Una vita trascorsa in anticipo sui tempi, portatrice sana dell’essenza più profonda dell’essere cristiani e, al tempo stesso, dotata di una forza d’animo fuori del comune, in grado di farle condurre (e vincere) alcune delle sfide più impegnative del suo tempo. E’ una figura intrisa di valori quella di Armida Barelli, attivista milanese che riuscì a convogliare la sua vita sul binario della lotta senza perdere mai di vista l’orizzonte della cristianità, quell’insegnamento evangelico che portò con sé in ogni esperienza, dalle battaglie per l’emancipazione della donna all’assistenza concreta agli ultimi della società. Figura centrale del laicato cattolico femminile, “Ida” Barelli si fece carico delle istanze delle donne, nel difficile periodo della Seconda guerra mondiale e, in seguito, nell’altrettanto complessa fase di ricostruzione del tessuto sociale italiano, rivestendo un ruolo cruciale nella concessione del diritto di voto alla componente femminile della nostra popolazione.
La testimonianza
La gioventù la trascorse nella borghesia della Milano degli albori del ‘900, testimone del passaggio da un secolo all’altro, quando le illusioni di un mondo in evoluzione si scontrarono fatalmente con la decadenza reale della società umana di inizio secolo. Nessun matrimonio, poiché la sua vera vocazione era un’altra, quella dell’apostolato operoso, sempre a contatto con i sommersi, coloro che l’inferno della guerra e l’incertezza della rinascita avevano lasciato indietro: “Ho avuto l’opportunità di girare il mondo e di conoscere l’Italia, anche per motivi di carattere sportivo e politico – ha raccontato a Interris.it Paolo Barelli, presidente della Federazione italiana nuoto e pronipote della venerabile Ida -. Andando avanti nella mia vita ho incontrato in Italia tantissimi istituti religiosi che hanno una devozione incredibile, ancora oggi, per le attività svolte da mia prozia in favore dell’emancipazione femminile e anche per il ruolo storico avuto nell’ambito della vita politica durante la Seconda guerra mondiale e nel Dopoguerra”.
Le radici del sogno
Figura centrale, nella vita di Armida Barelli, quella di padre Agostino Gemelli, conosciuto nel 1910, quando l’Italia, ancora ignara del suo destino, viveva in modo controverso il passaggio da un secolo all’altro. E’ in quel periodo che, spronata dal frate francescano, fonda la Gioventù femminile di Azione Cattolica a Milano. Di lì, inizierà il vero apostolato della giovane Ida, il cui carisma non tarderà a manifestarsi, chiamando a sé tantissimi giovani: “Avendo relazioni da nobildonna, sia col mondo politico che vaticano – ha detto ancora Barelli -, ebbe un ruolo notevole anche nella concessione del voto alle donne. Ha lasciato un segno non solo di carattere spirituale, quindi una donna devota e prodiga di attività volte al bene, ma è stata anche protagonista di un momento storico. Una figura eccezionale, anche per il periodo in cui ha operato, molto delicato per la vita politica del Paese, e non solo”.
Tra fede e cultura
Una donna capace di lasciare un segno in anni difficili, non solo nella sua attività come vicepresidente di AC (carica che ricoprirà per tre anni, a partire dal 1946), ma anche come donna di preghiera e di impegno civile: “Una cosa davvero particolare e importante, è che sono state realizzate anche in Cina delle istituzioni religiose cattoliche che portano il suo nome. Una scoperta incredibile che io ho fatto andando lì di persona. Sono andato a studiare tutto questo, a valutare quello che è stato scritto… Lei era anche una grande donna di cultura, perché con padre Agostino Gemelli fonda la gioventù femminile cattolica, partendo da Milano, poi l’Università cattolica del Sacro Cuore. Attività incredibili per una donna dell’epoca”.
Devozione sconfinata
In altri Paesi, come il Regno Unito, le battaglie per l’emancipazione femminile erano iniziate da decenni, arrivando con un’eco tardivo e lontano nel nostro Paese, dove la lotta per i diritti impiegò molto più tempo a portare i suoi frutti: “E’ stata la donna dell’emancipazione e dell’affermazione del ruolo della donna nella società – ha raccontato ancora il presidente della Fin -, in periodi in cui non era riconosciuto. Poi con il lavoro assieme a padre Gemelli, ha creato una serie di attività che hanno lasciato il segno. Cose che negli anni io ho toccato con mano di persona: magari, in un istituto religioso, non venivo riconosciuto tanto per le mie attività sportive o politiche, quanto per ciò che ha fatto la mia prozia, di cui qualcuno conservava ancora un ricordo. Ho scoperto di persone devote ad Armida Barelli in ambiti che io nemmeno immaginavo. Purtroppo gli anni passano, il mondo gira veloce e le persone si perdono nel vortice del tempo che passa”.
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Un carisma fuori del comune
Una forza d’animo fuori del comune, unita a una fede incrollabile, furono dettagli che non sfuggirono a Papa Benedetto XV, che le affidò il compito di istituire la Società degli Amici cattolici dell’Università del Sacro Cuore: “Ricordo che, nell’ambito della Cina settentrionale, la fondazione della gioventù femminile, fu un’attività di collegamento anche con il Papa di allora, Benedetto XV, che aveva dato a lei dei compiti che andavano oltre il dedicarsi semplicemente alla preghiera. Era una donna che lasciava il segno. Si parla di posti lontanissimi, dove ora si arriva con 10 ore di aereo ma che prima erano quasi irraggiungibili. Credo si trattasse prevalentemente di attività a sostegno dei poveri e anche di ricerca di vocazione religiosa. E ci sono ancora tracce di questa attività, identificabile anche nei suoi documenti. Una donna gracile ma di famiglia importante, della cosiddetta ‘Milano bene'”. Una donna dal carisma eccezionale, capace di segnare un’epoca di passaggio con la volontà ferma di chi costruisce e la passione tipica di chi crede che tutto sia possibile: “Certamente ha lasciato il segno, e specialmente in quegli anni a cavallo tra la guerra e il secondo Dopoguerra, così complessi per l’Italia, tante vicende di emancipazione l’hanno vista protagonista, in un momento storico in cui si misurava la reale volontà di permetterla”.