La cappa dell’apartheid è nuovamente calata sulle donne afghane. E’ tornato l’apartheid di genere. Il ritorno al potere dei talebani ha fatto ripiombare l’Afghanistan nell’incubo. Dall’universo femminile in esilio si alzano accorate denunce di violazioni sistematiche dei diritti delle donne. A due mesi dalla resa di Kabul qualunque promessa di moderazione è stata smentita dai fatti.
Diaspora rosa
“Se non ci sarà una vera amministrazione inclusiva, è impossibile la stabilità. E in modo o nell’altro continuerà la guerra”, avverte Fawzia Koofi. E’ stata la prima donna a essere nominata vice presidente del Parlamento afghano. Ed è stata tra i rappresentanti del governo di Kabul per i negoziati di pace a Doha. Costretta a sfuggire ai nuovi padroni del martoriato paese asiatico, ha dovuto lasciare la sua terra.
Sos apartheid
“In Afghanistan ci sono diversi gruppi etnici e minoranze religiose- afferma a Europa Press, Fawzia Koofi-. E’ evidente che nessun gruppo può governare il Paese senza inclusione e rappresentatività”. Anche l’ex deputata Naheed Farid è fuggita dal suo Paese. “I talebani non sono cambiati. Il livello di atrocità è lo stesso. Anche se qualcosa è mutato. Ma solo per il bene dell’immagine. Ed è davvero deplorevole che oggi l’Afghanistan sia ancora in questa tragedia umanitaria. E nella condizione di chiedere al mondo aiuti e fondi. Per evitare l’insicurezza alimentare. A un passo dalla catastrofe“, sottolinea Naheed Farid.
Sos assistenza
Prosegue Fawzia Koofi: “La situazione è molto grave per gli afghani. La povertà è ovunque. Per la sopravvivenza della popolazione sono indispensabili gli aiuti umanitari. E l’assistenza e il sostegno internazionale vanno canalizzati soprattutto attraverso le donne. Le donne vanno consultate, incluse”. E puntualizza: “Il 15 agosto, quando hanno preso il potere, i talebani hanno fatto molte promesse. Come il fatto che avrebbero consentito alle donne di tornare al lavoro. E di andare a scuola. Hanno promesso un governo inclusivo. E un’amnistia generale. Ma purtroppo le parole non si sono tradotte in fatti. Perché poco dopo sono iniziate le atrocità contro le donne”.
Inclusione
Oggi, osserva Farid, la comunità internazionale ha due “leve”. Per fare pressioni sui talebani. Da un lato l’assistenza umanitaria. A fronte dell’impegno dichiarato per un governo davvero inclusivo. E del rispetto dei diritti di donne e minoranze. Dall’altro la legittimità a cui punta il movimento islamista fondato dal mullah Omar. Ora in Afghanistan molti individui e famiglie sono a rischio per avere promosso pubblicamente l’educazione per le donne. In pericolo anche dottoresse e professioniste. Alcune famiglie sono state obbligate di lasciare le loro case nelle comunità rurali di montagna. E a nascondersi nelle aeree urbane per passare inosservate. Le donne e le ragazze rimangono dentro casa. Mentre un membro della famiglia, un uomo, esce solamente per rifornirsi di beni essenziali. Le ragazze hanno smesso di andare a scuola. O di lavorare. Perdendo così anche la loro fonte di guadagno. E sono totalmente isolate dalla comunità.