“Da oltre vent’anni Sodalitas si occupa del rapporto tra impresa e società, e oggi la sostenibilità sociale d’impresa è il tema più importante, perché attiene, oltre a quella ambientale e sociale, anche alla sostenibilità economica dell’impresa”, dichiara a Interris.it Alessandro Beda, consigliere delegato di Fondazione Sodalitas, nata nel 1995 su iniziativa di Assolombarda, l’associazione delle imprese che operano nella Città Metropolitana di Milano e nelle province di Lodi, Monza e Brianza, Pavia, e un primo gruppo di imprenditori e manager volontari, impegnandosi nella promozione della responsabilità sociale d’impresa e della sostenibilità d’impresa. L’associazione, che conta 95 imprese associate con cui si condividono best practices e si attivano sinergie, interviene in cinque ambiti, che sono l’orientamento dei giovani alla ricerca di un impiego, in un Paese con tre milioni di persone tra i 15 e i 34 anni che non studiano né lavorano (i cosiddetti neet, neither in employment nor in education or training), diversity & inclusion sul lavoro, comunità e territori inclusivi, leadership sostenibile e networking. Recentemente, Sodalitas ha presentato i risultati del primo rapporto del suo Osservatorio permanente sulla sostenibilità sociale d’impresa, promosso con WaldenLab e Csr Europe.
Il rapporto
L’indagine di Sodalitas è stata svolta secondo una metodologia qualitativa insieme all’analisi di 16 bilanci di sostenibilità delle aziende, da cui complessivamente emerge un livello di impegno in questo ambito in crescita, anche se non ancora sufficiente. Inoltre, si sottolinea la necessità di prevedere degli strumenti per la misurazione dell’impatto delle iniziative sociali, degli indicatori numerici, anche per scongiurare il rischio di pratiche di social washing. Questa crescente attenzione al sociale, si apprende dal rapporto, è determinata dalle crisi odierne, con la povertà e le diseguaglianze che aumentano, e la previsione di possibile peggioramento delle condizioni nel prossimo futuro. Da qui, il mondo delle imprese ravvisa la consapevolezza di un maggiore impegno su un duplice fronte, quello dei propri dipendenti e quello della comunità di appartenenza. Cercando anche di contribuire a diffondere una cultura della sostenibilità e a promuovere comportamenti responsabili.
L’intervista
Partiamo dalle definizioni: cosa sono la responsabilità sociale d’impresa e la sostenibilità sociale d’impresa?
“Il primo termine, responsabilità, è nato quando l’imprenditore aveva la responsabilità di restituire al territorio quello che dallo stesso prendeva. La sostenibilità inserisce un altro tema, ovvero che un’impresa se non è sostenibile dal punto di vista sociale, ambientale ed economico, oggi non si regge. La sostenibilità riguarda due aree, una interna, cioè il capitale umano dell’azienda, e una esterna, la relazione che quella realtà ha con la comunità in cui si trova. Per l’impresa è importante considerare il benessere psicofisico del lavoratore, il collaboratore d’azienda, quindi la sua salute e il suo piacere di lavorare. Se il capitale umano è mal pagato e non è ben preparato, anche l’azienda sarà svantaggiata. Si deve quindi pensare a un welfare aziendale esteso che coinvolga, oltre al lavoratore, anche il suo nucleo famigliare di riferimento, e organizzare una serie attività per i dipendenti, magari con l’ausilio del terzo settore. Un’impresa insiste su un territorio, deve quindi stabilire con esso una relazione positiva. Spesso questo riesce in partnership con il mondo dell’associazionismo e del non profit. Le aziende, da sole, non intercettano facilmente i bisogni di una comunità: per questo la collaborazione con il terzo settore consente di raggiungere gli ultimi della società. Per fare un esempio, durante la pandemia quando le scuole erano chiuse e le lezioni si facevano in didattica a distanza non tutti gli studenti avevano la stessa disponibilità di devices tecnologici, così insieme con Assolombarda e altre imprese abbiamo dato vita a un’azione collettiva per fornire questi strumenti alle famiglie che ne avevano bisogno. Di rimettere in funzione i devices si è occupata Fondazione Cariplo, a distribuirli nelle case ci ha poi pensato un’associazione del terzo settore”.
Com’è nato il vostro Osservatorio sulla sostenibilità sociale d’impresa e cosa rileva?
“Le aziende oggi devono misurarsi su tre livelli, quello ambientale, quello sociale e quello della governance. Nel nostro Paese ci sono circa 23 milioni di lavoratori e le imprese si devono occupare di loro, ancora di più oggi che c’è stato un drammatico balzo in avanti della povertà, sia assoluta che relativa. In questi ultimi due anni abbiamo avuto prima la pandemia, poi la guerra in Ucraina, che hanno creato una grande emergenza sociale, andando a insistere sugli effetti collaterali negativi delle trasformazioni in atto come disoccupazione o mancanza di competenze nei lavoratori di una certa età. Nelle nostre analisi abbiamo riscontrato delle differenze tra il nostro Paese e l’estero, per esempio sul tema dei giovani. Ogni anno 150mila giovani italiani vanno all’estero per cercare lavoro, per esempio in Germania. Da noi i problemi sono i bassi salari, la dispersione scolastica, la mancanza di preparazione nelle materie tecniche, per questo l’Italia dovrebbe investire sulle scuole che preparino alle nuove professioni, come gli Istituti tecnici superiori (Its). Scuole create che forniscono docenti esperti della materia e un distretto di imprese che assorbe gli studenti, che diventano dipendenti qualificati. Solo che in Italia gli Its sono una quarantina, in Germania oltre ottocento”.
Prima accennava all’importanza di partnership tra mondo delle imprese e mondo dell’associazionismo: il volontariato d’impresa è il punto di caduta?
“E’ una dimensione che mette insieme l’azienda, il terzo settore e chi è nel bisogno, gratificando inoltre il lavoratore che si presta a farlo sotto il profilo personale. Come Sodalitas abbiamo aiutato molte imprese a svilupparlo e in tempo di chiusure, durante la pandemia, abbiamo anche presentato un manuale per fare volontariato d’impresa virtuale”.