In aiuto degli anziani tra robot e nuove forme di assistenza

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Sono stati gli anziani a pagare il prezzo più alto della pandemia. Il Covid-19 è una tragedia individuale e collettiva che ha colpito la terza età nel modo più pesante. Ora le soluzioni tecnologiche per le persone anziane possono aumentare la percezione di sicurezza e di controllo. A dimostrarlo è lo studio condotto da Eurac Research di Bolzano. Nell’ambito del progetto internazionale europeo “i-evAALution”. Per un anno, 36 altoatesini di età compresa tra i 65 e i 94 anni. Cioè circa la metà dei soggetti coinvolti nello studio. Hanno testato un pacchetto tecnologico composto da sensori. Un tablet. E un orologio di emergenza collegati in rete.

A beneficio degli anziani

Un esempio spiega il funzionamento del kit. Una partecipante fa sempre colazione tra le sette e le otto. Se alle nove il frigorifero non è ancora stato aperto il sensore attaccato alla porta invia un messaggio al tablet della signora. Per accertarsi che non sia successo nulla. Se la signora non risponde entro 20 minuti. Viene inviato un messaggio ad un parente. Che può chiamare o passare a controllare. Il tablet ricorda anche gli appuntamenti. E i sensori accendono una luce quando le persone si alzano di notte. Oppure segnalano se una pentola viene dimenticata sul fornello acceso. In caso di caduta, i soccorsi vengono allertati rapidamente. Tramite la centrale di emergenza. Creata appositamente nel progetto dalla cooperativa per i servizi socio-sanitari Sos Onlus di Bolzano, anch’essa partner del progetto. I risultati dello studio sono stati presentati ieri a “Smarter Lives”. Un evento per operatori del settore. Sulla digitalizzazione nell’assistenza. E la qualità della vita nella terza età. Una presentazione online organizzata dall'”Aal Competence Network”. Una collaborazione fra Università di Innsbruck ed Eurac Research.

Robot per l’assistenza

Gli anziani preferiscono i robot. A rivelarlo è il robot umanoide Nadine che ha trascorso un periodo. A intrattenere un gruppo di anziani. In una casa di riposo. Giocando a Bingo con loro. L’esperimento realizzato da ricercatori dell’Università tecnologica Nayang di Singapore è stato condiviso su arXiv. E ha dimostrato come le macchine possano essere un importante strumento per l’assistenza agli anziani. Nonché un compagno di svaghi. “Robot umanoidi sempre più evoluti. Come in questo caso. Si stanno dimostrando un’ottima soluzione. Per integrare gli attuali servizi di assistenza. Supporto. E monitoraggio. Per anziani o persone con deficit motori o cognitivi”, spiega Filippo Cavallo. Scienziato dell’Istituto di Biorobotica della Scuola Superiore Sant’Anna. E dell’Università di Firenze. Protagonista per qualche giorno della Bright Hill Evergreen Nursing Home di Singapore è stata Nadine. Robot con le fattezze femminili. Già protagonista di tanti altri esperimenti analoghi. E come receptionist. In questo caso l’androide si è impegnato a intrattenere i 29 residenti ultra 60enni. In una casa di riposo. Giocando con loro a Bingo.

Capacità umane

Inoltre il robot si occupava di chiamare i numeri. E risolvere eventuali richieste dei partecipanti. Tutte le sessioni venivano filmate. Per monitorare le espressioni facciali. E i gesti dei partecipanti per valutare il livello di attenzione. E tutti i parametri utili a definire il coinvolgimento. I dati sono stati comparati con le reazioni registrate quando a guidare le attività c’erano invece gli umani. Ne è emerso che gli anziani preferivano il robot Nadine. “E’ una nuova conferma- precisa il professor Cavallo  dei grandissimi progressi fatti. Non solo nell’imitazione delle capacità umane. Come il linguaggio. O la voce. Ma anche di tutti gli aspetti legati alla comunicazione non verbale”. Secondo Cavallo la funzione di questo tipo di robot umanoidi, però, non è solo di intrattenimento. Sono degli strumenti capaci di monitorare le condizioni delle persone con cui interagiscono. E misurare cambiamenti nel tempo. Ad esempio per malattie degenerative. Possono, poi, essere usati attivamente per far seguire ai pazienti delle terapie. “E’ però fondamentale che non vengano impiegati per sopperire a mancanze di personale o di contatti sociali“, conclude Cavallo.

Giacomo Galeazzi: