Armenia-Azerbaigian: a rischio i luoghi di culto

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Foto di Nasser Ansari su Unsplash

Il Papa, all’Urbi et Orbi di Pasqua, ha incoraggiato i colloqui tra l’Armenia e l’Azerbaigian. Affinché “con il sostegno della Comunità internazionale, possano proseguire il dialogo, soccorrere gli sfollati, rispettare i luoghi di culto delle diverse confessioni religiose. E arrivare al più presto ad un accordo di pace definitivo”. Il rapporto di Chw sul Nakhichevan rivela che in dieci anni sono stati completamente distrutti 108 monasteri, chiese e cimiteri armeni medievali e della prima età moderna. Si sono salvati pochi siti armeni. Il tentativo da parte dell’Azerbaigian di cancellare ogni traccia del patrimonio storico degli armeni è una storia antica. Nel Nakhichevan, tra il 1998 e il 2005, gli azeri distrussero la maggior parte di circa 2.500 khachkar, le tradizionali croci di pietra. Considerate tra le manifestazioni più alte del patrimonio religioso armeno, riconosciute nel 2010 Patrimonio dell’umanità dall’Unesco.

Armenia (© Makalu da Pixabay)

Adesione alla Nato

Il Caucaso è un angolo tormentato dello scacchiere internazionale. Il ministro degli Esteri armeno Ararat Mirzoyan afferma che il suo Paese non intende al momento aderire alla Nato ma sta cercando relazioni più strette con gli Stati Uniti e l’Unione europea. “Stiamo già collaborando con la Nato partecipando alle operazioni di mantenimento della pace in Afghanistan. E aumentando la nostra presenza in Kosovo. Questa è una forma di cooperazione. Ma l’intenzione di aderire alla Nato non è una questione che oggi è nell’agenda dell’Armenia”, ha affermato Mirzoyan. “Abbiamo la democrazia e vogliamo rafforzare le istituzioni democratiche – ha continuato il ministro armeno -. Vediamo che gli Usa l’Ue sono partner importanti. Stiamo ora approfondendo le relazioni economiche e politiche con Bruxelles e Washington. Stiamo cercando di garantire la nostra sicurezza e il nostro sviluppo lungo il percorso democratico e istituzionale. E vediamo che ci sono buoni partner in Occidente per questo”.

Nella foto Garen Nazarian, Ambasciatore dell’Armenia presso la Santa Sede

Sos Armenia

Intanto la portavoce del ministero degli Esteri russo Maria Zakharova avverte che l’incontro Armenia-Ue-Usa previsto per il 5 aprile causa preoccupazione a Mosca perché Washington e Bruxelles parlano apertamente di una sua “natura anti-Russia”. Un’alleanza sempre più forte con Cina, Iran e Corea del Nord. Con l’obiettivo di creare una coalizione che sia in grado di controbilanciare quella dell’Occidente. E’ questo a cui sta lavorando la Russia, sempre più isolata e colpita dalle sanzioni per l’aggressione lanciata più di due anni fa contro l’Ucraina. I piani russi sono stati analizzati dall’Isw, l’Institute for the Study of War, che ha notato come negli ultimi mesi Mosca stia premendo sull’acceleratore e promuovendo incontri bilaterali con lo scopo di stringere legami sempre più forti con Pechino, Teheran e Pyongyang. “Il Cremlino ha sfruttato la guerra in Ucraina per perseguire le relazioni bilaterali e creare una coalizione di stati per controbilanciare l’Occidente”, osserva l’Isw, sottolineando come questo sia stato a lungo “un aspetto centrale della politica estera della Russia”. Come esempio, il think tank che ha sede negli Stati Uniti cita l’incontro nelle scorse ore a Mosca tra il viceministro degli Esteri russo Andrei Rudenko e il rappresentante speciale cinese per gli affari della penisola coreana Liu Xiaoming.

Foto © Gwendoline Le Goff/InsideFoto/Image

Strategia russa

I due hanno parlato con una sola voce per accusare gli Stati Uniti e i loro alleati di “pensare in blocco“, in stile Guerra Fredda, e di minacciare l’Asia nord-orientale. Ma la relazione bilaterale politica e diplomatica sempre più forte con la Cina che la Russia sta portando avanti, sfruttando allo stesso tempo le sue relazioni bilaterali con Iran e Corea del Nord, rappresenta proprio il tipo di “pensiero in blocco” di cui Liu e Rudenko hanno accusato gli Stati Uniti e i suoi alleati. In particolare, negli ultimi mesi la Russia ha costruito una collaborazione stretta con la Corea del Nord, dalla quale ha ricevuto missili balistici e munizioni di artiglieria da utilizzare nella guerra contro le forze armate ucraine. In cambio, Mosca avrebbe offerto a Pyongyang una cooperazione tecnologica e altro supporto non meglio specificato, spiega il rapporto di Isw. Ciò, sottolinea, ha preoccupato la Corea del Sud che teme per la sicurezza nella penisola. Altri elementi che provano il lavoro che la Russia sta portando avanti per creare una coalizione anti-Occidente è l’incontro tra l’ambasciatore russo in Cina Igor Morgulov e Fu Hua, capo dell’agenzia di stampa cinese Xinhua. In agenda la cooperazione bilaterale nella sfera dei media, a sottolineare che la battaglia si gioca anche sul piano mediatico. Il presidente iraniano Ebrahim Raisi ha poi avuto una conversazione telefonica con il presidente russo Vladimir Putin per discutere della cooperazione bilaterale. In questa occasione Raisi ha espresso la sua volontà di aiutare la Russia a stabilizzare la regione del Caucaso meridionale, con un riferimento agli sviluppi in corso in Armenia e in Azerbaigian.

Foto di Mili K. su Unsplash

Sanzioni

Nel frattempo carte di pagamento russe Mir smetteranno di funzionare in Kirghizistan a partire da questa settimana. L’operatore locale di pagamenti del Paese cita il rischio di sanzioni secondarie sulla propria infrastruttura di pagamento. Le carte di pagamento Mir  (alternativa di Mosca a Visa e Mastercard) sono diventate più importanti da quando queste società Usa hanno sospeso le operazioni in Russia a causa del conflitto in Ucraina. Quindi le loro carte emesse in Russia hanno smesso di funzionare all’estero. La mossa del Kirghizistan rispecchia quella dell’Armenia, che ha interrotto il servizio delle carte Mir dal 30 marzo. Una situazione che mette in evidenza un grave problema. Ossia gli ostacoli che la Russia deve affrontare per facilitare i pagamenti dei suoi cittadini all’estero. Anche nei Paesi che non hanno imposto sanzioni contro Mosca. La Russia si è rivolta a questi Paesi “amici”, ma solo una manciata di nazioni accetta effettivamente le carte Mir. Anzi le banche di alcuni Paesi hanno fatto marcia indietro nel facilitare le transazioni Mirt. Emerge, infatti, l’urgenza di “ridurre al minimo il rischio di sanzioni secondarie“.

Il leader nordcoreano Kim Jong-un e il presidente russo Vladimir Putin. Foto: Vatican News

Fattore Mir

L’Interbank Processing Centre (IPC) è garante del regolare funzionamento del sistema di pagamento nazionale Elkart. L’interruzione del servizio delle carte bancarie Mir nella sua infrastruttura scatta il 5 aprile a causa della “cessazione di un rapporto reciproco con l’NSPK“. Il Sistema nazionale russo di pagamento con carta (NSPK) ha ricevuto da Elkart l’avviso che Mir avrebbe smesso di funzionare in Kirghizistan. Ma il primo vice governatore della Banca di Russia, Olga Skorobogatova, assicura che la banca centrale sta lavorando per risolvere il problema delle banche straniere che rifiutano le carte Mir. Sono state mobilitate le filiali estere delle banche russe. E il Faster Payments System (FPS), cioè il servizio di messaggistica finanziaria della banca centrale.

Giacomo Galeazzi: