mario Bergoglio ha. Per lui il Concilio è un evento straordinario di grazia. Che, come affermò Paolo VI, ha avuto il carattere d’un atto d’amore. D’un grande e triplice atto d’amore. Verso Dio, verso la Chiesa, verso l’umanità. Bergoglio richiama spesso l’allocuzione pronunciata da Giovanni Battista Montini all’inizio della quarta sessione il 14 settembre 1965. Qquesto rinnovato atteggiamento di amore che ispirava i padri conciliari ha portato anche, tra i suoi molteplici frutti, ad un modo nuovo di guardare alla vocazione dei laici. E alla loro missione nella Chiesa e nel mondo, che secondo Bergoglio ha trovato espressione anzitutto nelle due grandi Costituzioni conciliari “Lumen Gentium” e “Gaudium et Spes”. Questi documenti basilari del Concilio considerano i fedeli laici entro una visione d’insieme del Popolo di Dio. A cui essi appartengono assieme ai membri dell’ordine sacro e ai religiosi. E nel quale partecipano, nel modo loro proprio, della funzione sacerdotale, profetica e regale di Cristo stesso. Il Concilio, a giudizio di Francesco, non guarda ai laici come se fossero membri di “second’ordine”. Al servizio della gerarchia e semplici esecutori di ordini dall’alto, ma come discepoli di Cristo che, in forza del loro Battesimo e del loro naturale inserimento “nel mondo”, sono chiamati ad animare ogni ambiente, ogni attività, ogni relazione umana secondo lo spirito del Vangelo. Portando la luce, la speranza, la carità ricevuta da Cristo in quei luoghi che, altrimenti, resterebbero estranei all’azione di Dio e abbandonati alla miseria della condizione umana. Nessuno meglio di loro può svolgere il compito essenziale di iscrivere la legge divina nella vita della città terrena.
Apostolato
Sull’ampio sfondo di questa dottrina conciliare, Francesco inserisce il decreto “Apostolicam Actuositatem”, che tratta più da vicino della natura e degli ambiti dell’apostolato dei laici. Questo documento ha ricordato con forza che la vocazione cristiana è per sua natura anche vocazione all’apostolato. Per cui l’annuncio del Vangelo non è riservato ad alcuni “professionisti della missione”. Ma dovrebbe essere l’anelito profondo di tutti i fedeli laici, chiamati, in virtù del loro Battesimo, non solo all’animazione cristiana delle realtà temporali, ma anche alle opere di esplicita evangelizzazione, di annuncio e di santificazione degli uomini. Secondo Francesco questo insegnamento conciliare ha fatto crescere nella Chiesa la formazione dei laici, che “tanti frutti ha già portato fino ad ora”. Ma il Concilio Vaticano II, come ogni Concilio, interpella ogni generazione di pastori e di laici. Perché è “un dono inestimabile dello Spirito Santo“. Che va accolto con gratitudine e senso di responsabilità. Tutto ciò che ci è stato donato dallo Spirito e trasmesso dalla santa Madre Chiesa va sempre di nuovo capito, assimilato e calato nella realtà“. Applicare il Concilio, portarlo nella vita quotidiana di ogni comunità cristiana: era questa, per Francesco, l’ansia pastorale che ha sempre animato san Giovanni Paolo II, da vescovo e da papa.
Lezione di Wojtyla
Durante il Grande Giubileo del 2000, Karol Wojtyla disse: “Una nuova stagione si apre dinanzi ai nostri occhi. Viviamo l tempo dell’approfondimento degli insegnamenti conciliari, il tempo della raccolta di quanto i Padri conciliari seminarono e la generazione di questi anni ha accudito e atteso. Il Concilio ecumenico Vaticano II è stato una vera profezia per la vita della Chiesa. Continuerà ad esserlo per molti anni del terzo millennio appena iniziato”. Parole scandite da san Giovanni Paolo II il 27 febbraio 200 nel discorso al convegno internazionale sull’attuazione del Concilio ecumenico Vaticano II. Sulla scia del suo predecessore polacco da lui canonizzato, Francesco esorta “pastori e fedeli laici ad avere nel cuore la stessa ansia di vivere e attuare il Concilio. Portando al mondo la
luce di Cristo“.