I bambini “gifted” o “plusdotati” sono quelli dotati di un elevato potenziale cognitivo, evidente sin dai primi anni di vita e bisognosi di attenzione per evitare ricadute a livello emotivo e comportamentale. Sono chiamati anche “bambini ad alto potenziale cognitivo” (A.P.C.), nel linguaggio comune si usano i termini “bambino prodigio”, “genio” o il noto francesismo “enfant prodige”. Il lemma inglese “gifted” è traducibile, in italiano, come “dotato”. Tali alunni sono particolarmente curiosi, divoratori di notizie e informazioni, supportati, nell’epoca attuale, dalle potenzialità del web. Spiccatamente autodidatti, la loro abilità si dimostra anche nell’effettuare collegamenti concettuali e in una spiccata creatività, alimentata, a sua volta, da una profonda curiosità. Manifestano capacità superiori alla media e anticipano, rispetto ai coetanei, alcuni apprendimenti. In alcune materie, risultano già informati, per cui, spesso, dimostrano scarso interesse durante le lezioni. Occorre saper individuare precocemente tali situazioni, per il bene del bambino (visto come un oggetto estraneo, con difficoltà relazionali) e della classe intera.
In un’ottica costante di inclusione, è necessario, quindi, coordinare le grandi potenzialità e renderle un bene comune, di traino per tutta la classe anziché isolare colui che viene visto come un “piccolo scienziato”, il saccente e saputello di turno. Possono, infatti, nascere invidie che sfavoriscono l’intesa tra coetanei. L’inclusione vale anche per loro, il rischio è che possano rimanere isolati. La scuola, dal canto suo, deve iniziare a valutare e gestire tale particolare “diversità”. “Viale Trastevere” ha previsto dei piani personalizzati, con approfondimenti didattici e programmi avanzati, inserendo i ragazzi gifted nella tutela dei BES (Bisogni Educativi Speciali).
Il ministero, attraverso la Circolare n. 562 del 3 aprile 2019, ha precisato al riguardo “In base alle segnalazioni ricevute dalle scuole e alle comunicazioni scientifiche dei settori accademici di riferimento, emerge come fra la popolazione scolastica siano presenti bambini ad alto potenziale intellettivo, definiti Gifted children in ambito internazionale. A seguito dell’emanazione della Direttiva 27.12.2012, molte istituzioni scolastiche hanno considerato tali alunni e studenti nell’ambito dei Bisogni Educativi Speciali. Tale prassi, assolutamente corretta, attua la prospettiva della personalizzazione degli insegnamenti, la valorizzazione degli stili di apprendimento individuali e il principio di responsabilità educativa”. Il concetto di “accelerazione”, auspicato da molti (anche dagli stessi genitori per far primeggiare il proprio figlio) rivolto al “salto di classe”, più avanzata rispetto a quella frequentata, non assicura un corretto dispiegamento della personalità del bambino e lo espone a problematiche serie. Santa Teresa di Calcutta ricordava “I genitori devono essere affidabili, non perfetti. I figli devono essere felici, non farci felici” e “Ogni giorno Dio infonde in noi la sua grandezza e noi la ritroviamo negli occhi dei nostri figli”.
Daniela Silvana Mecchi e Giovanna Caia, psicologhe e psicoterapeute, sono le autrici del volume (sottotitolo “Una guida per genitori e insegnanti”), pubblicato nel settembre 2021 da “Il Melograno-Fabbrica dei Segni”. L’estratto recita “Questo manuale parla dei bambini plusdotati, i gifted o talented. Propone tante domande semplici a cui è difficile dare risposta. Come capisco se il mio bambino è gifted? Perché tante difficoltà a scuola? Cosa posso fare come genitore? Il volume nasce dall’esperienza di genitori e insegnanti e si propone di fornire risposte utili e concrete”.
Humanitas Medical Care, rete di centri e poliambulatori medici, il 7 marzo scorso, al link https://www.humanitas-care.it/news/studenti-plusdotati-perche-vanno-male-a-scuola/, ha riportato dei numeri “Le statistiche internazionali evidenziano che la percentuale dei soggetti con alto potenziale cognitivo (QI dal 120 al 129) è circa il 5 % della popolazione, mentre i soggetti plusdotati (QI dal 130) sono il 2,5%”. Chiarisce anche “È diffusa la definizione psicometrica secondo cui la plusdotazione è una prestazione elevata ai test di intelligenza con un QI pari o superiore a 130. Ma la plusdotazione è una complessa costellazione di caratteristiche personali, genetiche e comportamentali che si possono esprimere in modi differenti e il QI non può essere l’unico indicatore della sua presenza”.
Scuola.net, portale di risorse e proposte didattiche gratuite, il 13 dicembre scorso, al link https://www.scuola.net/news/698/studenti-con-plusdotazione-cognitiva-come-comportarsi, aveva riportato il seguente dato “I bambini ad alto potenziale cognitivo (APC) rappresentano l’8% del totale degli alunni italiani. Una percentuale alta, di circa un bambino per ogni classe, un dato che quindi non può essere ignorato”.
Bambini prodigio eccellono nella musica, nella matematica e altre attività; la storia ricorda personaggi leggendari quali Leonardo, Galilei, Einstein. Saper accogliere questo potenziale cognitivo significa anche assecondarlo, promuovendone l’espressione e non lasciandolo inutilizzato o tendente verso il basso. Occorre evitare giudizi troppo affrettati e non definire tali alunni come bizzarri, impazienti o distratti. La loro sensibilità è molto pronunciata ed è necessario bilanciare lo sviluppo cognitivo con quello emotivo, riducendo qualsiasi squilibrio e pregiudizio tra studenti, tra i gifted e i loro pari. La forte emotività di cui dispongono, accompagnata a un eccessivo senso di autocritica, li rende più vulnerabili ai traumi psichici, complice una sopravvalutazione della realtà e delle relazioni sociali.
La plusdotazione non ha una caratterizzazione unica e assoluta, al momento la discriminante su cui si fonda è quella del quoziente intellettivo (QI). Le capacità cognitive devono essere elaborate in maniera dinamica, evolutiva e condizionate da fattori extra didattici, come le emozioni, l’ambiente, le relazioni familiari e sociali. A volte, si tende a sottovalutare un concetto invece importante: non solo l’intelligenza ma anche la profonda emotività concorre alla plusdotazione. Quest’ultima, da alcuni studiosi è spiegata con parametri esclusivamente ambientali, senza riferimento a cause di carattere genetico.
Precocità, iperattività, lungimiranza e condivisione potrebbero non esser comprese, all’esterno, nella giusta maniera. Occorre sempre ricordare come i gifted non siano perfetti, non siano robot ma esseri umani in carne e ossa. Essere un bambino ad alta potenzialità non garantisce risultati scolastici eccellenti. Il peso delle responsabilità e le aspettative (dei genitori e della scuola) che il gifted incontra nel corso della sua vita scolastica tendono ad aumentare, sino ad arrivare, in alcuni casi, a un punto critico. Il web rappresenta un’occasione importante in quanto fornisce documenti e informazioni in quantità quasi infinita. Il pericolo deriva da un rischio di abuso e di relativo isolamento sociale. Altra sfida è l’utilizzo dei social: fonte, tra i giovanissimi, di massima integrazione e, al tempo stesso, purtroppo, di emarginazione.
La problematica più rilevante, che può interessare ogni alunno, è quella dello “stigma”, della bollatura ed etichettatura sociale, dalla quale è difficile tirarsi fuori e che condiziona lo stile di vita sino a renderlo disagiato. La discriminazione, infatti, può riguardare tutti e tarpare lo sviluppo della personalità. Lo stigma è una piaga sociale che fonda le sue basi sulla divisione, sull’“escludere da”. Alcuni si vergognano di essere “diversi” e tendono a nascondere il proprio talento pur di essere ben accetti dai pari.
La diversità di questi bambini, dunque, può rappresentare un elemento di diffidenza ed esclusione. Ne consegue una versione particolare di bullismo che attacca e isola gravemente gli studenti APC, relegandoli all’isolamento e alla derisione sociale. La loro attività sociale e le capacità cognitive si riducono o si annullano.
La società, ipercompetitiva, sfrutta e immette questi ragazzi nell’“arena”, senza tutelarli e rispettarne lo spirito. Una comunità non basata sulla competizione e sul raggiungimento del traguardo a tutti i costi, anche a spese anche del prossimo, è, invece, in grado di accogliere e valorizzare le potenzialità di tutti, nella loro molteplicità, senza stressare e penalizzare l’individuo.