Un progetto che viene dalla strada e che abbraccia le persone più bisognose. Un vero progetto che coinvolge un gruppo di persone per offrire consulenza legale, perché per strada c’è tanta fame di giustizia. Loro sono gli “Avvocati di Strada”, professionisti del settore che mettono a disposizione la propria attività per far si che ci sia un mondo migliore, perché credono in una società diversa fondata sui valori della solidarietà e dell’altruismo. L’Associazione “Avvocato di strada”, fu realizzato per la prima volta nell’ambito dell’Associazione Amici di Piazza Grande, che nacque a Bologna alla fine del 2000, con l’obiettivo fondamentale di tutelare i diritti delle persone senza dimora. Più parti sentirono la necessità di poter garantire un apporto giuridico qualificato a quei cittadini oggettivamente privati dei loro diritti fondamentali.
Un condivisione di esperienze dal 2007
“Gli sportelli legali di Avvocato di strada sono legati dall’Associazione Avvocato di strada Onlus, nata nel febbraio 2007 per favorire una crescita comune delle esperienze e per condividere, attraverso il confronto di esperienze, un’idea comune sugli obiettivi e le modalità di intervento – racconta ad InTerris.it l’Avvocato Antonio Mumolo, presidente dell’Associazione -. Avvocato di strada vuole fa riflettere sulle caratteristiche e sui cambiamenti del contesto sociale, favorire lo scambio di informazioni tra gli operatori di territori diversi per migliorarne le competenze e renderle più specifiche ed adatte alle diverse realtà”.
Com’è strutturata l’Associazione
“All’attività degli sportelli partecipano a rotazione avvocati che forniscono gratuitamente consulenza e assistenza legale ai cittadini privi di dimora, oltre a volontari che si occupano della segreteria e della conduzione dell’ufficio. Altri avvocati, inoltre, pur non partecipando direttamente all’attività dello sportello, danno la loro disponibilità a patrocinare gratuitamente uno o due casi l’anno riguardanti persone senza fissa dimora”. E tra gli obiettivi futuri “vi è quella di aprire sedi di ‘Avvocato di strada’ nelle principali città italiane dove risiedono persone senza dimora”.
L’emergenza legale in strada
“In strada si chiede di tutto, ci sono problemi di diritto del lavoro perché magari ci sono persone che vanno a lavorare e poi non gli viene riconosciuto perché sono dei barboni; ci sono problemi di diritto di famiglia, separazione, divorzi, questioni relative ai figli minori. Ci sono questioni di diritto previdenziale, e relative al diritto alla residenza; poi ci sono problemi di natura penale, natura amministrativa, si pensi solo alle multe, ai permessi di soggiorno per gli stranieri che vivono in casa”. Ha sottolineato il Presidente e a proposito di numeri ha ricordato che nel 2019 sono state difese circa 4.000 persone dall’Associazione di Avvocati, con un bilancio sociale suddiviso in diritto civile, penale e amministrativo. “In tutto, da quando siamo nati abbiamo fatto circa 30.000 pratiche. Siamo lo studio più grande d’Italia per numero di avvocati che ne hanno preso parte, ma allo stesso tempo siamo anche quello che fattura di meno. La nostra ricchezza sta nel prossimo e nel poter vedere gli altri tornare a sorridere grazie al nostro sostegno”.
La fase dell’approccio
“Ci sono casi in cui siamo noi ad avvicinarci agli utenti e casi in cui sono loro a chiedere il nostro aiuto. Si affidano a noi perché la nostra attività è completamente gratuita. Infatti, secondo il nostro statuto, chi vuol partecipare in strada sa che fa del volontariato puro, l’avvocato che contribuisce alle nostre attività sa che se fa una causa per una persona senza fissa dimora e la vince, facendo si che la controparte paghi le spese legali, l‘onorario dell’avvocato per statuto lo devolve tutto l’associazione e non si può percepire nessun tipo di utilità”.
Cos’è che vi motiva così tanto? E soprattutto come vi finanziate?
“Il nostro monito è il desiderio di una giustizia sociale. Cerchiamo sempre di fare lavoro di sensibilizzazione e ci finanziamo con il sostegno dei privati. Non prendiamo soldi dalle pubbliche amministrazioni perché potrebbero rappresentare ipotetiche contro parti, ma c’è la possibilità di donare il 5×1000. Quando vinciamo la causa i soldi vanno all’associazione e facciamo delle cene di finanziamento”.
Emergenza Covid ed emergenza legale
“In questo periodo abbiamo chiuso le sedi fisiche, ma abbiamo mantenuto la consulenza on-line portando avanti tutto ciò che potevamo fare telefonicamente. Abbiamo comunque continuato a supportare le persone senza dimora e poi abbiamo intrapreso una serie di battaglie facendo un appello al Presidente del Consiglio e ai presidenti di regione per chiedere sostanzialmente tre cose:
- Smettete di multare le persone senza dimora. Sembra assurdo ma abbiamo avuto tante persone senza dimora che al limite non hanno neanche un posto in un dormitorio e sono state multate perché non stavano a casa. Ma come si a multare una persona che non resta a casa se una casa non ce l’ha?.
- Piuttosto che multarli dategli un tetto, organizzate con i comuni il prolungamento dei piani freddo, per fare in modo che tutte queste persone un tetto lo abbiano per consentire anche a loro di proteggersi rispetto all’emergenza covid.
- E soprattutto dategli un medico. La stragrande maggioranza delle persone che vive in casa non ha un medico di base perdendo il diritto alla salute perché perde la residenza e senza l’iscrizione all’anagrafe del comune in cui ci si trova in Italia si perde il diritto alla salute. Si ha diritto solo alla prestazione di pronto soccorso. Il diritto alla salute non è soltanto un diritto individuale. Ognuno di noi è garantito dall’art 32 della Costituzione, è anche un diritto collettivo. Perché se una persona si ammala e ha una malattia infettiva, ieri poteva essere la tubercolosi, oggi è il covid, diventa focolaio di infezione ed è un pericolo e un problema per tutti.
Cosa significa difendere i diritti degli ultimi?
“Ognuno di noi ha una motivazione per fare volontariato, però c’è un minimo comune multiplo, c’è chi lo fa perché è cattolico, e quindi la vive come una missione, ma anche chi lo fa semplicemente perché crede che questo sia il modo migliore per costruire una società più giusta. Perché difendere i diritti delle persone più deboli, alla fine, significa difendere i diritti di tutti”.