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Alfabetizzazione, una sfida (anche) dei giorni nostri

Nella Giornata mondiale dell'alfabetizzazione, una riflessione sul confronto delle lingue con le nuove sfide della modernità

Secondo il maestro Manzi non era mai troppo tardi per imparare a leggere. E a scrivere naturalmente. Complicato parlare di alfabetizzazione a un pubblico che seguiva i suoi corsi televisivi per ottenere una licenza elementare, ma quel milione e mezzo di persone che riuscì a ottenerla compì in buona parte proprio questo processo. Basilare, quasi scontato nella società del 2020. Eppure, secondo l’Unesco (che ha istituito una giornata mondiale a tema), al mondo sono circa 750 milioni gli adulti (due terzi sono donne) ancora analfabeti. Colpa delle condizioni sociali forse che, in misura declinata all’oggi, potrebbero essere le stesse che si trovò di fronte l’Italia post-unitaria, con il 74,68% della nuova cittadinanza priva di alfabetizzazione. Elementi di paragone utili a comprendere che, per quanto il corso dei tempi abbia allargato il raggio d’azione della scuola, la via dell’istruzione rimane per molti una corsa a ostacoli.

Un confronto continuo

Un concetto, quello dell’alfabetizzazione, che non riguarda esclusivamente il percorso scolastico comune alla stragrande maggioranza dei bambini. E anche in questo subentra il confronto con le problematiche della società del Duemila, posta di fronte alla mission dell’integrazione che, giocoforza, passa anche attraverso la scuola. Una sfida alla quale l’Italia non fa eccezione: “Il tema dell’alfabetizzazione è diffuso nella scuola di oggi – ha spiegato a Interris.it il dirigente scolastico Annamaria Bax -. Specie dagli anni Novanta in poi, da quando il fenomeno migratorio ha interessato maggiormente la scuola italiana, soprattutto in realtà di frontiera. Succede di frequente, in scuole di ogni ordine e grado, che arrivino anche in corso d’anno bambini e preadolescenti che magari hanno appena raggiunto l’Italia. In questi casi, è la scuola che, alla luce della normativa e del quadro generale, regolamenta gli accessi agli alunni che non padroneggiano la lingua italiana”.

Alfabetizzazione e studenti

Un’integrazione che presuppone una precisa linea d’azione da parte dell’istituzione scolastica, per permettere ai nuovi allievi di bilanciare il proprio livello di autonomia linguistica con altri fattori fondamentali, come la loro età. “Soprattutto per quel che riguarda alunni del primo ciclo, quindi bambini in età scolare e preadolescenti, è la singola scuola che deve occuparsi e valutare la classe di inserimento migliore. Le loro capacità di apprendimento a quell’età sono rapidissime ma, in ogni caso, va fatto un inserimento mirato”. Il che richiede una valutazione accurata, per far sì che la soluzione adottata “bilanci il livello pressoché nullo o scarsissimo di padronanza della lingua italiana con la loro età anagrafica. Per fare un esempio, il bambino di 10 anni straniero che si iscrive in corso d’anno, senza conoscere nulla della lingua italiana, non può essere inserito in una classe prima o seconda”.

E questo per una ragione precisa: “Un anno di differenza, durante l’infanzia, ne vale 10 per l’età adulta. Non è facile ma è un equilibrio fondamentale. La convivenza tra il decenne e una classe di bambini di 8 anni è faticosa sotto il profilo relazionale, anche del livello di maturità. Deve essere inserito in una classe prossima, il più vicina possibile alla sua età, tenendo però conto del deficit della lingua”. Una prassi che, naturalmente, deve tener conto di numerosi fattori ma che, allo stesso tempo, fa parte dell’ordinarietà della scuola italiana, soggetta ai cambiamenti come tutte le altre branche della società.

Apprendimento per adulti

Va da sé che, in un percorso di integrazione che riguarda i più giovani, vi sia posto anche per gli adulti. “Per loro sono previsti percorsi di alfabetizzazione e apprendimento della lingua italiana. Ci sono scuole statali dedicate al mondo degli adulti, italiani e stranieri, i Cpia”. Percorsi di diverso tipo che, in realtà, possono accogliere anche situazioni di altro tipo, come un adulto che non ha completato il proprio percorso di studi. Ma la sfida dell’alfabetizzazione si disputa con chi delle nozioni base, grammaticali e concettuali, è completamente a digiuno. O quasi.

“Per persone straniere adulte, esistono percorsi specifici di formazione e di alfabetizzazione. Possono iscriversi anche i ragazzi stranieri che abbiano compiuto almeno 16 anni, anche se per l’adolescente sono previsti questi percorsi dedicati”. Corsi di apprendimento strutturati che, come finalità, pongono la formazione degli allievi ma anche un attestato che ne certifichi la raggiunta padronanza: “Le finalità sono mirate al conseguimento del titolo che attesta il raggiungimento del livello di conoscenza della lingua italiana. Sono percorsi che si concludono, appunto, con una certificazione. Il livello è quello del quadro europeo di riferimento. Alcuni Cpia attivano tutti i livelli di apprendimento, A, B e C”.

Il confronto con il testo

L’avvento della modernità non ha portato in dote solo nuovi potenziali studenti delle varie lingue madri dei Paesi di destinazione. Il confronto continuo con le nuove tecnologie e i rivoluzionari linguaggi imposti dalla realtà digitale rende forse necessario rivedere la capacità, soprattutto delle nuove generazioni, di rapportarsi con la reale comprensione dei testi. In questo senso, a subentrare è un semplice suffisso, utile a creare il termine ri-alfabetizzazione: “Credo sia fondamentale che gli studenti possano capire innanzitutto un testo e padroneggiarlo. E’ necessario anche ritornare sulle competenze di base, perché si assiste a un preoccupante fenomeno, non solo in Italia ma nelle società occidentali: lo sviluppo della tecnologia, così come i tempi più contratti della comunicazione, fanno sì che chi legge padroneggi meno gli strumenti della riflessione. E questo proprio perché sono accelerati”.

“Non ci si rende bene conto – ha concluso Bax – del testo che si legge, abituati a una lettura di fretta e con poca concentrazione. Alfabetizzazione vuol dire anche riflettere su rischi di questo tipo. E’ fondamentale che gli studenti siano indotti a capire e rendersi conto bene di quello che leggono e di come comunicano”.

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