S’incontrano davanti a un piatto caldo, il mondo del profit e quello del terzo settore. Un piatto preparato e cucinato dalle mani di coloro che, trovati in una situazione di bisogno, sono aiutati a costruirsi una condizione di autonomia che gli permetta di entrare nel mondo del lavoro, grazie all’accompagnamento, alla formazione e alle possibilità offertegli dalla cooperativa sociale bresciana A mano a mano, nata nel 2014. E uno di questi percorsi, nello specifico quella della ristorazione, ha incrociato quello di Matchplat, realtà che opera nel mondo delle analisi di mercato per le aziende. I dipendenti della sede di Bergamo della società di market analysis, quando usufruiscono del servizio mensa aziendale durante la pausa pranzo, mangiano le pietanze realizzate dalle persone, con disabilità e/o svantaggiate, seguite dalla cooperativa. Matchplat ha inserito la mensa aziendale per offrire ai suoi dipendenti un servizio pasti di qualità, di provenienza “sociale”, a un prezzo contenuto. I pasti, che possono essere prenotati tramite app, vengono riforniti due volte a settimana e il servizio è erogato tramite una vending machine della società Intervallum, che si trova nell’area ristoro di Matchplat.
“INsuperABILI”
Uno dei fondatori della cooperativa, Marco Barzon, racconta a Interris.it che A mano a mano “è nata otto anni, come cooperativa di tipo B, nel progetto “INsuperABILI”, che mira all’inserimento o reinserimento lavorativo di persone con disabilità certificata per legge, soggetti svantaggiati o emarginati, con maggiori difficoltà a entrare nel mondo del lavoro”. Diventata cooperativa di tipo A nel 2018, nel tempo A mano a mano ha realizzato 160 inserimenti lavorativi nel territorio di Brescia e non solo.
Ad oggi sono operative sei unità produttive, di cui cinque in cui si svolge l’attività di assemblaggio e confezionamento conto terzi di generi non alimentari, nelle province di Brescia e Bergamo, mentre la sesta è il ristorante-pizzeria “Le mani in pasta”, interamente gestito ed organizzato da persone disabili e svantaggiate, nel comune di Calvisano.
In cucina (e in sala)
Ancora Barzon spiega come la strada per arrivare all’attuale collaborazione con Matchplat sia partita da lontano: “I nostri primi passi nell’ambito della ristorazione, dopo un periodo di formazione seguita anche esterni su come si serve in sala, li abbiamo mossi in quattro, un cuoco, un lavapiatti e altre due persone. Con l’esperienza e con gli errori hanno imparato, siamo migliorati e cresciuti. L’organico è salito a otto persone, qualcuno in seguito ha anche trovato lavoro nella ristorazione ‘normale’, tre sono ancora con noi, dall’inizio”. Dopo è arrivato il servizio mensa. “Preparavamo tre primi e tre secondi per un’azienda, per un’altra ancora abbiamo cominciato a preparare e servire i pastinella loro struttura – questo prima del Covid”. Lo stand by imposto dalla pandemia ha consentito alle persone seguite dalla cooperativa di percorrere nuove strade e sperimentare nuove soluzioni pratiche. “Abbiamo iniziato a preparare delle vaschette per il cibo in atmosfera modificata”, continua Barzon. “Una speciale macchina aspira l’aria dal contenitore e vi immette una miscela gas inerti, che ha l’effetto di immobilizzare la carica batterica e ‘allungare’ la vita più al pasto, che poi si può tranquillamente riscaldare”, spiega.
Il servizio mensa
Un pasto sano, fresco e vario a un prezzo contenuto ai 45 dipendenti della società. E’ stata questa la scelta di Matchplat che ha portato a incrociare il cammino dei cuochi di A mano a mano. “Siamo entrati in contatto con la società Intervallum, di cui è socio e membro del cda Andrea Cottinelli, che è anche componente del consiglio direttivo di A mano e mano, e così è nata questa collaborazione”, spiega a Interris.it Michela Dellavite, chief People and culture officer di Matchplat. “Abbiamo installato nella nostra sede di Bergamo una vending machine da cui i nostri dipendenti, con un voucher che gli consente di prendere fino a due pasti al giorno, contenuti in delle vaschette sottovuoto che garantiscono la conservazione per una decina di giorni” – illustra la manager della società – “le pietanze vengono cambiate due volte a settimana è il menù vario”. “Ci piacerebbe ampliare questo servizio”, partito lo scorso 9 maggio, “che ci permette di unire l’utilità alla solidarietà”. “In questo progetto, come in tutti gli altri laboratori, il compito dell’educatrice professionale e dello psicologo che seguono il gruppo è quello di creare un clima in cui tutti lavorino bene insieme e assimilino principi e valori come il rispetto, la mutualità, disponibilità, l’aiuto tra colleghi”, afferma Barzon. “Anche se si tratta per la maggior parte di un gruppo di persone con disabilità, se passano questi valori anche loro sono in grado di rispondere alle richieste, come farebbe un gruppo di persone che per comodità chiamiamo ‘normodotate’. Anche perché dobbiamo assicurare un certo numero di pasti al giorno al ristorante e lo stesso dicasi per le mense”, puntualizza.
Capitale umano
“Le aziende cercano chi può fornire loro un servizio, per cui serve uscire dal paradigma assistenzialista nei riguardi della persone con disabilità”, spiega ancora Barzon. “La cooperativa lavora per far capire alle persone che segue quali siano i loro limiti, che si tratti di disabilità psichiche o fisiche, di dipendenze o altre condizioni di svantaggio, per aiutarli costruire le proprie capacità, il loro capitale umano”. “Nel momento in cui si trova di fronte a situazioni critiche, il terzo settore cerca di positivizzarle per rispondere alle richieste del territorio”, conclude Barzon.