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Alzheimer: corsa contro il tempo per i nuovi farmaci

L'eccessivo accumulo di placche amiloidi nel cervello può portare a problemi di memoria e di pensiero associati al morbo di Alzheimer

Alzheimer: corsa contro il tempo per individuare protocolli che consentano terapie, cure e prevenzione. La demenza di Alzheimer ha, in genere, un inizio subdolo: le persone cominciano a dimenticare alcune cose, per arrivare al punto in cui non riescono più a riconoscere nemmeno i familiari. E hanno bisogno di aiuto anche per le attività quotidiane più semplici. L‘amiloide è una proteina prodotta naturalmente dal corpo che può aggregarsi per creare placche amiloidi. L’eccessivo accumulo di placche amiloidi nel cervello può portare a problemi di memoria e di pensiero associati al morbo di Alzheimer. La Food and Drug Administration (Fda) degli Stati Uniti ha approvato “donanemab” (350 mg/20 mL iniezione una volta al mese per infusione endovenosa). Ovvero il trattamento di Eli Lilly and Company per gli adulti con malattia di Alzheimer sintomatica precoce (Ad), che include persone con decadimento cognitivo lieve e persone con stadio di demenza lieve dovuta ad Ad, con patologia amiloide confermata. Donanemab mensile è finora la prima e unica terapia mirata alle placche amiloidi con prove a sostegno dell’interruzione della terapia quando le placche amiloidi vengono rimosse. “Donanemab ha dimostrato risultati molto significativi nelle persone con malattia di Alzheimer sintomatica precoce, per le quali esiste un urgente bisogno di opzioni terapeutiche efficaci – afferma Elias Khalil, presidente e amministratore delegato Lilly Italy hub -. Sappiamo che questi farmaci hanno il massimo beneficio potenziale quando le persone vengono trattate precocemente. Stiamo collaborando intensamente con molti interlocutori per migliorare il rilevamento e la diagnosi di questa malattia. Siamo profondamente grati ai pazienti e ai loro cari per aver partecipato ai nostri studi clinici, e agli scienziati e collaboratori di Lilly che perseverano da decenni nella ricerca. Ogni anno sempre più persone sono a rischio di sviluppare questa malattia e siamo determinati a migliorare la loro vita”.

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Foto di David Matos su Unsplash

Emergenza sanitaria

La demenza di Alzheimer oggi colpisce circa il 5% delle persone con più di 60 anni. E in Italia si stimano circa 500mila ammalati. È la forma più comune di demenza senile, uno stato provocato da una alterazione delle funzioni cerebrali che implica serie difficoltà per il paziente nel condurre le normali attività quotidiane. La malattia colpisce la memoria e le funzioni cognitive. Si ripercuote sulla capacità di parlare e di pensare ma può causare anche altri problemi. Fra cui stati di confusione, cambiamenti di umore e disorientamento spazio-temporale. Donanemab può aiutare l’organismo a rimuovere l’eccessivo accumulo di placche amiloidi e rallentare il declino che può diminuire la capacità delle persone di ricordare nuove informazioni, date importanti e appuntamenti, pianificare e organizzare, preparare i pasti, usare elettrodomestici, gestire le finanze e preservare l’autonomia. Il nuovo farmaco ha rallentato il declino cognitivo e funzionale fino al 35% rispetto al placebo a 18 mesi nello studio registrativo di fase 3 Trailblazer-Alz 2 e ha ridotto fino al 39% il rischio di progredire alla successiva fase clinica di malattia. Donanemab è la prima e unica terapia mirata alla placca amiloide che ha utilizzato un regime di trattamento di durata limitata basato sulla rimozione della placca amiloide. Quasi la metà dei partecipanti allo studio ha completato il ciclo di trattamento con donanemab in 12 mesi. Le infusioni una volta al mese, di 30 minuti, hanno ridotto le placche amiloidi in media dell’84% rispetto all’inizio dello studio. 

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Foto di Robina Weermeijer su Unsplash

Progetti-Alzheimer

Intanto si moltiplicano i progetti solidali per dare supporto ai pazienti di Alzheimer e alle loro famiglie. Un ruolo fondamentale è svolto dall’innovazione in campo sanitario. La Fondazione per la valorizzazione della ricerca trentina (Vrt) finanzia 21 progetti a forte impatto sull’intelligenza artificiale (Ia) in Trentino. L’applicazione dell’Ia, infatti, trova spazio per esempio nella mappatura di zecche e zanzare che permette di evitare le zone più a rischio, nella verifica delle informazioni che si trovano online per smascherare le fake news, nella ricerca delle cellule tumorali e nella prevenzione dell’Alzheimer. A pochi giorni dalla chiusura del 12° Bando Intelligenza artificiale 2024, Fondazione Vrt ha scelto i 21 progetti, ai quali andrà il finanziamento complessivo di 574 mila euro. Mai prima d’ora aveva destinato risorse tanto importanti ad un singolo bando. La ragione è spiegata dal presidente, Claudio Cainelli: “Fondazione Vrt finanzia la ricerca che aiuta le persone. L’Intelligenza Artificiale rappresenta la nuova frontiera dell’innovazione nel settore tecnologico, con possibilità di applicazione in tutti gli ambiti della nostra vita. La nostra mission è di fornire il supporto concreto a progetti di ricerca di forte impatto a favore delle persone. Per questa ragione abbiamo deciso di concentrare i finanziamenti nel 12° bando così da garantire un impulso all’implementazione di tecnologie, brevetti, invenzioni, know-how, e far crescere in maniera concrete il capitale umano, grazie allo sviluppo e alla valorizzazione di competenze”.

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Foto di Simon Kadula su Unsplash

Ruolo della ricerca

Un settore in salute, trainante per l’economia e lo sviluppo del Paese, ma rallentato da vecchie norme su scala nazionale. E penalizzato dalle politiche Ue nel contesto internazionale. È il ritratto dell’industria farmaceutica italiana che emerge dall’Assemblea annuale di Farmindustria. Il settore farmaceutico nel 2023 conferma tutti i sui punti di forza. La produzione continua a crescere raggiungendo un valore di 52 miliardi di euro, marcando un +6% rispetto al 2022. Netto anche l’incremento dell’export, che lo scorso anno è arrivato a 49,1 miliardi di euro (+3%). Un dato che piazza l’Italia al sesto posto nel mondo per le espportazioni nel farmaceutico con un peso del 6% sul mercato globale. “La nostra industria conferma di essere un settore hi-tech strategico per la nazione. Nonostante le difficoltà causate dall’aumento dei costi del 30% rispetto al 2021″, afferma il presidente di Farmindustria Marcello Cattani. Le 284 imprese del settore farmaceutico hanno un peso rilevante anche nell’occupazione: sono 70 mila le persone impiegate direttamente dal comparto, a cui si aggiungono 236mila dai settori dell’indotto. Cospicui gli investimenti: ammontano a 3,6 miliardi, 2 dei quali in Ricerca & Sviluppo. Se questi sono i dati positivi, tuttavia, lo scenario non manca di fonti di preoccupazione. In Italia, resta il nodo del payback, il sistema che obbliga l’industria farmaceutica a rimborsare una quota delle spesa per farmaci eccedente i tetti fissati dalla normativa.

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Foto di Drew Hays su Unsplash

Scelte difficili

“Questo meccanismo distorto, che quest’anno arriva a circa 2 miliardi di euro, comincia ad avere delle ripercussioni sulle aziende in termini di scelte difficili sull’occupazione”, dice Cattani che ne chiede l’abolizione. Non è possibile che questo settore, “un fiore all’occhiello” dell’Italia”, gli fa eco il presidente di Confindustria, Emanuele Orsini, “paghi le scelte dei costi delle regioni”. Altro nodo cruciale è anche quello dei tempi di immissione dei nuovi farmaci. “In Italia occorrono 14 mesi”, prosegue il presidente di Farmindustria, che confida in un impatto positivo della nuova organizzazione dell’Agenzia del Farmaco. “Un tema di competitività anche questo”, sottolinea Orsini se, dice, la Germania ne impiega due di mesi. Le preoccupazioni della farmaceutica, però, sono rivolte soprattutto al contesto internazionale. “Il futuro accelera davanti a noi. Ci sono 23mila nuovi medicinali in sviluppo nel mondo, sono in arrivo farmaci fino a ieri impensabili come contro l’Alzheimer e, poi, strategie innovative che avranno un impatto dirompente“, continua Cattani. In questo contesto alcuni Paesi come Usa, Cina, Singapore, Emirati Arabi, Arabia Saudita stanno premendo sull’acceleratore degli investimenti, rafforzando le politiche industriali e adottando normative che aumentino l’attrattività. Non l’Unione Europea, che ha fatto “scelte sbagliate” e penalizzanti, dice. Il riferimento è soprattutto alla riforma della legislazione farmaceutica, approvata lo scorso aprile dal Parlamento europeo. Che ha tra i suoi effetti una riduzione della protezione dei dati sui farmaci. L’industria del farmaco auspica una revisione della norma.

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ANTONIO TAJANI MINISTRO DEGLI ESTERI. Credit: SERGIO OLIVERIO

Protocollo

“Dobbiamo cercare in qualche modo di rispondere e rendere nuovamente attrattivo l’investimento in Europa“, dice il ministro della Salute Orazio Schillaci. “Europa sì, ma bisogna avere delle regole che non penalizzino il nostro saper fare, il fatto che noi siamo anche la seconda manifattura in Europa”, gli fa eco il ministro degli Esteri Antonio Tajani. Intanto si lavora anche sulla capacità del Paese di attrarre e, per il futuro, formare le professionalità richieste dalla trasformazione tecnologica in corso. Durante l’assemblea di Farmindustria è stato firmato un protocollo d’Intesa tra ministero dell’Università e della Ricerca, Conferenza dei rettori e Farmindustria. “È un accordo in cui crediamo moltissimo”, afferma il ministro dell’Università Anna Maria Bernini. “Il risultato è veramente straordinario” e porterà a “percorsi di formazione sempre più innovativi, sempre più adatti a quello che adesso il mercato richiede”, puntualizza. 

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