ArcelorMittal, Furlan (Cisl): “E’ il momento di imboccare la strada della democrazia economica”

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I lavoratori e i sindacati hanno detto no al piano industriale presentato da ArcelorMittal e chiedono garanzie e risposte chiare al governo, inoltre non escludono di inasprire le iniziative di mobilitazione che inizieranno oggi 9 maggio in tutti i siti del gruppo, sia dei lavoratori diretti che dell’appalto. E’ quanto emerso dal consiglio di fabbrica che tornerà a riunirsi nella giornata di mercoledì 10 giugno. Il percorso di mobilitazioni è ritenuto necessario “per respingere il piano industriale presentato dalla multinazionale con cui, ancora una volta, prova a ridisegnare prospettive differenti rispetto a quanto sottoscritto in sede ministeriale lo scorso 6 settembre 2018″, si legge in una nota di Fim, Fiom e Uilm che si sono riuniti ieri nello stabilimento siderurgico di Taranto.

Inaccettabile l’atteggiamento del governo

I sindacati hanno dichiarato che è “inaccettabile l’atteggiamento del governo che continua a trattare con ArcelorMittal, una controparte che ha dato dimostrazione di essere un soggetto inaffidabile e che non rispetta gli impegni sottoscritti continuando a rinviare gli investimenti sulle innovazioni tecnologiche e non garantendo la manutenzione degli impianti”.

Lo sciopero all’ArcelorMittal

Le sigle di metalmeccanici di Cgil, Cisl e Uil hanno proclamato 24 ore di sciopero in tutti gli stabilimenti dell’Ex Ilva, in concomitanza con l’incontro tra le segreterie nazionali e il ministro dello sviluppo economico Stefano Patuanelli. “Le segreterie nazionali di Fim Fiom Uilm, insieme alle strutture territoriali ed alle Rsu del gruppo Arcelor ex Ilva – spiegano in una nota – ritengono inaccettabile il piano industriale presentato da Arcelor Mittal al Governo in data 05/06/2020, non ancora ufficializzato alle organizzazioni sindacali, contenente esuberi all’interno dei vari siti“. Nella serata di venerdì, infatti, sui tavoli dei ministri competenti, Patuanelli (Sviluppo Economico), Gualtieri (Mef) e Catalfo (Lavoro), è arrivato il nuovo piano industriale di ArcelorMittal per Ilva, che prevede in particolare 3.300 esuberi già nel 2020 e il rinvio del rifacimento dell’altoforno 5.

L’intervista ad Annamaria Furlan

Perché é stato rifiutato il piano industriale, lo sciopero generale e cosa dovrebbe fare il governo per risolvere il nodo ArcelorMittal. Sono questi gli argomenti che Interris.it ha affrontato nell’intervista a Annamaria Furlan, segretario generale della Cisl.

Perché non avete accettato il piano industriale presentato da ArcelorMittal?
“ArcelorMittal in questi mesi ha mostrato tutta la sua inaffidabilità, continuando a disattendere gli impegni assunti in sede ministeriale, a partire dall’accordo del 6 settembre 2018. Non solo l’azienda non ha rispettato il piano ambientale ma ha annunciato ulteriori tre mila esuberi a cui vanno sommati altri 1.800 lavoratori rimasti in capo all’Ilva in Amministrazione straordinaria. E’ un fatto inaccettabile. Non si può scaricare il peso di scelte sbagliate ancora una volta sui lavoratori, su migliaia di famiglie ed anche sulle comunità che aspettano da tempo il risanamento ambientale”.

Oggi, congiuntamente con le altre sigle sindacali avete indetto uno sciopero di 24 ore. Cosa chiedete?
“I lavoratori fanno bene ad alzare i toni ed a scioperare. Rivendicano con forza il mantenimento delle promesse sui livelli occupazionali, sugli investimenti e sul risanamento ambientale in tutti i siti. Vogliamo che si tenga fede all’ intesa di due anni fa che prevedeva zero esuberi e la tutela dei lavoratori di Ilva in Amministrazione straordinaria. Arcelor ha continuato invece a rinviare gli investimenti sulle innovazioni tecnologiche e non ha garantito la manutenzione degli impianti. Una condotta davvero irresponsabile”.

Il governo cosa dovrebbe fare per risolvere questa situazione?
“Guardi, sia l’azienda con le sue omissioni, sia la politica con i suoi errori ha delle enormi responsabilità in questa vicenda. Penso alla questione dello scudo penale, un pretesto incredibile offerto su un piatto d’argento ad ArcelorMittal. Per questo è arrivato il momento di fare chiarezza non solo con l’azienda, ma anche con il Governo sul futuro di un settore strategico come l’acciaio. L’Ilva è un esempio classico della mancanza di una politica industriale nel nostro paese. Avevamo fatto un accordo a settembre del 2018 che teneva insieme l’occupazione, investimenti tecnologici e, soprattutto, la riqualificazione ambientale. ArcelorMittal ha cambiato le carte in tavola in mille modi. Noi domani vogliamo avere parole chiare. Se quel patto esiste ancora, se gli impegni si mantengono, se il Governo oltre ai tanti annunci fatti in questi mesi ha in testa un progetto industriale sulla siderurgia. Per noi le questioni pattuite in quell’unico accordo, che ad oggi esiste, rimangono e non si cambia una virgola”.

Voi siete favorevoli ad un intervento pubblico?
“L’intervento dello Stato nelle aziende nei momenti di crisi è utile se alla base ci sono un progetto, oltre che le risorse, un obiettivo chiaro e partnership altrettanto chiara. Lo pretendiamo per Alitalia e Ilva. Ad oggi c’è ben poco, in modo particolare per Ilva. E’ una vergogna quanto successo in questi ultimi due anni. Se lo Stato vuole rilanciare le aziende strategiche, questo deve essere accompagnato da piani industriali credibili, partner adeguati e soprattutto dalla scelta del modello partecipativo. E’ arrivato il momento di imboccare la strada della democrazia economica, favorire fiscalmente la partecipazione azionaria e la presenza dei rappresentanti eletti dai lavoratori negli organismi di controllo e di indirizzo delle aziende. Questa sarebbe la vera svolta per cambiare il nostro modello di sviluppo ed anche la garanzia contro investimenti incauti e delocalizzazioni”.

Manuela Petrini: