L’Arabia Saudita (35 milioni di abitanti) rischia di essere il prossimo scenario della “guerra mondiale a pezzi” descritta da papa Francesco. Dopo l’invasione russa dell’Ucraina, a terremotare la geopolitica mondiale potrebbe essere l’attacco di Teheran a Riad. Sos dei sauditi gli Stati Uniti. L’Iran (85 milioni di abitanti) in fase di sanguinosa repressione del dissenso interno potrebbe avere nel mirino un regno a sua volta opaco. Tra le ambizioni di trasformare l’economia e la società saudite. Accelerando l’emancipazione dalla dipendenza dal greggio. E in parallelo le ombre di un’autocrazia. Accusata di violare i diritti umani. E di sopprimere ogni voce discordante. È questo, nell’analisi di Alberto Magnani, il doppio binario percorso da Mohammed Bin Salman, principe ereditario dell’Arabia Saudita. Protagonista di un’ascesa rapidissima sulla scena nazionale e internazionale dai tempi dell’insediamento al trono del padre, Re Salman.
Allarme-Arabia
L’Arabia Saudita, secondo Wall Street Journal e Associated Press, ha condiviso con funzionari americani informazioni che suggeriscono che l’Iran potrebbe prepararsi a un attacco imminente contro il regno. Secondo tre funzionari Usa, le accresciute preoccupazioni per un potenziale attacco all’Arabia Saudita arrivano mentre l’amministrazione Biden sta criticando Teheran. Per la repressione delle proteste in corso. E per l’invio di centinaia di droni alla Russia da utilizzare nella guerra in Ucraina. Uno dei funzionari che ha confermato la condivisione delle informative d’intelligence definisce credibile la minaccia di un attacco imminente. L’addetto stampa del Pentagono ha dichiarato che i funzionari militari statunitensi “sono preoccupati per la situazione di pericolo nella regione”. E aggiungono: “Siamo preoccupati per il quadro di minaccia. Rimaniamo in costante contatto con i sauditi. Attraverso i canali militari e di intelligence“. Il Consiglio di sicurezza statunitense avverte: “Non esiteremo ad agire in difesa dei nostri interessi e dei nostri partner nella regione“. L’Arabia Saudita non ha risposto alle richieste di commento da parte dei media internazionali. E nemmeno la missione iraniana all’Onu. Nessuna ambasciata o consolato statunitense nella regione ha emesso avvisi o indicazioni per gli americani in Arabia Saudita o in altre parti del Medio Oriente sulla base delle informazioni.
Diritto di proteggersi
Riguardi alle informazioni condivise dai sauditi, il generale Pat Ryder, addetto stampa del Pentagono ribadisce “il diritto di proteggerci e difenderci indipendentemente dal luogo in cui le nostre forze sono in servizio. Sia in Iraq che altrove”. Il portavoce del Dipartimento di Stato Ned Price sottolinea che l’America è “preoccupata per il quadro di minaccia”. Da parte sua L’Iran ha affermato, senza fornire prove, che l’Arabia Saudita e altri rivali stanno fomentando il dissenso nelle sue strade. In particolare ad irritare Teheran è la copertura delle proteste di piazza da parte di “Iran International”. Canale satellitare di notizie in lingua farsi con sede a Londra. Un tempo di proprietà maggioritaria di un imprenditore saudita. Nel 2019 gli Stati Uniti e i sauditi hanno accusato l’Iran di essere dietro a un grave attacco nella parte orientale dell’Arabia Saudita. Un’azione militare che ha dimezzato la produzione del regno ricco di petrolio. E che ha fatto impennare i prezzi dell’energia. Gli iraniani hanno negato di essere dietro l’attacco. Nel quale furono utilizzati droni a forma di triangolo e armati di bombe. Gli stessi ora impiegati dalle forze russe nella loro guerra contro l’Ucraina.
Sott’attacco
Anche i sauditi sono stati colpiti ripetutamente negli ultimi anni da droni, missili e mortai usati dai ribelli Houthi sostenuti dall’Iran nello Yemen. L’Arabia Saudita ha formato una coalizione per combattere gli Houthi nel 2015. Ed è stata criticata a livello internazionale per i suoi attacchi aerei in guerra, che hanno ucciso decine di civili. Nelle ultime settimane, l’amministrazione Biden ha imposto sanzioni a funzionari iraniani per la brutale repressione dei manifestanti dopo la morte della ventiduenne Mahsa Amini. Avvenuta a settembre dopo il suo arresto da parte della polizia morale iraniana. La Casa Bianca ha anche colpito l’Iran con sanzioni per aver fornito droni alla Russia da utilizzare nella sua guerra in Ucraina. Secondo gli attivisti per i diritti umani, in Iran almeno 288 persone sono state uccise e 14.160 arrestate durante le proteste. Le manifestazioni sono continuate. Anche se la temuta Guardia rivoluzionaria paramilitare ha intimato ai giovani iraniani di fermarsi. L’Iran ha già lanciato una serie di attacchi contro le posizioni dei separatisti curdi nel nord dell‘Iraq durante le proteste. Uccidendo almeno 16 persone, tra cui un cittadino americano. Anche le relazioni degli Stati Uniti con l’Arabia Saudita sono tese. Dopo che l’OPEC+, l’alleanza di nazioni produttrici di petrolio guidata da Riad, ha annunciato di voler tagliare la produzione di 2 milioni di barili al giorno a partire da novembre. La Casa Bianca ha dichiarato che sta rivedendo i rapporti con i sauditi a causa di questa mossa.
Nucleare iraniano
L’amministrazione Usa ha affermato che il taglio della produzione sta di fatto aiutando un altro membro dell’OPEC+ (la Russia) a rimpinguare le proprie casse. Proprio mentre Vladimir Putin continua la sua guerra in Ucraina. Giunta ormai al nono mese. Il portavoce del Consiglio di sicurezza nazionale della Casa Bianca, John Kirby, ha ribadito martedì che l’amministrazione continua a temere che l’Iran possa fornire alla Russia missili di superficie. “Non abbiamo ancora conferme, ma è una preoccupazione che abbiamo”, ha detto Kirby. Dunque gli Stati Uniti e altri paesi sollevano preoccupazioni su una possibile azione iraniana. Però l’amministrazione non ha escluso la possibilità di rilanciare l’accordo sul nucleare iraniano del 2015, mediato da Obama. E demolito nel 2018 dal successore Donald Trump. L’inviato speciale degli Stati Uniti in Iran, Robert Malley, ha dichiarato lunedì che l’amministrazione usa non è attualmente concentrata sull’accordo, in stallo da agosto. Tuttavia, Malley ha rifiutato di dichiarare morto l’accordo. E ha detto che la Casa Bianca “non si scusa” per “cercare di fare tutto il possibile per impedire all’Iran di acquisire un’arma nucleare”. L’accordo prevedeva per Teheran un alleggerimento delle sanzioni di miliardi di dollari. In cambio dell’impegno del Paese a ridurre il suo programma nucleare. L’accordo prevede paletti all’arricchimento e alla quantità di materiale che l’Iran può immagazzinare. E limita il funzionamento delle centrifughe avanzate necessarie per l’arricchimento.