Dalle lunghe attese nelle camere detentive alle assi del palcoscenico, dove il mondo “di dentro” e il mondo “di fuori” si incontrano, annullando la temporanea cesura che li separa per la durata della rappresentazione. Da un’esperienza la cui durata è scandita in termini di minuti può scaturire una consapevolezza che ci si porterà dentro per la vita: ogni persona può rigenerarsi e riscattarsi. Il teatro in carcere è una delle pratiche che si hanno a disposizione per applicare l’articolo 27 della Costituzione, nella parte dove recita che le pene “devono tendere alla rieducazione del condannato”. Con l’arte si possono ripensare gli istituzioni penitenziari, dando alle persone private della libertà personale gli strumenti per un lavoro su di sé e sulla relazione con gli altri e per acquisire competenze lavorative nei mestieri del teatro. Questi sono gli obiettivi del progetto Per Aspera ad Astra – Come riconfigurare il carcere attraverso la cultura e la bellezza, nato nel 2018 su iniziativa dell’Associazione di Fondazioni e Casse di risparmio (Acri). Questa esperienza, che ad oggi vede una rete nazionale formata da una decina di compagnie teatrali tenere laboratori dall’autunno alla primavera in 15 tra case di reclusione, carceri e due istituti minorili, e dal 2018 in avanti ha coinvolto un migliaio di detenuti, è stata riconosciuta anche dal Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria (Dap), che nel 2021 ha sottoscritto con Acri un protocollo d’intesa.
Obiettivi culturali e reinserimento
L’idea è stata generata dal lavoro che da più di trent’anni compie una delle principali figure del teatro di ricerca italiano, il regista e drammaturgo Armando Punzo, fondatore nel 1988 della Compagnia della Fortezza, la prima nata all’interno di un carcere, quello di Volterra, in provincia di Pisa. Tra i soggetti che la sostengono, anche la Fondazione Cassa di risparmio di Volterra che alcuni fa, spiega a Interris.it il responsabile area comunicazione di Acri Giacomo Paiano, ha coinvolto alcune delle altre associate ad assistere a uno spettacolo nella casa di reclusione del comune toscano. “L’esperienza ha convinto i presenti, i quali hanno deciso di proporre un’iniziativa a carattere culturale simile adottando la ‘formula’ di Punzo e di estenderla ad altre città italiane”, racconta Paiano, “così è nato il progetto Per Aspera ad Astra, in seno alla Commissione per le Attività e i beni culturali dell’associazione, con obiettivi, appunto, culturali, che hanno anche ricadute positive in termini di reinserimento, sociale e lavorativo, delle persone detenute”.
Attori e maestranze
Il carcere come luogo che si ripensa: l’istituzione cui spetta regolamentare la vita delle persone che ha in custodia deve essere capace di adattarsi alla flessibilità propria dell’arte. Il teatro vi entra quando una delle fondazioni bancarie associate di Acri individua una compagnia locale, che abbia già avuto esperienza di laboratori teatrali del genere o meno, fa una valutazione insieme a quella della Fortezza e in seguito si mette in contatto con il penitenziario del territorio per far partire il progetto. “Le compagnie si riuniscono a Volterra per un periodo di formazione e di condivisione di esperienze, poi da ottobre tengono i laboratori e tra aprile e maggio portano in scena gli spettacoli, che aperti alla cittadinanza”, continua Paiano. Dall’autunno alla primavera si svolgono laboratori che non si limitano a insegnare alle persone prive della libertà personale come recitare una battuta e come muoversi sul palco, ma comprendono la formazione delle maestranze. “Il progetto riguarda tutti: ci sono detenuti che fanno gli attori, altri lavorano sul testo in veste di drammaturghi – a meno che non ce ne sia già uno -, altri ancora si occupano di realizzare i costumi, oltre a coloro che ‘diventano’ addetti alle luci”, illustra il responsabile area comunicazione di Acri. Per Aspera ad Astra punta a fornire esperienze professionalizzanti, anche con tirocini al di fuori del carcere, per cercare di assolvere in pieno alla funzione di reinserimento di queste persone.
L’incontro
Le rappresentazioni si svolgono sia all’interno degli istituti che in teatri all’esterno. Nel secondo caso, le persone detenute tornano temporaneamente “fuori”, mentre nel primo sono gli altri a entrare dentro il carcere. “L’incontro fra i due mondi consente di capire che la cesura che li separa è provvisoria, temporanea”, argomenta Paiano, “anche grazie al fatto che ci sono compagnie in cui attori, reclusi e non, si mescolano”. “Il pubblico si trova, per un’ora o un’ora e mezza, a fare i conti con una realtà in cui, quando si è coinvolti dalla storia che viene rappresentata in scena, non ci si ferma a pensare al vissuto di quelle persone detenute”, conclude.