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Anziani, Pantaleo: “Favorire l’invecchiamento in casa propria”

La nostra società, dominata dalla tecnologia e dalla continua ossessione per il denaro, trasmette il messaggio che non c’è più spazio per gli anziani perché considerati improduttivi e di conseguenza inutili. Questa è una visione distorta della realtà perché gli anziani che in Italia sono un milione, rappresentano un patrimonio importante a cui nessuno di noi può fare a meno. La vecchiaia non è da considerarsi la parte finale dell’esistenza di un uomo, ma è semplicemente una stagione della vita da rispettare e tutelare. Inerris.it ha intervistato Domenico Pantaleo, Presidente Nazionale di Auser, associazione impegnata nel favorire l’invecchiamento attivo degli anziani e valorizzare il loro ruolo nella società.

Signor Pantaleo, in Italia gli anziani sono una buona fetta della popolazione. Che problemi affrontano?

“I numeri dicono che la maggioranza degli anziani sono donne in quanto il gentil sesso ha una aspettativa di vita maggiore rispetto ai maschi. In Italia, questo dato comporta un problema reddituale dovuto al fatto che le donne in età lavorativa guadagnano meno e di conseguenza lo stesso reddito prodotto dalla pensione di anzianità è molto basso. Questo aspetto implica un peggioramento della qualità di vita”.

Leggiamo di molti anziani che soffrono di solitudine. Come è possibile?

“L’anziano è una persona che per tantissimi motivi può trovarsi solo. Se mancano gli interessi e gli stimoli la persona anziana si rinchiude in se stessa e non vuole più contatti con il mondo esterno. Ancora peggio se si tratta di una persona non autosufficiente perché in caso manchi una caregiver l’anziano vive la sua quotidianità da solo. La solitudine può sembrare un problema secondario, ma in realtà è una vera e propria piaga sociale che si deve combattere”.

Come si deve intervenire?

“Si dovrebbe favorire l’invecchiamento in casa propria e per farlo si dovrebbe garantire un’assistenza domiciliare adeguata. La figura della badante è importantissima, ma si deve lavorare perché questa possa avere delle competenze tali da assicurare una qualità di vita e di benessere ottimale alla persona assistita. Invecchiare all’interno delle proprie mura di casa vuol dire permettere alla persona di non lasciare la propria vita e la propria storia. Al contrario invece, quando una persona viene portata all’interno di una struttura, in qualche maniera avviene un distacco che può comportare un deterioramento rapido delle facoltà mentali e della stessa voglia di vivere”.

Le Rsa vanno rimodulate?

“Certamene sì perché ad oggi presentano due grossi problemi. Il primo è il costo della retta troppo elevata che per molti è inaccessibile, il secondo le liste d’attesa che sono lunghe. Inoltre, le Rsa non possono essere pensate come un parcheggio dove far sostare le persone anziane, ma devono diventare un luogo dove poter vivere serenamente e con stimoli. Molti anziani che entrano nelle Rsa sono ancora nel pieno delle loro funzioni intellettive e possono benissimo dedicarsi a degli interessi. Sicuramente il primo passo è quello di dare il giusto valore ai caregiver tutelandoli con una legge che riconosca il loro impegno come un vero e proprio lavoro che va riconosciuto e stipendiato”.

Elena Padovan

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