Le persone con disabilità in Italia sono più di 3 milioni. In arrivo la scure delle tariffe. “Approvare il Nomenclatore tariffario così come trasmesso alle Regioni (con decreto congiunto Mef-ministero della Salute) ha un effetto sicuro. E cioè decretare la morte di un comparto di oltre 2000 aziende che realizzano ausili e protesi. Ma soprattutto aggravare le difficoltà e le tasche di chi è già colpito da una disabilità”. A lanciare l’allarme in vista della ratifica del nuovo Nomenclatore tariffario il prossimo 31 gennaio è Massimo Pulin. Presidente di Confimi Sanità. E a capo di un’azienda che da oltre 90 anni lavora in supporto dei più deboli.
Disabilità penalizzata
Confimi Industria Sanità rappresenta oltre 780 aziende e circa 10 mila addetti che operano nei più differenti ambiti del settore. Dal biomedicale alla produzione, distribuzione e commercio di macchinari, dispositivi e presidi medicali. Dai laboratori all’assistenza sanitaria e sociale. “Sono oltre vent’anni che si lavora con lo stesso nomenclatore tariffario. Che dovrebbe invece essere aggiornato ogni due anni– sottolinea Pulin-. Ora abbiamo la possibilità di aggiornarlo. Dando spazio alle innovazioni introdotte nel settore. E invece siamo di fronte a un elenco incompleto e non remunerativo“. La preoccupazione del comparto è forte. E nasce da due considerazioni. Secondo Confimi Sanità “da una parte il nuovo Nomenclatore per come strutturato è lacunoso. Manca, infatti, di “alcuni ausili indispensabili e complessi che non possono essere affidati alle gare d’appalto”. Dall’altra parte, invece, l’allarme di Confimi Sanità deriva dal calcolo delle tariffe associate alle protesi/ortesi e ausili. “Assolutamente insostenibili” per le aziende del settore.
Su misura
“Un taglio delle tariffe. Che già oggi in alcuni casi non sono sufficienti a coprire il costo dei presidi forniti. E che non tiene conto dei costi di produzione e di ricerca e innovazione. Senza considerare che si tratta di prodotti che, essendo spesso realizzati ‘su misura’, necessitano di una cura quasi sartoriale”, precisa Pulin. “L’impatto sulle aziende del comparto potrebbe decretarne la chiusura stessa. Con gli inevitabili danni economici. E il ricorso agli ammortizzatori sociali”, prosegue. Un costo sociale altissimo. Se si aggiungono i danni sanitari derivanti da forniture inappropriate. Oppure- ipotesi più che reale- dalla mancanza di forniture. E scendendo nel dettaglio Confimi Sanità ricorre a un esempio concreto.
Diritti negati
“Pensiamo a un paziente diabetico a cui con i nuovi Livelli essenziali di assistenza (Lea) saranno negate scarpe terapeutiche di prevenzione. Senza questo genere di calzature specifiche il paziente è destinato ad essere ospedalizzato. Un piede diabetico non trattato con calzature terapeutiche andrà incontro ad amputazione nell’arco di 3-5 anni. E il costo di un’amputazione va dai 15 ai 50 mila euro“. Numeri catastrofici che si analizzano alla luce da quanto indicato appunto da un’indagine Istat. I disabili in Italia sono più di 3 milioni.
La storia si ripete
“La storia sembra ripetersi- sottolinea il presidente di Confimi Sanità-. Ci eravamo già trovati in questo stato nel 2017. Dopo quasi 20 anni sembrava vedere la luce il nuovo nomenclatore tariffario. Poi risultato inadeguato. A giudizio praticamente di tutti. Delle associazioni maggiormente rappresentative della categoria. Delle società scientifiche di medicina fisica e riabilitativa. Di SiDiMa (Società Italiana Disability Manager). E non ultime dalle organizzazione dei pazienti”. Quindi “bisogna intervenire urgentemente, non sempre si può correre ai ripari”.