Quante volte si vedono scritte o si sentono dire frasi come “non giudicare un libro dalla copertina” o “la vera bellezza è quella interiore”? Espressioni che, nella loro essenzialità, ci servono per ricordare come nella vita non dovremmo lasciarci ingannare dalle apparenze, ma sapere guardare oltre e arrivare al vero valore di un rapporto umano, di una relazione, come anche di un bene. Queste massime sembrano però scomode per il mercato, in senso lato, che punta a vendere i suoi prodotti “più” – più belli, più buoni, più grandi, più convenienti, più economici –, o almeno, la loro immagine “più”. Una serie di “più” a cui, purtroppo, corrispondono una serie di “meno”, per esempio dal punto di vista qualitativo delle merci o del compenso per i lavoratori e per i produttori. La qualità di qualsiasi cosa prescinde però dai canoni estetici predefiniti e funzionali alla vendita, e la riguarda nella sua totalità. Questa consapevolezza è ciò che ha fatto nascere “Bella Dentro”, un progetto di filiera ortofrutticola corta che, in risposta allo scarto di frutta e verdura – un frutto o un ortaggio su cinque non viene nemmeno raccolto perché “non conforme” agli standard estetici o dimensionali della grande distribuzione – punta a portare sulle nostre tavole i prodotti dell’orto considerati invendibili per le loro caratteristiche esteriori ma della medesima qualità e bontà di quelli “belli fuori”. Insomma, è proprio il caso di dirlo: non giudicare mai una mela, o una melanzana, dalla buccia. Né dalla forme o dalle dimensioni. Anche perché proprio la frutta è tra i cibi più sprecati in assoluto, secondo l’osservatorio Waste Watch International, che monitora il trend in nove Paesi del mondo, in contrasto con gli obiettivi dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, che prevede il dimezzamento degli sprechi alimentari lungo tutta la filiera produttiva, per garantire la sicurezza alimentare, già messa a rischio in alcune parti del mondo, come il Corno d’Africa, da eventi climatici estremi scatenati dal climate change.
Come nasce “Bella Dentro”
A nemmeno 30 anni, Camilla e Luca hanno un lavoro – nella pubblicità delle riviste di moda e design lei, nell’ambito della finanza lui – eppure avvertono l’esigenza di realizzare un progetto in cui credono, di una nuova costruzione di un senso. Nel 2017, l’idea arriva dalla lettura di un reportage letto sulla rivista National Geographic sullo spreco all’interno della filiera agroalimentare, sia a livello mondiale che europeo, con un’approfondita analisi su quanta frutta e verdura si scarta, per motivi estetico-dimensionali, quando si è ancora sul campo. “Mia nonna era un’imprenditrice agricola e da piccoli noi cugini andavamo a raccogliere la frutta da lei. Ricordo in effetti che già si faceva una prima selezione”, racconta a Interris.it Camilla Archi, co-fondatrice di “Bella Dentro”, rievocando un ricordo. “Luca ed io ci siamo licenziati dai nostri rispettivi lavori a giugno del 2017 e abbiamo iniziato una fase di ricerca sul campo, tra campagne e aziende agricole, per capire come funziona la filiera tradizionale e quanto finisse sprecato, andando a parlare di persona con gli agricoltori”. Il primo passo del loro progetto comune. “La seconda fase è stata quella di capire come potevamo vendere i prodotti che compravamo direttamente dai coltivatori pagandoli un prezzo equo – quello che riconosce il loro lavoro e gli consente un margine di guadagno – e se c’era qualcuno disposto ad acquistare da noi frutta e verdura ‘bella dentro’, per scardinare il paradigma secondo il quale una cosa brutta o diversa dal solito è cattiva”. Dopo un anno e mezzo in giro in Ape car per Milano, dal centro alla periferia, il grande passo. Con il sostegno della Fondazione Social Venture Giordano dell’Amore, realtà che investe in progetti ad alto impatto sociale e ambientale, i due fondatori aprono il primo negozio di prodotti freschi e deperibili nell’ottobre 2020. La dimensione etica di “Bella Dentro” a quel punto si amplia, dalle coltivazioni e alle ceste di frutta e verdura, assumendo una netta sfumatura sociale. Per allungare la vita dei loro prodotti freschi, trasformandoli in succhi, confetture e frutta essiccata acquistabile online sul loro sito, si legano alle cooperative sociali L’Officina, di Codogno, nel lodigiano, dove sono impiegati ragazzi con problemi cognitivi e disabilità psicofisiche, e il laboratorio “La Pietra scartata” di La Fraternità, di Rimini, dove lavorano anche soggetti in condizione di fragilità e marginalità sociale.
Le mele “belle dentro” restano sul ramo
Come detto, a far scoccare la scintilla è stato un articolo di giornale sulle falle di questo ambito dell’agroalimentare. Quanta frutta e verdura si scarta? Quando, nel corso della filiera? E perché? A queste domande, i due soci di “Bella Dentro” hanno cercato di trovare delle risposte non affidandosi semplicemente a fonti terze, ma soprattutto osservando e raccogliendo dati in prima persona sul campo. “Da quello che ho potuto verificare, la selezione estetica a livello visivo già alla raccolta lascia sul campo o sull’albero un minimo fisiologico del 20% del prodotto per il consumo umano diretto, fino a un massimo del 70-80% in caso di grandine o siccità”, spiega Archi, che con un’immagine rende la percentuale ancor più di immediata comprensione. “Se, per ipotesi, su albero ci sono cento mele, tra le 15 e le venti di queste sono ‘belle dentro’ ma non ‘fuori’, così non vengono raccolte”. A questo primo scarto, se ne aggiunge un secondo al momento della valutazione a livello ottico-meccanico, quando cioè si misurano le dimensioni del frutto o della pianta, che si aggira sempre intorno al 20%, illustra la co-fondatrice di “Bella Dentro”. La risposta al “perché scartiamo” è sfaccettata. Una “faccia” è che, spiega Archi, “come consumatori rifuggiamo istintivamente da ciò che si sembra diverso dal solito, invece se nei supermercati fossimo stati abituati a vedere esposta tutta la frutta, anche quella non apparentemente conforme a standard estetico-dimensionali, ma della stessa qualità, non avremmo avuto questa percezione”. Un’altra, aggiunge, è la necessità di avere prodotti ortofrutticoli tutti delle stesse dimensioni per via del confezionamento. Infine, si espongono la frutta e la verdura “bella” altrimenti quella “brutta” resta invenduta. E il danno di questo scarto è su tre livelli. “Quello morale, perché si butta via cibo buono e sano. Quello economico, perché il produttore non si vede riconosciuto alcunché per alcuni prodotti su cui ha investito le stesse risorse che per gli altri. Infine, ambientale, perché ad esempio va sprecata l’acqua che è servita per produrre quel frutto o quella pianta”, argomenta Archi.
Corretta informazione e buone pratiche
Un valore aggiunto del progetto “Bella Dentro” è l’attività di divulgazione e il costante aggiornamento e approfondimento di temi, dati e contenuti, che coniuga alla serietà dell’informazione verificata la creatività dell’intrattenimento. Sul sito del progetto infatti si trovano articoli e video dettagliati, realizzati dalla co-fondatrice, basati su informazioni raccolte direttamente dai soggetti della filiera come dai siti specializzati. Riguardo alle “buone pratiche” che dovremmo tutti cominciare a sperimentare nel nostro quotidiano, quando andiamo a fare la spesa, Archi suggerisce le seguenti. “Per scardinare l’automatismo di scartare il prodotto ‘bello dentro’, allenarci a comprarli. Fare i nostri acquisti quanto più possibilmente andando dai coltivatori diretti. E ricordarci sempre, quando le vediamo esposte a prezzi molti bassi a prescindere dalla stagione, che la frutta e la verdura sono prodotti della terra naturali e spontanea ma non per questo sono gratis, dietro ognuno c’è del valore economico da riconoscere”. Per concludere, ci rivela quale tra i loro prodotti “belli dentro”, sia quello che riscuote maggiore successo. “Il prodotto più amato in assoluto è il dado vegetale granulare, l’equivalente del dado per fare il brodo. Facciamo essiccare sedano, carota, cipolle, aggiungiamo il sale, li polverizziamo e mettiamo in barattolo”.