Per l’Alzheimer, come già avvenuto per il cancro, più che un farmaco risolutivo è probabile che in futuro si disporrà di un cocktail di farmaci per controllare la malattia. A dichiararlo è il presidente della Società Italiana di Neurologia Alessandro Padovani. “Da trent’anni si lavora su farmaci anti-amiloide e negli ultimi anni è più evidente che lavorare su questo meccanismo può essere una strada per rallentare o stoppare la malattia, se presa molto in anticipo“, spiega Padovani. Uno di questi farmaci nei giorni scorsi ha ricevuto l’approvazione definitiva da parte della Fda americana. La demenza di Alzheimer ha, in genere, un inizio subdolo: le persone cominciano a dimenticare alcune cose, per arrivare al punto in cui non riescono più a riconoscere nemmeno i familiari e hanno bisogno di aiuto anche per le attività quotidiane più semplici.
Controllare la malattia
La malattia prende il nome da Alois Alzheimer, neurologo tedesco che per la prima volta nel 1907 ne descrisse i sintomi e gli aspetti neuropatologici. All’esame autoptico, il medico notò segni particolari nel tessuto cerebrale di una donna che era morta in seguito a una insolita malattia mentale. Infatti, evidenziò la presenza di agglomerati, poi definiti placche amiloidi, e di fasci di fibre aggrovigliate, i viluppi neuro-fibrillari. Oggi le placche formate da proteine amiloidi e i viluppi, vengono considerati gli effetti sui tessuti nervosi di una malattia di cui, nonostante i grossi sforzi messi in campo, ancora non si conoscono le cause. “Io non credo che sarà solo questa la terapia per l’Alzheimer”, aggiunge il neurologo Padovani. “Bisogna tenere conto che ci sono molte persone che non sono curabili con questi farmaci. Ma vi sono tante sperimentazioni in atto. In futuro ci sarà un cocktail di farmaci che, come avvenuto per il cancro, permetterà di controllare la malattia”, dichiara lo scienziato ad Anna Capasso. In attesa di nuove terapie efficaci, è importante “non aspettare”. E “ai primi sintomi bisogna sottoporsi a una visita da un geriatra o da un neurologo. Per giungere prima possibile a una diagnosi“. Inoltre “alla politica chiediamo che ci sostengano nella realizzazione di una rete assistenziale e sociale che non lasci queste persone a cercare soluzioni che spesso non riescono a trovare”, puntualizza a Sanità 33.
Sos Alzheimer
Alzheimer: 700mila malati e 15 miliardi l’anno di costi. Un priorità sanitaria per il Paese, certifica l’Iss. In Italia, si stimano oggi circa 1.200.000 casi di demenza. Con un aumento di 150 mila diagnosi ogni anno. E con un tasso di crescita destinato ad aumentare significativamente a causa del progressivo invecchiamento della popolazione. L’ Alzheimer rappresenta la terza causa di morte tra gli over 65 in Europa occidentale. Ciò a seguito di complicanze legate allo sviluppo della malattia. Si tratta di una delle principali cause di disabilità nella popolazione over 60 a livello mondiale. Nei pazienti affetti da demenza di Alzheimer si osserva una perdita di cellule nervose nelle aree cerebrali vitali per la memoria e per altre funzioni cognitive. Si riscontra, inoltre, un basso livello di quelle sostanze chimiche, come l’acetilcolina, che lavorano come neurotrasmettitori. E sono dunque coinvolte nella comunicazione tra le cellule nervose.
Continuità assistenziale
Questi dati impongono la necessità urgente di promuovere una forte sinergia tra i principali attori coinvolti. Ossia clinici, pazienti, istituzioni e industria. È necessario favorire una migliore presa in carico del paziente. A partire dalla diagnosi precoce della malattia. Seguita da un approccio personalizzato. C’è necessità, inoltre, di un rafforzamento di una rete integrata di assistenza sanitaria presente sul territorio. L’obiettivo è facilitare l’accesso alle prestazioni. Alla continuità assistenziale. E allo sviluppo di percorsi clinici e di ricerca comuni. La demenza di Alzheimer si manifesta con lievi problemi di memoria. Fino a concludersi con grossi danni ai tessuti cerebrali. Ma la rapidità con cui i sintomi si acutizzano varia da persona a persona. Nel corso della malattia i deficit cognitivi si acuiscono e possono portare il paziente a gravi perdite di memoria. A porre più volte le stesse domande. A perdersi in luoghi familiari. All’incapacità di seguire delle indicazioni precise. Ad avere disorientamenti sul tempo, sulle persone e sui luoghi. Ma anche a trascurare la propria sicurezza personale, l’igiene e la nutrizione.
Nuovi farmaci
“Cercheremo di intervenire sull’organizzazione delle reti territoriali, sull‘organizzazione della diagnostica. Sulla formazione di un sistema regolatorio che sia in grado di sostenere l’impatto dei nuovi farmaci che arriveranno. Sulla formazione dei medici di medicina generale che devono essere coloro che ci permettono di arrivare ai pazienti quando la malattia è in stadio precoce”, sottolinea Beatrice Lorenzin, senatrice e co-promotrice dell’Intergruppo parlamentare per le Neuroscienze e l’Alzheimer. “Servono 7 miliardi in più, in modo strutturale, per il Fondo sanitario nazionale, per portarlo stabilmente sopra il 7% del Pil”, afferma Lorenzin. “Il ministro ha detto che mancano 3 miliardi. Io penso che ne servano 7. Per fare qualcosa di più coraggioso sui contratti. Per mantenere attrattivo il nostro sistema. E poi per avere anche le risorse per riformare il sistema di programmazione e prevenzione. Bisogna capire che esiste un tema relativo all’accesso alle nuove terapie. Che dobbiamo essere in grado di erogare nello stesso modo su tutto al territorio nazionale”, avverte la senatrice.
Ricerca
Sono circa 700mila le persone in Italia affette da Alzheimer, una forma di demenza che costa circa 15,6 miliardi di euro l’anno. L‘80% dei quali sostenuti direttamente dai pazienti e dalle loro famiglie. Sono questi alcuni dei dati emersi nel corso del convegno “Alzheimer e neuroscienze. Una priorità per il Paese” alla Camera dei deputati. E’ stato creato l’Intergruppo Parlamentare per le Neuroscienze e l’Alzheimer. “L’obiettivo principale è accendere una luce su queste patologie. Non solo per l’incremento che si è registrato come conseguenza dell’aumento dell’età demografica nel nostro Paese. Ma per tutti gli effetti che comportano queste patologie non solo sul paziente ma anche sui familiari“, ha affermato Annarita Patriarca, deputata e co-promotrice dell’Intergruppo parlamentare per le Neuroscienze e l’Alzheimer, a margine dell’evento. “È fondamentale che avvenga una forte presa di coscienza da parte delle Istituzioni circa la necessità di considerare queste patologie come un problema primario di sanità pubblica. Affrontando i temi più critici in modo strutturale. Ci concentreremo- assicura Patriarca – sull’interlocuzione con le istituzioni nazionali e regionali, il mondo accademico e scientifico, al fine di promuovere soluzioni normative e regolatorie per garantire una diagnosi precoce e accurata. Un’assistenza efficace e integrata dei pazienti affetti da Alzheimer e da altre patologie neurodegenerative e neuroimmunologiche. E per supportare la ricerca nell’ambito delle Neuroscienze in Italia”.