Il 55% è povero e il 18% indigente: sos Argentina. L’Osservatorio del debito sociale argentino dell’Università cattolica (Odsa-Uca) da anni misura gli indicatori socioeconomici. Per il direttore dell’istituzione, Agustín Salvia, è possibile che il livello di povertà nel Paese abbia raggiunto il suo picco massimo. Come all’epoca del default e dell’intervento del Fondo Monetario Internazionale (Fmi), il paese d’origine di Jorge Mario Bergoglio si trova ad affrontare le drammatiche conseguenze sociali della crisi economica. E le implicazioni sulla collettività sono sempre più evidenti. Il livello di povertà in Argentina è definito come un reddito mensile inferiore ai 292 dollari necessari per acquistare un paniere base di beni di consumo per un adulto, o 904 dollari per una famiglia con due bambini. Secondo l’ultimo rapporto dell’Università Cattolica, la povertà è salita dal 44,7% nel terzo trimestre del 2023 al 55,5% nel primo trimestre del 2024. Mentre l’indigenza è passata nello stesso periodo dal 9,6% al 17,5%. La povertà è determinata dal valore del paniere alimentare di base. E raggiunge già 24,9 milioni di residenti nelle aree urbane del paese, mentre circa 7,8 milioni di persone sono nella povertà estrema, definita anche indigenza. “L’insicurezza alimentare totale nelle aree urbane censite dall’indagine Odsa-Uca – evidenzia il rapporto dal titolo ‘Debiti sociali strutturali nella società argentina’ – raggiunge il 24,7% delle persone, il 20,8% delle famiglie e il 32,2% dei bambini e degli adolescenti“. D’altro canto, il 10,9% delle persone, l’8,8% delle famiglie e il 13,9% dei bambini e adolescenti si trovano in una situazione ancora peggiore, con grave insicurezza alimentare“. “Se si considera la regione di Buenos Aires e della sua provincia (Amba) – si rileva – i valori dell’insicurezza alimentare totale si collocano al 26,4% delle persone, al 21,8% delle famiglie e al 35% dei bambini e adolescenti. Se infine si misure l’insicurezza alimentare grave tali valori si collocano al 9,9%, 12,7% e 16,5%, rispettivamente”.
Allarme Argentina
“Dobbiamo essere ascoltati tutti nel Mercosur”, afferma la ministra degli Esteri argentina, Diana Mondino. Rammaricandosi “che non sia stato possibile raggiungere il consenso finale per adottare il progetto di comunicato congiunto degli Stati membri e di quelli associati”. Mondino ha partecipato al vertice del leader facendo le veci di Javier Milei. Spiega che tutte le “delegazioni hanno dedicato lunghe ore e sforzi per riflettere le posizioni” di ciascuno. “È stato un esercizio pragmatico e veramente costruttivo, vicino al consenso quando gran parte del testo era praticamente concordato. Dobbiamo essere ascoltati tutti- evidenzia-. Il valore aggiunto di questo tipo di incontri sta proprio nello scambio di punti di vista, che, lungi dall’essere un problema, deve essere accettato come una pratica sana, a beneficio di tutti i suoi membri”. Dopo aver ringraziato il Paraguay per il lavoro svolto negli ultimi sei mesi, Mondino ribadisce: “Crediamo fermamente che il modo migliore per affrontare le sfide globali sia quello di promuovere le idee di libertà. Per l’Argentina, le ambiguità sono finite. Crediamo nel rispetto e nella salvaguardia del progetto di vita degli altri. Sulla base del principio di non aggressione. In difesa del diritto alla vita, alla libertà e alla proprietà privata. Questo implica il rispetto della volontà popolare come non negoziabile. Nessun colpo di Stato o attacco alla democrazia è accettabile”.
Povertà e indigenza
“Un sistema economico basato sulla libera impresa è l’unico strumento che abbiamo per porre fine alla fame, alla povertà e all’indigenza. È l’obiettivo di tutti. Crediamo che il mercato sia un processo di cooperazione sociale, dove ci sono scambi volontari”, ha chiarito la ministra. Indicando che “il Mercosur è iper-regolamentato e si è chiuso in se stesso. Un Mercosur che, con l’argomento di porsi come ‘barriera protettiva’ contro le importazioni da mercati terzi, non ha fatto altro che limitare le proprie esportazioni, danneggiando il sistema di equilibrio generale che sta alla base degli scambi commerciali. Siamo passati dal ‘creare’ il commercio a ‘deviarlo’. Peggio ancora, la nostra unione è un’unione doganale piuttosto imperfetta”. Nella stessa ottica, Mondino ha evidenziato che “il Mercosur ha smesso di essere una valvola di sfogo. Ed è diventato una camicia di forza che immobilizza e che non fa altro che ingigantire i problemi interni”. C’è poi, il tema della legalità. “Molti Paesi stanno facendo scelte che hanno il modello italiano come riferimento, in Europa ma anche fuori. In America Latina, per esempio, è una scelta che stanno facendo Argentina e Cile, che sono Paesi che stanno misurandosi con fenomeni criminali di straordinaria gravità e il modello a cui guardano è un modello di equilibrio tra efficienza e garanzie, costruito intorno all’esperienza italiana”, riferisce il procuratore nazionale antimafia Giovanni Melillo. Il procuratore Melillo ha parlato al Premio Giorgio Ambrosoli a Milano delle modifiche del sistema di leggi contro la criminalità organizzata in atto in Francia e in altri Paesi sul modello italiano.
Produzione industriale
La produzione industriale in Argentina è calata a maggio 2024 del 14,8% anno su anno. Lo riferisce l’Istituto nazionale di statistica (Indec), evidenziando che, rispetto al mese precedente, la contrazione è stata dello 0,2%. Nei primi cinque mesi dell’anno la produzione segna una flessione del 15,2% rispetto allo stesso periodo del 2023. A maggio dei 16 settori industriali oggetto di analisi, 15 hanno segnato un calo. Il record negativo è per l’industria siderurgica, calata del 31,6% su anno. Inoltre, quattro mesi dopo averlo annunciato, il presidente Javier Milei ha raggiunto la tappa del tanto atteso Patto di Maggio, con la firma di un atto che prevede 10 accordi, per stabilire politiche a medio e lungo termine, che dovrebbero permettere “all’Argentina di andare avanti”. All’evento, che si è svolto a Tucumán, era presente l’intero gabinetto, 17 governatori, delegati delle camere d’affari e l’ex presidente Mauricio Macri, unico ex capo di Stato ad aver accettato l’invito. La cerimonia ha coinciso con le celebrazioni per la dichiarazione di indipendenza del Paese. Il Patto è slittato di quattro mesi a causa dei ritardi dell’approvazione della Legge base e del pacchetto fiscale in Parlamento, approvati e pubblicati sulla Gazzetta ufficiale. L’iniziativa è considerata dal governo come il culmine della prima fase dell’amministrazione Milei, ma vari interlocutori, tra questi la Corte suprema di giustizia, e i sindacati – non hanno risposto all’appello della Casa Rosada. E ‘iniziativa ha così assunto dimensioni ridotte rispetto a quanto sperato.