Amianto, Minutoli: “Sbagliato dimenticarsi del killer silenzioso”

Foto di Ennelise Napoleoni-Bianco da Pixabay

Quando si parla di amianto in Italia, si parla di uno dei più grandi disastri del nostro Paese. Nonostante la Legge 257 mise al bando la fibra killer nel lontano 1992, le persone infatti continuano a morire. Dal 1993 al 2018 sono state diagnosticati oltre 31 mila casi di mesotelioma maligno. Le vittime ogni anno sono circa 6000.

E’ l’eredità dell’Italia per essere stata uno dei maggiori produttori e utilizzatori di amianto da inizio ‘900 fino alla legge del 27 marzo 1992, quando ogni attività di estrazione, produzione e commercio di amianto venne bandita.

Oggi, a 32 anni di distanza, subiamo le conseguenze dei livelli di esposizione e dell’utilizzo dell’amianto su vasta scala. Ma anche della bonifica mai ultimata.

Interris.it ne ha parlato con Andrea Minutolo, responsabile scientifico Legambiente.

A sinistra: Andrea Minutolo. A destra: tetto in Eternit. Foto: Legambiente

L’intervista ad Andrea Minutolo di Legambiente

Il 28 aprile si celebra la Giornata Mondiale delle Vittime dell’amianto, un materiale che era considerato miracoloso per la sua resistenza e incombustibilità ma che poi si è rivelato un killer silenzioso. Qual è la situazione in Italia?

“Nonostante l’amianto sia stato messo al bando da oltre 30 anni, la situazione è ancora purtroppo ferma al palo. Sia per quanto riguarda la bonifica negli edifici pubblici e privati, sia per quanto riguarda le morti e l’insorgenza di nuove patologie tumorali causate da questo pericoloso materiale”.

Il nome amianto, o asbesto, è utilizzato per indicare sei diversi minerali della classe dei silicati. Sono tutti cancerogeni?

“Sì. L’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) si è espressa chiaramente: tutti i tipi di amianto sono cancerogeni”.

Quali sono i rischi per la salute?

“La pericolosità dell’amianto è legata alla liberazione delle sue fibre nell’aria. Quando vengono inalate, le fibre entrano in profondità nei polmoni e altri organi, e poiché sono resistenti alla degradazione, non vengono eliminate. A seconda del tipo di cellule coinvolte, le conseguenze possono essere diverse. Se vengono danneggiati i tessuti polmonari, si sviluppa un tumore del polmone; se lo sono le cellule della pleura (la membrana che avvolge il polmone) si forma un mesotelioma pleurico”.

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Qual è la mortalità in Italia?

“Secondo l’ultimo rapporto del Registro nazionale dei mesoteliomi (Renam) in Italia ci sono circa 6.000 morti l’anno. Da sottolineare l’alto il numero di nuove insorgenze che si registrano annualmente, a tre decenni di distanza da quando l’amianto è stato messo al bando. Sinonimo che quello che è stato fatto finora è poco e non sufficiente. Anche l’attenzione mediatica è molto calata, come se si trattasse di un problema ormai superato. Ma purtroppo così non è. L’amianto è ancora presente in Italia e pericoloso per la salute delle persone”.

E’ definito un killer silenzioso. Perché?

“Perché ha una caratteristica purtroppo in comune con molti altri inquinanti che stiamo iniziando a scoprire: il progresso dalla prima lesione alla malattia è in genere molto lungo. Possono passare anche 40-50 anni dall’inizio dell’esposizione all’amianto, e mediamente 25, prima che compaia il cancro, in particolare il mesotelioma, tumori del polmone, della laringe e dell’ovaio. Oggi quindi stiamo registrando le insorgenze di chi è stato esposto all’amianto 30-40 anni fa, tra gli anni ’80 e ’90”.

Sono passati 32 anni dalla legge 257/92 che mise al bando la fibra killer prevedendone la cessazione dell’impiego sull’intero territorio nazionale. Cosa è cambiato da allora?

“E’ cambiato il fatto che non è stato più prodotto. Ed è iniziata la bonifica che però è molto indietro. Poiché l’amianto non è ancora stato bonificato e quello che sta in giro è sempre più degradato, questo fa sì che avremo nuove insorgenze tumorali anche per i prossimi 20-30-40 anni. Fin quando non riusciremo a mettere effettivamente in sicurezza e a bonificare tutto il territorio italiano”.

Perché le bonifiche non sono state ancora ultimate?

“Per diversi motivi. Il problema principale è che, ad oggi, non si sa dove e quanto amianto sia ancora in giro per tutta l’Italia. La mappatura e il censimento dell’amianto – previsti dalla legge del 1992 – non sono ancora completi in tutte le Regioni. Inoltre, la bonifica va a rilento perché ha costi esorbitanti: per poter trattare l’amianto e rimuoverlo in tutta sicurezza bisogna rivolgersi a ditte specializzate, i materiali devono essere portati in discariche specifiche ma in Italia ce ne sono poche e neppure in tutte le Regioni. Questo comporta ulteriori costi per il trasporto, oltre che per lo smaltimento. Il costo eccessivamente elevato dello smaltimento è la causa principale della non rimozione da parte dei privati cittadini che non intervengono perché non hanno i soldi per poter bonificare. Oppure lo fanno manualmente e poi disperdono l’amianto nell’ambiente mettendo a rischio la propria salute e l’ecosistema”.

L’amianto non si trova solo nei tetti dei vecchi capannoni o in strutture private…

“No. E’ ancora presente negli edifici pubblici come scuole, municipi, uffici, luoghi di pubblico utilizzo. Anche qui purtroppo le bonifiche vanno a rilento.  La non conoscenza delle quantità e delle distribuzioni dell’amianto in Italia rallenta il compito di rimuoverlo”.

Chi è a maggior rischio da esposizione amianto in Italia?

“Purtroppo tutti. Non solo le persone che vivono nei siti tristemente noti di produzione, quale Casale Monferrato; ma tutti i cittadini in tutta Italia in realtà sono a rischio esposizione per l’uso estesissimo che è stato fatto negli anni prima della messa al bando. A causa delle sue specifiche che lo rendevano un materiale eccezionale, è stato usato in oltre 3mila prodotti diversi. Dai tetti (il famoso Ethernet) alle caldaie; così come nelle cisterne dell’acqua, nelle tubature, nei tessili, nelle pasticche dei freni, nei componenti dei treni, nei pavimenti. E tanti altri oggetti. Potremmo non sapere di avere vicino a noi dei materiali contenenti amianto. E’ evidente che la reale esposizione all’amianto è molto più vasta di quello che sappiamo. E questo significa che si continuerà a morire di amianto anche nei prossimi decenni. Per interrompere questa catena, bisogna intervenire efficacemente affinché l’amianto resti solo un triste ricordo”.

Milena Castigli: